«Ha qualche idea di quando ce ne andremo di qui?», domandò Nasution, allungando la mano alla ricerca di una bottiglia d’acqua.
«Quando sarà il momento», rispose Rochefort. «E vacci piano con quell’acqua. Abbiamo ancora parecchie ore, davanti a noi».
«Perché il medico non si arrende, signore? Un gruppo di noi, nella mia tenda, ha captato una delle loro trasmissioni — non è proibito, no? -, una trasmissione in Anglico. Non sono riuscito a capire troppo bene, con quel buffo accento e, uh, frasi come "gli Imperiali ci hanno dato solo un’artigliata", bisogna fermarsi e cercare di capire l’immagine, e intanto il discorso va avanti. Ma per Gehenna, signore, noi non vogliamo far loro del male. Non possono essere ragionevoli e…».
«Sssh!». Rochefort sollevò il braccio. La sua radio di intercettamento aveva identificato un appello. Si sintonizzò su quella banda.
«Aiuto! Mio Dio, aiuto!… Ingegnere Gruppo Tre… animali selvaggi… distanza stimata trentaquattro chilometri nord-nord-ovest dal campo… Aiuto!».
Rochefort fece virare il velivolo.
Arrivò in pochi minuti. Il distaccamento, dieci uomini in autoblinda, era stato inviato in ricognizione geologica per determinare la possibilità di far esplodere e collegare con micce un grosso missile-silo. Erano armati, ma non si aspettavano altri problemi se non il disagio del viaggio. La mandria di bestie esapodali delle dimensioni di un cane li aveva sorpresi a parecchie centinaia di metri dal loro veicolo.
Due di essi erano a terra, e le bestie li stavano divorando. Tre erano fuggiti all’impazzata in preda al terrore, cercando di raggiungere la vettura, ed erano stati circondati uno per uno. Rochefort e Nasution ne videro uno sopraffatto dagli aggressori. Gli altri erano rimasti immobili, schiena contro schiena, e facevano fuoco senza posa. Eppure sembrava quasi impossibile uccidere quelle sagome squamose e setolose. Anche mutilati, essi si lanciavano in avanti con le mascelle spalancate.
Rochefort gridò nella trasmittente perché gli mandassero dei soccorsi, piombò al suolo e si scatenò. Anche Nasution, tra le lacrime, fece un buon lavoro con il suo fucile. Tuttavia, prima che riuscissero ad avere ragione dei licosauroi, altri due umani perirono.
Dopo quell’episodio, ciascun gruppo che lasciava il campo fu fornito di una scorta aerea, il che rallentò le operazioni altrove.
«No, dottore. Non credo più che sia psicogeno». Il maggiore diede un’occhiata fuori dalla finestra della baracca del dispensario, verso un tramonto innaturalmente rapido che una tempesta di sabbia colorava di rosso sanguigno. La notte avrebbe portato sollievo all’orribile calore… sotto forma di un gelo che ti logorava dentro. «Dapprima ero disposto a crederlo. Comunque le tue psicodroghe non servono più a nulla. E sempre più alto è il numero degli uomini che rivelano questi sintomi, come lei sa meglio di me. Dolori di pancia, diarrea, fitte muscolari, e più sete di quanto non giustifichi questa dannata aridità. Inoltre tremori e pesantezza di testa. Non voglio nemmeno dirle in che condizioni ho lavorato oggi».
«Anch’io ho i miei problemi, nel cercare di capire». L’ufficiale medico si passò una mano sulla tempia, dove lasciò una striscia di polvere, malgrado l’aria infuocata facesse evaporare il sudore prima che potesse trasformarsi in gocce. «Anche vista annebbiata, spesso? Sì».
«Ha preso in considerazione un avvelenamento dell’ambiente?».
«Certamente. Lei non era nella prima ondata, maggiore. Io sì. Il Servizio Segreto, così come la storia, ci hanno assicurato che Avalon è sufficientemente pulito. Eppure, mi creda, non avevamo nemmeno finito di sistemare il campo che la squadra scientifica era già al lavoro».
«Si potrebbero interrogare i prigionieri Avaloniani?».
