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«Oh, no!», esclamò Helu. «Signore, non può trovare più tardi il tempo di studiare?».

«La guerra può scoppiare da un minuto all’altro», disse Wa Chaou.

«Se sarà, e quando sarà, che importa quale aspetto ha il nemico o com’è la sua vita amorosa? Le sue navi sono più o meno come le nostre, e probabilmente questo è tutto ciò che riusciremo mai a vedere».

«Oh, sei in linea diretta con il futuro?», mormorò il Cinziano.

Rochefort fermò il nastro e scattò. «Abbasserò il volume, se volete, ma la conoscenza della natura del nemico può costituire quel nonnulla di differenza che può salvarci quando la cosa si verificherà sul serio. Suggerirei di guardare anche a voi».

«Ehm, penso che sia meglio controllare l’oscillatore numero tre, finché non viaggiamo ad una velocità iperluce», disse Helu, e scomparve in sala motori. Wa Chaou si sistemò vicino a Rochefort.

Il sottotenente sorrise. Si astenne dal dire al Cinziano: Sei un tipetto in gamba. Ti sei arruolato per sfuggire al dominio delle irascibili femmine del tuo pianeta?

Il suo pensiero proseguì: Il sistema riproduttivo - le caratteristiche sessuali, le esigenze dei giovani - sembra determinare gran parte degli elementi fondamentali di ogni specie intelligente. Come se fosse vera quella osservazione di un cinico secondo la quale un organismo è semplicemente il modo di una molecola DNA di creare altre molecole DNA. O qualunque altra cosa possano essere, in un determinato mondo, le eredità genetiche… ma no, un cattolico di Gerusalemme non può credere una cosa del genere. L’evoluzione biologica predispone, non costringe.

«Vediamo come funzionano gli Ythrani», disse poi ad alta voce, ed allungò una mano verso l’interruttore.

«Non lo sa già, signore?», domando Wa Chaou.

«Non proprio. Ci sono tante razze strane, in quel pezzetto di spazio che abbiamo più o meno esplorato. E poi ho avuto troppo da fare, dovevo prendere confidenza con i miei nuovi incarichi». Rochefort ridacchiò. «E, diciamolo pure, dovevo anche godermi tutte le licenze che sono riuscito ad ottenere».

Riattivò lo schermo. Mostrava un Ythrano che camminava sui piedi che gli spuntavano dalle ali; un’andatura relativamente lenta, saltellante, non adatta per le lunghe distanze. L’essere si fermò, abbassò le mani a terra e si poggiò su di esse. Poi sollevò le ali e tutto d’un tratto fu splendido.

In basso, su entrambi i lati, c’erano delle fessure una sopra all’altra. Mentre le ali si levavano, le falde piumate simili ad opercoli che le proteggevano furono retroflesse. Le fessure si allargarono finché, raggiunta la massima apertura, non assomigliarono a delle bocche color porpora. La ripresa passò a un primo piano. Si vedevano i tessuti di pelle sottile, intricati e raggrinziti, dietro una barriera di ciglia che probabilmente avevano lo scopo di espellere la polvere.

Quando le ali si abbassarono, le fessure si chiusero di nuovo, come mantici. La voce dell’esperto disse: «Ecco ciò che permette a un corpo così pesante di volare in condizioni di peso e densità di tipo terrestre. Gli Ythrani hanno una massa perfino doppia delle più grandi creature volanti su qualsiasi pianeta consimile. Le fessure subalari, pompate dai colpi d’ala, assorbono ossigeno sotto pressione e lo convogliano direttamente nella circolazione sanguigna. In tal modo esse integrano il lavoro dei polmoni, che in se stessi ricordano più o meno quelli dei normali animali terrestri. E l’Ythrano ottiene l’energia necessaria a sollevarsi e a volare con rapidità ed eleganza».

L’immagine tornò in campo normale. La creatura olografata sbatté energicamente le ali e schizzò verso l’alto.

