Cajal fornì loro ogni opportunità. Ma essi lo costrinsero.
La battaglia di Yarro Cluster durò otto giorni standard, dalle prime scaramucce alla fuga degli ultimi e solitari superstiti Ythrani. Ma i primi due giorni furono preliminari e gli ultimi tre poco più che di rastrellamento. I particolari sono per i libri. In sintesi, Cajal fece uso di due vantaggi fondamentali. Il primo fu la sorpresa; si era preso molta cura di tenere segreta la gran quantità di munizioni che aveva a disposizione. Il secondo fu l’organizzazione; riuscì ad armonizzare la sua flotta come un musicista il suo strumento, adescando ed ingannando le mal disposte unità nemiche e distruggendole una dopo l’altra.
Forse ebbe anche un terzo vantaggio, il genio. Quando quel pensiero gli attraversò la mente, si impose una penitenza.
I rimasugli della potenza del Dominio ripiegarono verso Quetlan. Cajal li seguì senza fretta.
Ythri era un po’ più piccolo di Avalon, un po’ più arido, la cortina di nuvole era più sottile e quindi le masse di terra si rivelavano più distintamente dallo spazio, con sfumature fulve e rossicce, sotto la luce di un sole più freddo e più giallo di Laura. Eppure era estremamente grazioso, a vederlo dondolare fra le stelle. Cajal lasciò in funzione quello schermo visore, limitandosi a dargli di tanto in tanto un’occhiata, distogliendo la vista dal volto che appariva sul quadro comunicazioni.
L’Alto Wyvan Trauvay disse: «Lei è coraggioso a venire qui da noi». Il suo Anglico era fluente, e si serviva di un vocalizzatore per una maggior chiarezza di pronuncia.
Cajal incontrò gli occhi gialli fissi su di lui e rispose: «Lei ha acconsentito ad un colloquio. Ho fiducia nel suo onore». Ho fiducia anche nella mia Supernova e nella sua scorta. Sarà meglio ricordarglielo. «Questa guerra mi causa grande dolore. Sarei molto dispiaciuto se dovessi devastare qualche parte del vostro mondo o seminare altre morti fra il vostro valoroso popolo».
«Non sarebbe facile, Ammiraglio», disse con lentezza Trauvay. «Abbiamo le nostre difese».
«Le ho viste. Wyvan, posso parlarle con franchezza?».
«Sì. Soprattutto poiché questa non è, lei lo capisce, una discussione ufficiale».
No, ma mezzo miliardo di Ythrani sono in ascolto, pensò Cajal. Vorrei che non fosse così. È come se potessi sentirli. Che razza di governo è questo? Non esattamente democratico: non si può trovargli una qualsiasi definizione terrestre, nemmeno "governo", in verità. Potremmo avere qualcosa da imparare, noi umani, qui? Tutti i nostri tentativi sembrano infrangersi, in definitiva, e l’unica risposta che siamo riusciti a trovare è la bruta semplicità di Cesare.
Basta, Juan! Sei un ufficiale dell’Impero.
«Ringrazio il Wyvan», proseguì Cajal, «e chiedo a lui ed al suo popolo di credere che noi non li attaccheremo più a meno di non esservi costretti, o che ci sia ordinato di farlo. Sul momento non ne abbiamo alcun motivo. I nostri obiettivi sono stati raggiunti. Adesso possiamo affermare le nostre giuste rivendicazioni lungo la frontiera. Qualsiasi resistenza non può che essere sporadica e, se mi si concede l’espressione, patetica. Una forza relativamente minima può bloccare Quetlan. Sì, qualche nave isolata può certamente infiltrarsi, saltuariamente. Ma voi sarete, a tutti gli effetti, tagliati fuori dai vostri possedimenti extrasistema, dai vostri alleati ed associati. La prego di considerare quanto può sopravvivere il Dominio come entità politica, in tali condizioni.
«La prego di considerare, anche, come ogni vostra ulteriore resistenza costituisca una spesa inutile, un prolungato fastidio per l’Impero. Prima o poi, si deciderà di por fine definitivamente a questa seccatura. Non dico che sia giusto, ma semplicemente che succederà. Io stesso sarei incaricato di aprire il fuoco. Se l’ordine fosse troppo drastico, potrei rifiutarmi di eseguirlo, ma Sua Maestà ha molti ammiragli».