«Mi è stato assicurato che l’hanno fatto. In effetti, sono state effettuate delle successive azioni di commando proprio per averne di più a tale fine. Ma non è verosimile che essi, a parte pochi specialisti, siano al corrente dei particolari riguardanti la regione più proibita di un intero continente, per di più disabitata».
«E naturalmente gli Avaloniani hanno tenuto ben nascosti quegli esperti». Il maggiore respirò pesantemente. «E che cosa ha scoperto la sua squadra?».
L’ufficiale medico frugò nella scatola aperta sul suo scrittoio alla ricerca di una pillola stimolante. «C’è una, ah, alta concentrazione di metalli pesanti nel terreno. Ma nulla di cui preoccuparsi. Si potrebbe respirare per anni la polvere prima di aver bisogno di una cura. I cespugli qui intorno utilizzano quegli elementi nel loro metabolismo, come c’era da aspettarsi, e noi abbiamo avvisato di non masticare o bruciare alcuna parte di essi. Non ci sono composti organici che si siano rivelati allergeni. Senta, la biochimica umana e quella Ythrana sono così simili che le due razze possono nutrirsi in gran parte degli stessi cibi. Se questa zona nascondesse qualcosa di così terribilmente mortale, non crede che il colono normale ne avrebbe almeno sentito parlare? Io vengo dalla Terra, costa centro occidentale del Nord America…: oh, Signore…». Per un poco distolse lo sguardo da Scorpeluna, scuotendo le spalle. «Vivevamo in mezzo agli oleandri. Li coltivavamo per i loro fiori. Gli oleandri sono velenosi. Bisogna starci attenti».
«Dev’esserci un’altra causa», insisté il maggiore.
«Stiamo studiando», disse il medico. «Se qualcuno avesse previsto che questo pianeta poteva valere qualcosa dal punto di vista militare… avrebbe dovuto essere studiato prima ancora che scatenassimo la guerra, con la massima cura… Troppo tardi».
Piccole lance occasionali, rimasugli della flotta avaloniana, guizzarono tra gli assedianti terrestri ad alta velocità ed alla massima accelerazione variabile. Circa la metà furono distrutte; le altre riuscirono a passare e tornarono verso lo spazio. Era noto che scambiavano messaggi con il suolo. Con codici e raggi laser appropriati, bastavano uno o due secondi per passare una gran quantità di informazioni.
«Evidentemente stanno preparando una mossa», disse con voce dura Cajal al suo staff. «Altrettanto evidentemente, se tentiamo di inseguirli, si sparpaglieranno e svaniranno a distanza, sulle lune e sugli asteroidi, come hanno fatto in precedenza. Ed avranno dei piani d’emergenza. Io propongo di non separarci, signori. Terremo qui tutta la nostra forza».
Perché un numero crescente di informazioni indicava che, per terra e per mare, sotto il mare e nei cieli, i coloni si stavano finalmente preparando a contrattaccare.
Rochefort udì le grida per quasi un minuto prima di registrarle consciamente. Gesù, si disse cercando di superare la pesantezza, cosa mi succede? I suoi muscoli protestavano nel guidare il velivolo, mentre le dita erano come salsicce sul quadro di comando. Accanto a lui Nasution sedeva accasciato senza dire una parola, ed era così da giorni (settimane? anni?). Le guance imberbi avevano ceduto ed erano coperte da una barba nera e disordinata.
Eppure il velivolo di Rochefort riuscì a giungere in aiuto di coloro che dall’alto cercavano di proteggere una pattuglia di terra. Purtroppo non si poteva fare molto più di loro. Le armi ad energia inceneriscono in un lampo centinaia di quegli affari simili a scarafaggi, lunghi venti centimetri, la cui moltitudine anneriva il terreno in mezzo ai cespugli. Ma non poterono salvare gli uomini che erano stati già raggiunti dagli insetti e con i quali essi stavano banchettando. Rochefort si astenne prudentemente dal guardare coloro ai quali i piloti, dall’alto, davano il colpo di grazia. Si abbassò anche lui e fece salire a bordo i superstiti. Dopo quello che aveva visto, e nelle attuali condizioni fisiche, Nasution era troppo malconcio per essere di qualche aiuto.