Tutto d’un tratto ella s’interruppe. Lui seguì il suo sguardo e vide una nuova stella che roteava nel cielo. «Un satellite di controllo?», domandò lei, in un tono che all’ultimo si fece esitante.
«E che altro?», rispose Arinnian. «Penso che sia l’ultimo messo in orbita».
«Quanti ce ne sono, adesso?».
«Non lo dicono», le ricordò lui. Gli Ythrani si trovavano sempre in difficoltà nel comprendere il concetto di segreto di stato. E lo stesso concetto di stato in senso umano, a dire il vero. I Governatori Ferune e Holm avevano speso più energie nel cercare di far collaborare i gruppi che nell’organizzare una reale difesa. «Mio padre non pensa che possiamo averne molti».
«Tutti quei soldi sprecati…».
«Beh, se vengono i Terrestri…».
«Ti aspetti che lo facciano?».
L’angoscia che sentì nella sua domanda lo spinse ad accarezzarla dolcemente sul collo con la mano e poi a far scorrere le dita lungo la sua cresta. Le sue penne erano calde, morbide, eppure dalla trama incredibilmente fitta. «Non lo so», rispose. «Forse possono risolvere pacificamente la questione dei confini. Speriamo». L’ultima parola fu necessariamente in Anglico invece che in Planha. Gli Ythrani non contavano mai sul futuro. Anche lei era bilingue, come ogni colono istruito.
Lo sguardo di lui tornò a dirigersi verso il cielo. Il Sole si trovava… laggiù nel Maukh, più o meno dove quattro stelle formavano i corni… quanto lontano? Ah, sì, duecentocinque anni luce. Si ricordò di aver letto che, da lì, Quetlan e Laura si trovavano in una costellazione chiamata il Lupo. Nessuno dei tre soli era visibile ad occhio nudo attraverso un tale abisso. Erano delle semplici nane di tipo G; ed era successo per caso che intorno a esse girassero dei granelli di polvere che si erano evoluti fino a dar vita alle varie combinazioni chiamate Terra, Ythri, Avalon, i mondi amati.
«Lupo», disse lui in tono riflessivo. «È un’ironia».
Eyath fischiettò: «?».
Arinnian spiegò: «II lupo è, o era, un animale da preda, sulla Terra. E rispetto a noi, il Sole si trova nel segno di un grosso animale domestico da pascolo. Ma chi è che attacca, e chi è che è attaccato?».
«Non ho seguito molto gli ultimi sviluppi della situazione», disse lei, a voce bassa e non troppo ferma. «Sembrava tutto così confuso, per me e per i miei. Che bisogno avevamo di preoccuparci se gli altri si scontravano? Pòi, tutto d’un tratto… possiamo essere stati noi ad aver causato parte dei problemi, Arinnian? Può darsi che alcuni di noi siano stati troppo imprudenti, troppo rigidi?».
Quello stato d’animo era così poco caratteristico non solo del temperamento Ythrano in generale ma proprio del modo di fare di lei, abitualmente allegro, che lui scosse la testa per lo stupore. «Che cosa ti ha reso cosi ansiosa?», le domandò.
Le sue labbra sfiorarono l’uhoth, quasi in cerca di un conforto che lui pensava di poterle dare meglio. Il becco dell’uhoth le allisciò le penne. Arinnian udì appena la sua risposta: «Vodan».
«Cosa? Oh! sei fidanzata con Vodan?».
La sua voce si era incrinata. Perché sei turbato?, si domandò. Lui è un tipo in gamba, ed è anche del suo stesso gruppo; nessun problema di leggi e costumi diversi, divergenze culturali, nostalgia di casa… Lo sguardo di Arinnian abbracciò la terra di Stormgate. Al di sopra di valli dai fianchi scoscesi, oscure e fragranti di boschi, si ergevano i picchi innevati. Più vicino, il fianco di una montagna sul quale una cascata si stagliava nella luce lunare come una colonna. Un trombettiere che volava nella notte suonò la sua insistente nota, trafiggendo il silenzio. Sulle Pianure degli Ampi Spazi, nelle paludi artiche, a mezza strada intorno al pianeta su una bruciante savana del New Gaiila, tra le innumerevoli isole che formavano gran parte delle brulle terre di Avalon… come poteva lei rinunciare alla terra della sua gente?
