— Non è stato un incidente? — Il barista corrugò la fronte; ma quando riprese a parlare la sua voce, come qualla di Shane, si abbassò su un tono più cauto.
— Certo, la fine dell’uomo sulle lame… non era previsto che andasse in quel modo — borbottò Shane, sporgendosi verso di lui. — Il Pellegrino… — si interruppe. — Tu non sai del Pellegrino?
— Il Pellegrino? Che Pellegrino? — Il barista si avvicinò. Ora stavano quasi sussurrando.
— Se non lo sai, non dovrei parlartene…
— Ma ha già detto così tanto…
Shane allungo la mano e toccò il suo bastone di quercia levigata, lungo due metri, appoggiato contro il banco accanto a lui.
— Questo è uno dei simboli del Pellegrino — disse. — Ce ne sono altri. Vedrete il suo marchio uno di questi giorni, e saprete che l’attacco agli Aalaag nella piazza non è successo solo per sbaglio. Questo è tutto quello che posso dire.
Era un buon finale ad effetto. Shane prese il bastone, si girò rapidamente e se ne andò. Non si rilassò fino a che la porta del bar non si chiuse alle sue spalle. Restò un attimo a respirare l’aria più fresca della strada, schiarendosi le idee. Vide che le mani gli tremavano.
A mano a mano che la mente riacquistava un po’ di lucidità, il buon senso ritornò. Con l’aria esterna, sentì un sudore freddo coprirgli la fronte. Che gli era preso? Rischiare tutto soltanto per mettersi in mostra con uno sconosciuto barista? Favole come quella a cui aveva accennato potevano arrivare fino alle orecchie degli Aalaag — specificamente alle orecchie di Lyt Ahn. Se gli alieni avessero sospettato che sapeva qualcosa su un movimento di resistenza tra gli umani, avrebbero voluto saperne molto di più da lui; nel qual caso la morte sulla triplice lama poteva diventare qualcosa da desiderare, non da temere.
Eppure, aveva provato un gran senso di esaltazione in quei pochi secondi nei quali aveva diviso col barista la sua fantasticheria, come se fosse stata una cosa reale. Un entusiasmo grande quasi come il trionfo che aveva provato vedendo sopravvivere la farfalla. Per pochi istanti era quasi ritornato a far parte di un mondo che aveva un Pellegrino-Vendicatore in grado di sfidare gli Aalaag. Un Pellegrino che lasciava il suo marchio sulla scena di ogni crimine Aalaag come promessa di una futura vendetta. Il Pellegrino che alla fine avrebbe sollevato il mondo per rovesciare il tiranno, gli alieni assassini.
Si voltò e si mise a camminare in fretta verso il lato opposto della piazza, in direzione della strada che l’avrebbe portato all’aeroporto, dove la nave-corriere Aalaag lo avrebbe preso a bordo. Avvertiva un senso di vuoto allo stomaco al pensiero di dover affrontare Lyt Ahn, ma allo stesso tempo la sua mente era in fermento. Se solo fosse nato con un corpo più atletico e con quello sprezzo del pericolo che facevano il vero combattente della resistenza… Gli Aalaag pensavano di avere eliminato tutte le cellule di resistenza umane già da due anni. Il Pellegrino poteva essere una realtà. Il suo era un ruolo che qualsiasi uomo bene informato sugli alieni poteva sostenere — a patto che non avesse paura, né immaginazione per sognare di notte quello che gli avrebbero fatto gli Aalaag se, come doveva succedere alla fine, lo avessero preso e smascherato. Sfortunatamente, Shane non era un uomo del genere: anche adesso, si svegliava bagnato di sudore, scosso da incubi in cui gli Aalaag lo sorprendevano in qualche piccola mancanza e per la quale stava per essere punito. Alcuni uomini e donne, e Shane fra loro, provavano orrore per le sofferenze inflitte deliberatamente… Rabbrividì, cupamente, mentre l’ira e la paura formavano un miscuglio acido nelle sue viscere, bloccando la sua attenzione al mondo circostante.
