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Le acque si schiantarono e ribollirono sotto di loro, con un rombo che fece tremare la roccia compatta. Le acque separate dall'isola si riunirono, bianche e ruggenti, spazzarono la roccia, sibilarono e schiumarono e si schiantarono sulla lunga spianata che portava alle dune, e s'immobilizzarono in un dondolio di onde scintillanti.

Rolery si afferrava alla parete, e tremava. Non riusciva a dominare il suo tremito.

— La marea giunge con una velocità di poco superiore a quella a cui può correre un uomo, ma sufficiente a sopravanzarlo — spiegò la voce pacata, dietro di lei. — E quando termina il flusso, l'acqua è alta circa sei metri, qui intorno alla Rocca. Sali con me… È questo il motivo per cui abitavamo qui nell'antichità, capisci. Per metà del tempo è un'isola. Nostra abitudine era quella di attirare sulle sabbie le armate nemiche, poco prima che sopraggiungesse la marea, se il nemico non aveva molta familiarità con i movimenti del mare… Stai bene?

Rolery alzò leggermente le spalle. L'uomo parve non comprendere il gesto, cosicché ella aggiunse: — Sì. — Riusciva a capire le sue parole, ma l'uomo usava molti termini ch'ella non aveva mai udito, e storpiava la pronuncia di molti altri.

— Vieni da Tevar?

Ella alzò di nuovo le spalle. Si sentiva male e avrebbe voluto piangere, ma riuscì a controllarsi. Mentre saliva una rampa di gradini intagliati nella nera roccia, si rassettò i capelli, e da dietro il loro schermo lanciò una brevissima occhiata alla faccia del Nato Lontano. Era forte, rude e scura, con occhi sicuri di sé e luminosi. Gli occhi bruni degli stranieri.

— Che cosa facevi sulla sabbia? Nessuno ti ha avvertita della marea?

— Non lo sapevo — ella bisbigliò.

— I tuoi Anziani lo sanno. O almeno, lo sapevano la scorsa primavera, quando la tua tribù abitava su questa costa. Gli uomini hanno la memoria maledettamente corta. — Ciò che diceva era assai aspro, ma la sua voce rimaneva calma, priva di severità. — Vieni con me, adesso. E non temere… la zona è disabitata. È trascorso molto tempo da quando uno di voi ha messo piede sulla Rocca…

Erano entrati in una porta scura che dava accesso a una galleria, ed erano sbucati in una stanza che le parve enorme finché ella non fu entrata nella stanza successiva. Attraversarono una serie di porte e di cortili aperti alla vista del cielo, e di portici le cui arcate si aprivano sulla vista del mare, molto lontano al di sotto, e di stanze e di sale dall'alto soffitto; tutti luoghi silenziosi e vuoti, abitati unicamente dalle brezze marine. Ormai la trama ondeggiante e argentea del mare si perdeva nella distanza sotto di loro. Rolery si sentiva leggera, lontana, incorporea.

— Nessuno abita qui? — ella chiese, con un filo di voce.

— Non in questo momento.

— È la vostra Città Invernale?

— No, passiamo l'inverno nella città sulla costa. Questo luogo è stato costruito come fortilizio. Avevamo un mucchio di nemici, nei vecchi Anni… Perché ti trovavi sulla sabbia?

— Desideravo vedere…

— Che cosa?

— La sabbia. L'oceano. Prima sono stata nella vostra città, desideravo vedere…

— Hai fatto benissimo! Niente di male in questo tuo desiderio. — L'accompagnò in un porticato talmente alto da darle le vertigini. Tra le alte arcate che culminavano in una cuspide volavano urlanti uccelli marini. Quindi, scendendo per un ultimo, stretto corridoio, uscirono ai piedi di un ampio portale, attraversarono uno sferragliante ponticello di metallo da spade, e si trovarono sul viadotto.

Camminarono in silenzio tra la torre e la città, tra il cielo e il mare, con il vento che continuava a sospingerli verso destra. Rolery aveva freddo, ed era intimidita dall'altezza e dalla stranezza di quel cammino, dalla presenza del nero pseudo-uomo che le stava al fianco, e accompagnava i suoi passi con i propri.

