Выбрать главу

Entrarono per la porta che dava sulla strada, e che era priva di serratura. Nessuna luce era accesa nella casa alta e stretta, di pietra rozzamente intonacata. Sorgeva laggiù da tre Anni, centottanta fasi lunari; il suo bisavolo era nato lì, e suo nonno, e suo padre, e lui. Gli era familiare come il suo stesso corpo. Entrare in essa con lei, la donna nomade che per casa aveva avuto solo una tenda o l'altra, sul fianco di questa o di quella collina, o le brulicanti gallerie scavate sotto la neve, gli diede un piacere particolare. Provò verso di lei una tenerezza che non avrebbe saputo esprimere. Senza pensarci, pronunciò il suo nome: non con le parole, ma paraverbalmente. Subito ella si voltò verso di lui nell'oscurità del corridoio; nell'oscurità, lo fissò in volto. La casa e la città intorno a loro erano avvolte nel silenzio. E nella mente, egli senti Rolery pronunciare il suo nome, come un sussurro nella notte, come un contatto al di là dell'abisso.

— Tu mi hai parlato mentalmente — disse a voce alta, intimorito e meravigliato. Ella non disse nulla, ma ancora una volta egli udì nella mente, lungo il sangue e i nervi, la mente di lei che si protendeva verso di lui: Agat, Agat…

CAPITOLO DECIMO

Il vecchio capo

Il vecchio capo era robusto. Sopravvisse al colpo, alla commozione cerebrale, all'esaurimento, all'assideramento e al disastro con volontà intatta, e con quasi intatta intelligenza.

Alcune cose non le capiva, e altre non erano sempre presenti alla sua mente, ogni momento. Semmai, era lieto di essere lontano dalla soffocante oscurità della Casa Familiare, dove, a furia di starsene seduto accanto al fuoco, era divenuto una simile donnicciola; questo lo disse assai chiaramente. Gli piaceva — e gli era sempre piaciuta — quella città fondata sulla roccia, illuminata dal sole e spazzata dal vento, dei Nati Lontano, costruita prima che fosse nata una qualsiasi delle persone tuttora viventi, eppure ancora salda e immutabile allo stesso posto. Era una città costruita assai meglio di Tevar. A proposito di Tevar, non sempre era chiaro. A volte ricordava gli urli, i tetti in fiamme, i corpi massacrati e sbudellati di figli e nipoti. A volte non li ricordava. La volontà di sopravvivere era molto forte in lui.

Un rivoletto di altri fuggitivi sciamò entro la città: alcuni giungevano da altre Città Invernali saccheggiate del nord. In tutto c'erano adesso circa trecento individui della razza di Wold nella città dei Nati Lontano. Era così strano essere deboli, essere pochi, vivere della carità dei paria, che alcuni dei tevarani, soprattutto fra gli uomini di mezza età, non poterono sopportarlo. Rimanevano seduti nell'Assenza, con le gambe incrociate, le pupille strette a formare un puntolino minuscolo, come se si fossero strofinati con olio di gesin. Anche alcune delle donne, che avevano visto i loro uomini fatti a pezzi nelle strade e accanto ai focolari di Tevar, o che avevano perso i figli, per il dolore si condussero alla prostrazione o all'Assenza. Ma per Wold il crollo del mondo di Tevar era soltanto una parte del crollo della sua stessa vita. Sapendo di essere già molto avanti nel cammino verso la morte, egli guardava con molta benevolenza a tutti i giorni e a tutti gli uomini più giovani, umani o Nati Lontano: erano loro, quelli che dovevano continuare a combattere.

Il sole adesso splendeva nelle strade di pietra, illuminando le facciate dipinte delle case, sebbene ci fosse una vaga macchia di polvere lungo il cielo, al di sopra delle dune settentrionali. Nella grande piazza, davanti all'edificio chiamato Tiatro, dove erano acquartierati tutti gli umani, Wold venne salutato da un nato Lontano. Gli occorse un certo tempo per riconoscere Jakob Agat. Poi rise un istante e disse: — Alterra! Una volta eri un bel giovanotto. Sembri uno sciamano del Pernmek che si è strappato i denti davanti. Dov'è… — (si era dimenticato il nome) — dov'è la mia congiunta?

— Nella mia casa, Anziano.

— Questa è una vergogna — disse Wold. Non gli importava di offendere Agat. Agat era adesso il suo signore e capo, ovviamente; ma restava il fatto che era vergognoso tenere una concubina nella propria tenda o nella propria casa. Nato Lontano o no, Agat avrebbe dovuto rispettare le decenze più elementari.

