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«I Khruath hanno chiesto una guardia nazionale e più ampie capacità decisionali per l’Ammiragliato», disse Liaw dei Laghi con la sua voce frusciante. Era anziano, con le ali incanutite; ma sedeva imponente nel suo castello, e lo schermo offriva sullo sfondo l’immagine di precipizi e ghiacciai.

«Il Parlamento…».

«Sta ancora dibattendo la questione», lo interruppe Holm per dare il colpo di grazia. «L’Impero Terrestre non ha un simile svantaggio. Se lei ha bisogno di una formula legale, beh, consideri che stiamo agendo sotto la legge dei gruppi».

«I gruppi non hanno governo», ribatté Vickery, avvampando.

«Che cos’è un governo?», domandò Liaw, Wyvan dell’Alto Khruath… e con quale gentilezza!

«Diamine… beh, l’autorità legittima…».

«Sì. La legittimità deriva, in ultima analisi, non importa attraverso quale formula, dalla tradizione. L’autorità deriva, non importa attraverso quale formula, dalle forze armate. Il governo è quell’istituzione che viene legittimata nel suo uso dalla coercizione fisica sul popolo. Ho interpretato correttamente i suoi filosofi umani e la sua storia, Presidente Vickery?».

«Beh… sì… ma…».

«Lei sembra aver momentaneamente dimenticato che i gruppi non sono più unanimi delle vostre fazioni umane», disse Liaw. «Mi creda, sono stati divisi, e lo sono ancora. Benché la maggioranza abbia votato a favore delle recenti misure difensive, una minoranza si è opposta verbalmente; poiché pensava, come lei, Presidente Vickery, che il pericolo fosse stato esagerato e non giustificasse misure tanto onerose».

Liaw rimase seduto in silenzio per un po’, e gli altri poterono udire il vento che fischiava alle sue spalle e vedere un paio dei suoi nipoti che volavano nelle vicinanze. Uno di essi brandiva la spada snudata che portava di casa in casa la chiamata alla guerra, l’altro era armato di un fucile mitragliatore.

L’Alto Wyvan disse: «Tre gruppi si sono rifiutati di fare la loro donazione. I miei colleghi ed io abbiamo minacciato di invocare l’Oherran su di loro, e l’avremmo fatto se essi non avessero ceduto. Noi consideriamo la situazione molto grave».

Holm ridacchiò. Non me l’aveva mai detto prima!… Naturalmente non l’avrebbe fatto. Ferune si era irrigidito anche lui sul suo scranno, come Liaw. Vickery respirava pesantemente, mentre il sudore gli rigava il volto. Si deterse con un rapido tocco della mano.

Posso quasi provare simpatia, pensò Holm. Essere aggredito all’improvviso da una realtà come questa.

Matthew Vickery avrebbe fatto meglio a rimanere un analista di credito invece di darsi alla politica (la mente di Holm vagabondava, sulle ali della sua stessa frastornata vivacità). Allora sarebbe stato inoffensivo, e in effetti utile; l’economia interspecie è spesso un campo affascinante, con tutto il bisogno di studi che essa richiede. Il problema era, su un pianeta scarsamente popolato come Avalon, che il governo non era mai stato troppo importante, se non per le basilari esigenze ecologiche e difensive. Negli ultimi decenni le sue funzioni si erano ristrette ulteriormente col mutare della società umana sotto l’influenza Ythrana. (Una fitta di dolore). Non era importante votare per delle cariche che sembravano puramente amministrative. E quindi gli umani più reazionari avevano potuto eleggere Vickery, che vedeva con paura la tendenza verso l’Ythranizzazione. (Ma non era giustificata, la paura?). Lui non aveva nient’altro da offrire, in quei tempi oscuri.

«Lei capirà che tutto questo è confidenziale», disse Liaw. «Se vi fosse la minima indiscrezione, i gruppi in questione la considererebbero una faccenda di orgoglio personale».

«Sì», bisbigliò Vickery.