No, un momento, sto pensando come un umano. Gli Ythrani si spostano di più. La stessa madre di Eyath viene dal bacino del Sagittario, e spesso vi torna in visita… Perché non dovrei pensare come un umano? Lo sono. Ho trovato la saggezza, la rettitudine, una sorta di felicità secondo certi modi Ythrani; ma non ha senso pretendere di essere un Ythrano, di sposare una creatura alata e abitare in un nostro nido.
Lei stava dicendo: «Beh, no, non esattamente. Compagno di vento, tu credi che non ti avrei detto del mio fidanzamento o che non ti avrei invitato al mio banchetto nuziale? Ma lui è una… persona alla quale mi sono molto affezionata. Sai che ho deciso di rimanere sola finché non avrò terminato gli studi». Lei ambiva al difficile, onorato titolo di musicista. «Recentemente… beh, ci ho pensato parecchio durante il mio ultimo periodo d’amore. Sono stata calda come non mai, ed ho continuato a pensare a Vodan».
Arinnian si sentì arrossire. Fissò il lontano bagliore di un ghiacciaio. Non avrebbe dovuto dirgli cose del genere, non era decoroso. Una femmina Ythrana non sposata, o una il cui marito fosse assente, doveva restarsene isolata dai maschi quando giungeva il suo periodo di calore; e si pensava anche che dovesse spendere l’energia prodotta in lavoro, o studio, o meditazione, o…
Eyath avvertì il suo imbarazzo. La sua risata gorgogliò, mentre gli posava una mano sulla sua. Le dita affusolate, le unghie aguzze lo strinsero dolcemente. «E allora, direi proprio che sei sconvolto! Perché?».
«Non parleresti così a… tuo padre, o a un fratello…». E non dovresti sentirti così. Calore o no. Triste, forse; languida, sì; ma non come una qualsiasi prostituta accaldata, nel letto di una stanza d’albergo di infimo ordine. Non tu, Eyath.
«È vero, sarebbe sconveniente parlarne a Stormgate. Mi sono chiesta se non avrei dovuto imparentarmi con un gruppo meno rigido. Però, Vodan… In ogni modo, Arinnian, caro, io posso dirti tutto, no?».
«Sì». Dopo tutto, io non sono un vero Ythrano.
«Ne abbiamo discusso dopo, lui ed io», continuò Eyath. «Del matrimonio, intendo. C’è poco da negarlo, in questo momento dei figli sarebbero un grosso problema. Ma voliamo bene insieme, e i nostri genitori incoraggiano la cosa da parecchio, perché sarebbe un’ottima alleanza fra le due case. Ci siamo domandati se, magari, restando separati per i primissimi anni…».
«E questa non è una buona soluzione, vero?», disse lui mentre la voce di Eyath moriva, ed il sangue gli pulsava nelle orecchie. «Voglio dire, i rapporti sessuali continuati possono non essere il modo migliore, per gli Ythrani, di rinforzare i legami della coppia, ma questo non vuol dire che il sesso non abbia importanza. Se ad ogni periodo d’amore vi separate, tu qui, tu lì, beh, vi rifiutate l’un l’altra, no? E perché non… la contraccezione?».
«No».
Lui sapeva perché quella razza, nella maggioranza dei casi, respingeva tale pratica. Erano i figli — il forte istinto paterno e materno dei coniugi — a tenerli insieme. Se delle piccole ali vi si richiudevano intorno e una testolina vi si strisciava addosso per tutto il corpo, le inevitabili tensioni e frustrazioni del matrimonio venivano dimenticate, come succederebbe ad un umano che si fosse appena felicemente accoppiato.
«Potremmo rimandare tutto a quando avrò finito i miei studi ed i suoi impegni avranno preso il volo», disse Eyath. Arinnian si ricordò che Vodan, insieme a diversi giovani dei gruppi di Stormgate, Grandi Terme e dei Laghi, aveva formato una società di ingegneria selvicolturale. «Ma se ci sarà la guerra… lui è nella riserva navale…». Il braccio libero di lei gli si posò sulla spalla, in un gesto istintivo. Lui spostò il suo peso su un gomito in modo da poter infilare le braccia sotto le ali e stringere il suo corpo rigido. E le disse all’orecchio, all’orecchio di colei che era sua sorella fin dai tempi della fanciullezza, tutte le parole di conforto di cui era capace.