Quando entrarono nella città, egli le disse d'improvviso: — Non intendo parlarti di nuovo con la mente. Prima, sono stato costretto a farlo.

— Quando mi hai detto di correre… — ella cominciò a dire, poi esitò, poiché non era certa di capire che cosa avesse detto lo straniero, e che cosa fosse esattamente successo, quando si trovava sulle sabbie.

— Credevo che tu fossi una di noi — egli disse, con una punta di dispetto nella voce; poi si controllò. — Non potevo rimanermene fermo, mentre tu affogavi. Anche se te lo saresti meritato. Comunque, non devi preoccuparti. Non lo ripeterò una seconda volta, e la cosa non mi ha dato alcun potere sulla tua persona. Checché ne possano dire i tuoi Anziani. Dunque, vai pure: sei libera come l'aria, e ignorante come prima.

L'asprezza era vera, e impauri Rolery. Adirata con se stessa per la propria paura, domandò con un tremito nella voce, ma con sfacciataggine: — Sono anche libera di ritornare?

A queste parole, il Nato Lontano la fissò attentamente. Ella era certa, sebbene non potesse alzare lo sguardo per fissarlo a sua volta in viso, che la sua espressione fosse cambiata. — Sì. Sei libera di farlo. Posso sapere il tuo nome, figlia dell'Askatevar?

— Rolery del Clan di Wold.

— Wold è tuo nonno?… tuo padre? È ancora vivo?

— Wold chiude il cerchio al Pestaggio delle Pietre — ella disse altezzosamente, cercando di far valere la propria persona e di superare la sua aria di assoluta autorità. Come poteva un Nato Lontano, uno pseudo-uomo, privo di clan e al di fuori della legge, essere tanto severo e superbo?

— Portagli i saluti di Jakob Agat Alterra. Riferiscigli che verrò a Tevar domani per parlare con lui. Addio, Rolery. — E tese la mano nel gesto del saluto tra uguali, cosicché, senza riflettere, Rolery lo imitò, accostando la propria palma alla sua palma aperta.

Poi si voltò e si affrettò ad allontanarsi lungo le ripide strade e rampe, coprendosi il capo con il cappuccio di pelliccia, distogliendo gli occhi dai pochi Nati Lontano che incontrava lungo la via. Ma perché fissavano negli occhi, a quel modo, le persone, così come facevano soltanto i morti e i pesci? Gli animali a sangue caldo e gli esseri umani non si comportavano così, non si fissavano negli occhi come gli stranieri. Nel varcare la porta che dava sull'entroterra, ella provò un forte senso di sollievo e si diresse sveltamente verso la vetta, fra gli ultimi rossi bagliori della luce pomeridiana; poi attraversò la foresta morente, e infine fu sul cammino che conduceva a Tevar. E allorché il crepuscolo già volgeva verso l'oscurità, al di là dei campi di stoppie ella scorse le minuscole stelle della luce dei fuochi, proveniente dalle tende che circondavano l'ancora incompleta Città Invernale sulla collina. Si precipitò verso il tepore, la cena e l'umanità. Ma anche nella grande tenda femminile del suo Clan, inginocchiata accanto al fuoco e intenta a rifocillarsi di stufato, in mezzo alle donne e ai bambini, continuò ad avvertire un senso di stranezza, di estraneità, che le indugiava nella mente. E stringendo la mano destra, le parve di sentire nella palma una manciata d'oscurità, là dove egli aveva lasciato il suo tocco.

CAPITOLO SECONDO

Nella tenda rossa

— Questa brodaglia è fredda — brontolò, allontanandola da sé. Poi, nel vedere l'occhiata paziente della vecchia Kerly che raccoglieva la ciotola per porla a riscaldare, si disse che era un vecchio sciocco bisbetico. Ma nessuna delle sue mogli (gliene rimaneva soltanto una), nessuna delle sue figlie, nessuna delle donne era capace di fare un piatto di bhan come lo sapeva fare Shakatany. Che cuoca era, e giovane… la sua ultima moglie giovane. Ed era morta lontano, nei territori orientali; era morta giovane, mentre lui continuava a vivere e a vivere, in attesa dell'amarissimo inverno.