Altro silenzio. Il sigaro di Holm, ridotto ad un mozzicone, gli stava bruciando le dita. Lo spense, e appuzzolentì l’aria. Ne accese un altro. Fumo troppo, pensò. E di recente ho bevuto anche troppo, forse. Ma devo svolgere il mio lavoro, finché le circostanze me lo consentono.

Vickery si inumidì le labbra. «Questo getta… una luce diversa sulla questione, no?», domandò. «Posso parlare apertamente? Io devo sapere se questa è un’allusione a… al fatto che possiate sentirvi costretti ad un colpo di stato».

«Possiamo usare meglio le nostre energie», gli rispose Liaw. «I suoi sforzi in Parlamento potrebbero essere utili».

«Beh… vi renderete conto che non posso rinunciare ai miei principi. Io devo essere libero di parlare».

«È scritto nel Patto», disse Ferune, e la sua osservazione non sembrò superflua nemmeno secondo i modi Ythrani. «Gli umani che risiedono in Avalon hanno il diritto assoluto alla libertà di parola, di pubblicazione e di trasmissione, limitato soltanto dai diritti assoluti di riserbo e di onore e dalle esigenze di difesa contro nemici esterni».

«Volevo dire…». Vickery deglutì. Ma anni di vita politica non erano trascorsi inutilmente. «Volevo dire semplicemente che critiche e suggerimenti amichevoli saranno sempre bene accettati», disse con buona parte della scioltezza che gli era abituale. «Tuttavia, non possiamo di certo correre il rischio di una guerra civile. Possiamo discutere i particolari di una politica di collaborazione indipendente?».

Si poteva ancora sentire la paura, dietro quelle parole pronte. Holm immaginò di poter quasi leggere nel cervello di Vickery, riesaminando il pieno significato delle parole di Liaw.

Come fa una razza fiera, orgogliosa, con un radicato spirito tribale e territoriale, a regolare i suoi affari pubblici?

Proprio come sulla Terra, le differenti civiltà di Ythri in periodi differenti della loro storia hanno fornito una varietà di risposte, nessuna delle quali del tutto soddisfacente o stabilmente duratura. Quando arrivarono i primi esploratori, coloro che parlavano Planha divennero i più ricchi e progrediti; si sarebbe tentati di definirli gli «elleni». Adottando con avidità la tecnologia moderna, ben presto assorbirono gli altri nel loro sistema, modificandolo nello stesso tempo per adattarlo alle mutate condizioni.

Questa fu la cosa più facile, perché il sistema non esigeva l’uniformità. All’interno dei suoi possedimenti — sia che essi fossero sparpagliati o riuniti in un singolo pezzo di terra o di mare — un gruppo era indipendente. Era la tradizione a determinare ciò che costituiva il gruppo, benché si trattasse di una tradizione che cambiava lentamente, come deve essere per ogni abitudine vitale. Tribù, anarchia, dispotismo, federazioni indipendenti, teocrazia, clan, famiglie sempre più larghe, corporazioni, e così via fino a concetti che non hanno un corrispondente umano, ogni gruppo andava avanti da solo.

Per lo più, l’ordinamento interno derivava dall’abitudine e dalla pubblica opinione più che dalla norma e dalla forza. Dopo tutto le famiglie vivevano raramente a stretto contatto fra loro, per cui gli attriti erano ridotti al minimo. La sanzione più comune era una specie di guidrigildo, la più grave la schiavitù. A mezzo stava la messa al bando; per un determinato periodo, che poteva durare anche per tutta la vita, il reo poteva essere ucciso da chiunque senza punizione, e chi lo aiutava incorreva nella stessa pena. Un’altra sentenza possibile era l’esilio, con l’automatica messa al bando in caso di ritorno prima dei termini stabiliti. Questo era molto duro per un Ythrano. D’altra parte, coloro che erano realmente insoddisfatti potevano lasciare casa senza difficoltà (come si fa a recingere i cieli?) e chiedere di far parte di un altro gruppo più vicino ai propri desideri.