Questo ribollire di sentimenti lo lasciò indifferente a ciò che accadeva intorno a lui, il che poteva costargli la vita. Questo, e il fatto che lasciando il bar si era istintivamente alzato sul capo il cappuccio del suo mantello per nascondere i lineamenti; in particolare da chiunque avesse potuto in seguito riconoscerlo per averlo visto in un locale dove avevano raccontato al barista di qualcuno chiamato «Il Pellegrino». Si scosse dai suoi pensieri solo al lieve rumore di passi strascicati sull’asfalto alle sue spalle.
Si fermò, voltandosi rapidamente. A meno di due metri da lui, un uomo con un coltello di legno ed una mazza incrostata di pezzi di vetro, il corpo magro avvolto in stracci come armatura, avanzava furtivamente verso di lui.
Shane si voltò di nuovo per fuggire. Ma ora, nell’improvviso silenzio di tomba e nel vuoto della strada, altri due uomini armati di mazze e pietre stavano uscendo da vie traverse per bloccarlo da entrambi i lati. Era intrappolato fra l’uomo alle sue spalle e i due davanti.
All’improvviso, la sua mente si scoprì brillante e fredda come il ghiaccio. Con un unico balzo era passato attraverso un lampo di paura verso qualcosa al di là del timore, che vibrava come una corda tesa, simile all’effetto sui nervi di una dose massiccia di stimolanti. Automaticamente, i due anni di allenamento presero il sopravvento. Gettò indietro il cappuccio perché non gli bloccasse la visione laterale ed afferrò il bastone nel mezzo con entrambe le mani, a circa mezzo metro l’una dall’altra, tenendolo davanti a sé di traverso, e disponendosi in modo da tenere d’occhio tutti gli attaccanti contemporaneamente.
I tre si fermarono.
Evidentemente, capirono di aver fatto un errore. Vedendolo col cappuccio, e la testa china, dovevano averlo preso per un cosiddetto pellegrino-penitente; uno di quelli che portavano bastone e mantello come simbolo di accettazione non-violenta dello stato peccaminoso del mondo che aveva portato tutti sotto il giogo alieno. Esitarono.
— Va bene, Pellegrino — disse un uomo alto dai capelli rossicci, uno dei due che erano sbucati davanti a lui, — gettaci la borsa e te ne potrai andare.
Per un secondo, l’ironia fu come un acuto sapore metallico nella bocca di Shane. La borsa che un pellegrino teneva appesa al cordone intorno alla vita conteneva praticamente tutti i suoi beni materiali; ma i tre che lo circondavano ora erano «vagabondi» — Nonservi — individui che non avevano potuto o voluto svolgere il lavoro assegnato loro dagli alieni. Sotto il dominio Aalaag, questi reietti non avevano niente da perdere. Assalito da tre uomini del genere, qualsiasi pellegrino, penitente o no, avrebbe consegnato la sua borsa. Ma Shane non poteva. Nella sua borsa, a parte ciò che possedeva, c’erano i documenti ufficiali del governo Aalaag che stava portando a Lyt Ahn; e Lyt Ahn, guerriero per nascita e tradizione, non avrebbe capito né mostrato pietà ad un servo che non era riuscito a difendere gli oggetti che trasportava. Meglio le mazze e le pietre con cui Shane aveva a che fare adesso che il disappunto di Lyt Ahn.
— Venite a prendervela — disse.
La sua voce risuonò strana ai suoi stessi orecchi. Il bastone che teneva stretto fra le mani sembrava leggero come una canna di bambù. Ora i vagabondi gli si stavano avvicinando; era necessario uscire dal cerchio che stavano formando intorno a lui e mettersi con la schiena contro qualcosa, in modo da averli di fronte tutti insieme… C’era la facciata di un negozio alla sua sinistra, proprio al di là del vagabondo basso dai capelli grigi che si avvicinava da quella direzione.
Shane fece una finta all’uomo alto e rossiccio alla sua destra, poi balzò a sinistra. Il tipo più basso vibrò un colpo con la mazza, mentre Shane si avvicinava, ma il suo bastone riuscì a deviare il colpo, e la punta inferiore colpì con forza la parte bassa del corpo del vagabondo. L’uomo crollò senza un grido e giacque raggomitolato. Shane lo scavalcò, raggiunse la facciata del negozio e si voltò per affrontare gli altri due.