«Naturalmente», continuò secca la voce, «quest’energia deve provenire da un metabolismo adeguatamente accelerato. A meno che non sia incapace di volare, l’Ythrano è un mangiatore voracissimo. A parte certi frutti dolci, è strettamente carnivoro; e il suo appetito ha indubbiamente rafforzato l’abituale tendenza dei carnivori a vivere in gruppi piccoli e ben distinti, ciascuno dei quali occupa un ampio territorio che difende per istinto contro qualsiasi invasore.

«In effetti si può comprendere meglio l’Ythrano nei termini di ciò che noi sappiamo o congetturiamo riguardo all’evoluzione della sua razza».

«Congetture, più che conoscenze, direi», commentò Rochefort, ma senza poter evitare di sentirsi affascinato.

«Noi crediamo che la vita omeotermica — in parole povere, a sangue caldo — su Ythri non sia derivata da una forma rettilesca, o rettiloide, ma direttamente da una anfibia, presumibilmente qualcosa di analogo a un dipnoo. In ogni caso ha conservato una parvenza di branchie. Le specie che si sono sviluppate sulla Terra alla fine hanno perso questa caratteristica, conservata invece dagli animali più primitivi. Tra questi ultimi si deve cercare quel piccolo essere, probabilmente palustre, che è poi divenuto l’antenato del sofonte. Vivendo sulle cime degli alberi, esso può aver sviluppato una membrana della quale servirsi per planare di ramo in ramo. Questa si è infine trasformata in un’ala. Nel frattempo le branchie si sono modificate in funzione dell’uso aereo, trasformandosi in compressori».

«Come al solito», osservò Wa Chaou, «gli insuccessi di uno stadio generano i successi di quello seguente».

«Naturalmente», proseguì lo speaker, «l’Ythrano può librarsi e perfino rimanere sospeso in aria, ma è l’enorme apertura alare che lo rende possibile, e sono le fessure subalari che rendono possibile il funzionamento di quelle ali.

«Per il resto, il pre-Ythrano deve aver avuto un aspetto abbastanza simile agli uccelli della Terra». Ed apparvero immagini di diverse ipotetiche creature estinte. «Probabilmente aveva sviluppato un analogo sistema per l’immagazzinamento idrico — niente minzione separata — che salvaguardava il peso e nello stesso tempo compensava le perdite di evaporazione dalle fessure subalari. Analogamente aveva sviluppato ossa leggere, malgrado queste fossero più complesse di quelle degli uccelli, composte di un materiale bifase straordinariamente resistente la cui base organica non è il collageno ma una sostanza che svolge le funzioni del midollo nei mammiferi terrestri. L’animale, comunque, non ha mai sviluppato un becco al posto dei denti. Molti ornitoidi Ythrani l’hanno fatto, per esempio l’uhoth, esteriormente simile ad un falco ma nella sostanza analogo al nostro cane. Ma il presofonte rimase un frequentatore non adattato delle umide giungle.

«Il fatto che i piccoli nascano minuscoli e indifesi — dal momento che la femmina non potrebbe percorrere lunghe distanze portando un feto troppo pesante — è probabilmente causa della ritenzione e l’elaborazione delle dita sulle ali. Il cucciolo può aggrapparsi a turno ad entrambi i genitori mentre questi volano in cerca di cibo; prima che fosse capace di volare poteva salvarsi dai nemici arrampicandosi su un albero. Nel frattempo i piedi acquistavano una sempre maggiore abilità nell’afferrare la preda e nel maneggiare gli oggetti.

«Tra parentesi, il breve periodo di gestazione non significa che l’Ythrano nasca con un sistema nervoso scarsamente sviluppato. Il rapido metabolismo del volo influisce sulla velocità di divisione delle cellule fetali. Questo processo si incentra sulla formazione di uno schema corporeo più che sull’aumento delle dimensioni. Nondimeno, un Ythrano neonato ha bisogno di più cure e di più cibo di un neonato terrestre. I genitori devono collaborare a far questo, così come a portarsi appresso il piccolo. Qui forse possiamo trovare la causa prima della quasi uguaglianza sessuale riscontrata in tutte le civiltà Ythrane.