— È mia moglie. È questa la vergogna?

— Ti ascolto male, le mie orecchie sono vecchie — disse Wold, cauto.

— È mia moglie.

Wold alzò gli occhi, incontrando direttamente, per la prima volta, lo sguardo di Agat. Gli occhi di Wold avevano un colore giallo opaco, come il sole dell'inverno, e sotto le palpebre oblique non si vedeva il bianco. Gli occhi di Agat erano scuri, iride e pupilla scure, angoli bianchi nella faccia scura: occhi strani a guardarsi, ultraterreni.

Wold distolse lo sguardo. Le grandi case di pietra dei Nati Lontano s'innalzavano tutt'intorno a lui, chiare e luminose e antiche alla luce del sole.

— Ho preso una moglie da voi, Nato Lontano — disse infine, — ma non ho mai pensato che ne avreste presa una da me… La figlia di Wold sposata tra gli pseudouomini, per restare sterile…

— Non hai nulla di cui lamentarti — disse il giovane Nato Lontano senza cedere, saldo come una roccia. — Io sono uguale a te, Wold, in tutto fuorché l'età. Tu una volta hai avuto una moglie Nata Lontano. Adesso hai un genero Nato Lontano. Così come hai voluto l'una, adesso puoi mandar giù l'altro.

— È duro — disse il vecchio, con ostinata semplicità. Ci fu una pausa. — Noi non siamo uguali, Jakob Agat. Il mio popolo è morto o distrutto. Tu sei un capo, un signore. Io non lo sono. Ma io sono un uomo, e tu non lo sei. Quale somiglianza tra di noi?

— Almeno non ci sia risentimento, non ci sia odio — disse Agat, ancora incrollabile.

Wold si guardò intorno, e infine, lentamente, alzò le spalle in segno di assenso.

— Ottimo, allora possiamo meglio morire insieme — disse il Nato Lontano, con la sua sorprendente risata. Non si poteva mai capire quando un Nato Lontano stesse per ridere. — Penso che i Gaal attaccheranno tra poche ore, Anziano.

— Tra poche?…

— Presto. Forse quando il sole sarà alto. — Erano fermi accanto all'arena vuota. Un disco leggero giaceva abbandonato ai loro piedi. Agat lo raccolse e senza motivo, fanciullescamente, lo lanciò dall'altro lato dell'arena. Osservando dove cadesse, disse: — Ci sono circa venti di loro per ciascuno di noi. Cosicché, se riuscissero a salire sulle mura o a passare per la porta… Ho cominciato a inviare tutti i bambini Nati d'Autunno e le loro madri alla Rocca. Con il ponte levatoio sollevato non c'è modo di conquistarla, e contiene acqua e viveri sufficienti a cinquecento persone per circa una fase lunare. Dovrebbero esserci alcuni uomini con le donne. Mi puoi scegliere tre o quattro dei tuoi uomini, e le donne con bambini piccoli, e accompagnarli laggiù? Devono avere un capo. Questo piano ti sembra buono?

— Sì, ma io voglio stare qui — disse il vecchio.

— Benissimo, Anziano — disse Agat, senza il minimo moto di protesta nella faccia severa e segnata da cicatrici, giovane e impassibile. — Ti prego di scegliere gli uomini che dovranno accompagnare le vostre donne e i bambini. Dovrebbero allontanarsi al più presto. Kemper porterà laggiù il nostro gruppo.

— Andrò con loro — disse Wold, esattamente con lo stesso tono, e Agat apparve leggermente sconcertato. Dunque, era possibile sconcertarlo. Ma fu d'accordo, tranquillamente. La sua deferenza verso Wold era soltanto una cortese finzione, certo (che ragione poteva avere di mostrarsi deferente verso un uomo che stava per morire, e che anche tra la sua tribù sconfitta non era più un capo?): ma egli non la tradì, per quanto sciocca fosse la risposta di Wold. Era davvero una roccia. Non c'erano molti uomini come lui. — Mio signore, mio figlio, mio pari — disse il vecchio con un sorriso, appoggiando la mano sulla spalla di Agat, — mandami dove vuoi. Io non servo più a nulla, l'unica cosa che posso fare è morire. La vostra roccia nera mi pare un brutto posto per morire, ma andrò laggiù, se così vuoi…