Il silenzio sembrò aleggiare intorno al Cristo crocifisso. Alla fine Trauvay domandò: «Lei ci chiede la resa?».
«Un armistizio», rispose Cajal.
«A quali condizioni?».
«Un reciproco cessate il fuoco… alla lettera! Le navi catturate e le altre attrezzature militari saranno trattenute dalla Terra, ma i prigionieri di entrambi le parti saranno rimpatriati. Noi manterremo l’occupazione dei sistemi nei quali siamo penetrati, ed occuperemo quei mondi liberi su cui l’Impero avanza delle rivendicazioni. Le autorità e le popolazioni locali si sottometteranno agli ufficiali militari di stanza tra loro. Per quanto ci riguarda, garantiamo il rispetto della legge e delle usanze, il diritto alla libertà di parola e di appello, purché non sediziosi, una temporanea assistenza economica, la ripresa del normale commercio appena possibile, e la libertà per ciascun individuo di poter vendere le sue proprietà in un mercato aperto e di lasciare il pianeta. Alcune unità di questa flotta resteranno in prossimità di Quetlan e pattuglieranno frequentemente il sistema in azione di sorveglianza; ma non atterreranno a meno che non sia richiesto, né interferiranno con l’attività commerciale, se non per riservarsi il diritto di ispezione, per verificare che non siano spedite truppe o munizioni».
Le penne furono attraversate da un fremito. Cajal desiderò essere capace di leggere in esse. Il tono rimase piatto. «Lei esige una resa».
L’uomo scosse la testa. «No, signore, non è così, e in effetti ciò significherebbe eccedere ai miei ordini. I termini definitivi della pace sono una questione diplomatica».
«Che speranze possiamo avere, se accettiamo in anticipo la sconfitta?».
«Molte». Cajal preparò i polmoni a una lunga tirata. «Le suggerisco rispettosamente di consultare i suoi studenti in sociodinamica umana. Per dirla in parole chiare, voi avete due influenze di cui far uso, una negativa, una positiva. Quella negativa è la vostra potenzialità di riprendere la lotta. Si ricordi che gran parte della vostra industria rimane intatta nelle vostre mani, che avete ancora navi ben attrezzate e con equipaggi coraggiosi, e che la vostra stella d’origine è strenuamente difesa e ci farà soffrire parecchio prima di cedere.
«Wyvan, popolo di Ythri, io vi dò la mia solenne garanzia che l’Impero non desidera invadervi. Perché dovremmo prenderci la briga di fare una cosa del genere? La perdita di una grande civiltà sarebbe ancora peggiore del costo e del pericolo. Noi vogliamo, abbiamo bisogno della vostra amicizia. Se non altro questa guerra è stata combattuta per rimuovere certe cause di attrito. Adesso andiamo avanti insieme.
«È vero, io non posso prevedere come sarà il trattato di pace finale. Ma voglio richiamare la sua attenzione sulle numerose pubbliche dichiarazioni dell’Impero. Sono assolutamente esplicite. E sono assolutamente sincere, perché è evidentemente nell’interesse dell’Impero che la sua parola conservi credibilità.
«Il Dominio dovrà cedere svariati territori. Ma ci si può mettere d’accordo su qualche forma di compensazione. E in fondo, dovunque i vostri confini non tocchino i nostri, c’è un universo intero che vi attende».
Cajal pregò di aver recitato bene. I suoi discorsi erano stati preparati da specialisti, e lui aveva passato delle ore per imparare il modo giusto di pronunciarli. Ma se gli esperti avessero fatto degli errori di valutazione e se lui avesse sciupato tutto, se non fosse stato convincente…
Oh, Dio, fa’ che questa carneficina abbia termine… e perdonami se, in fondo alla mente, sono affascinato dai problemi tecnici della cattura di questo pianeta.
Trauvay rimase seduto immobile per qualche minuto prima di dire: «La cosa sarà presa in considerazione. La prego di tenersi nei paraggi, nel caso debba mettermi in contatto con lei». In un’altra parte della nave, uno xenologo che aveva dedicato la sua vita allo studio degli Ythrani, balzò dalla sedia, ridendo e piangendo, e si mise a gridare: «La guerra è finita! La guerra è finita!».