Sul momento, comunque, le terribili ali erano avvolte su se stesse e funzionavano da gambe. Nel mezzo di ciascun bordo d’attacco, l’articolazione del «ginocchio» si piegava in senso contrario; nel volo quelle ossa si serravano fra loro. Dalla «caviglia», tre dita rivolte in avanti ed una rivolta all’indietro si allungavano a formare un piede; durante il volo, esse si ripiegavano sull’ala per irrobustirla ed aggiungere sensibilità. Le rimanenti tre dita dell’antico ornitoide si erano fuse per formare l’osso dell’alettone, che sporgeva posteriormente per oltre un metro. La pelle della metà anteriore era nuda e callosa, adatta per riposarvi sopra.
Poiché Ferune era un maschio, la sua cresta era più alta di quella di una femmina, e come la coda era bianca con dei disegni neri; nelle femmine erano invece di un bel nero uniforme e scintillante. Il resto del suo corpo aveva colori più tenui della media della sua specie, con toni che variavano dal grigio scuro al nero.
«Kr-r-r». Il suono gutturale ridestò Holm dalle sue fantasticherie.
«Sei imbambolato».
«Oh. Scusami». Per un vero carnivoro, era più grave che non per gli umani onnivori. «Stavo vagando, con la mente».
«E dove?», gli domandò Ferune, di nuovo gentile.
«M-m-m… beh… beh, d’accordo. Stavo pensando a quanta poca importanza abbia la mia razza nel Dominio. Penso che forse faremmo meglio a convincerci che tutto deve essere fatto secondo lo stile Ythrano, ed a farlo nel miglior modo possibile».
Ferune emise una gorgheggiante nota evocativa e fece svolazzare qualche penna. Non esisteva un esatto equivalente in Anglico, ma l’intenzione si poteva tradurre con: «La tua specie non è la sola non-Ythrana sotto la nostra egemonia. Voi non siete gli unici tecnologicamente aggiornati». In realtà il Planha non era così laconico come le sue convenzioni verbali potevano far pensare.
«N-no», borbottò Holm. «Ma noi… nell’Impero, siamo la guida. Certo, la Grande Terra comprende un bel po’ di pianeti natali e colonie di non umani; e una gran quantità di individui provenienti da ogni dove ha preso la cittadinanza terrestre; certo. Ma ci sono più umani nei posti chiave che membri di ogni altra razza… e forse di tutte le altre razze messe insieme». Sospirò, fissando la punta incandescente del sigaro. «Ma qui nel Dominio, che cosa sono gli uomini? Una manciata su quest’unico globo. Oh, ci diamo da fare, facciamo del nostro meglio, ma rimane il fatto che siamo solo un’insignificante minoranza in mezzo ad altre minoranze».
«Ti dispiace?», gli domandò Ferune con molta dolcezza.
«Eh? No, no. Volevo solo dire, beh, probabilmente il Dominio conta troppo pochi umani per giustificare ed amministrare un’organizzazione militare di tipo umano. Perciò è meglio che siamo noi ad adattarci a voi, piuttosto che voi a noi. Comunque è inevitabile. È inevitabile perfino su Avalon, dove noi siamo di più».
«Sento amarezza nel tuo tono e la vedo nei tuoi occhi», disse Ferune, più gentilmente del solito. «Stai pensando di nuovo a tuo figlio che è diventato uccello, vero? Temi che i suoi fratelli e sorelle più giovani se ne andranno come lui».
Holm dovette farsi forza per rispondere. «Sai che io rispetto i vostri costumi. L’ho fatto e lo farò sempre. Né mi sono dimenticato di come Ythri accolse la mia gente quando la Terra cominciò a scottare sotto i nostri piedi. È solo… solo che… anche noi ci siamo guadagnati il rispetto. Non è vero?».
Ferune fece un passo avanti e posò una mano sulla coscia di Holm. Comprendeva il bisogno che gli umani avevano di parlare e di sfogare il loro dolore.
«Quando lui — Chris — quando cominciò ad andar via, a volare insieme agli Ythrani, ebbene, ne fui contento», proseguì a fatica Holm, rivolgendo lo sguardo fuori dalla finestra. Di tanto in tanto scuoteva il sigaro, ma il gesto era meccanico, involontario. «Era sempre stato troppo attaccato ai libri, troppo solo. E allora i suoi amici di Stormgate, le sue visite laggiù — quando lui e Eyath e tutta la banda si misero a scorrazzare nei più remoti angoli del pianeta — beh, mi sembrava che stesse facendo ciò che io avevo fatto alla sua età, solo che lui aveva qualcuno che gli guardava le spalle se la situazione diventava pericolosa. Pensavo che forse avrebbe rinunciato ad arruolarsi in marina…». Holm scrollò il capo. «Non me ne accorsi finché non fu troppo tardi, perché il suo non era un semplice capriccio da adolescente come succede a volte. E quando aprii gli occhi, e ne discutemmo aspramente, e lui se ne andò di casa e si nascose per un anno, con l’aiuto di Eyath, nelle Isole Shielding… ma non ha senso che io vada avanti, no?».
Ferune fece cenno di no. Dopo che Daniel Holm si era recato, fuori di sé, a casa di Lythran, vomitandogli addossò ogni sorta di accuse, il Primo Governatore era intervenuto ed aveva fatto quanto era in suo potere, calmando le due parti ed evitando un duello.
«No, oggi non avevo intenzione di parlarne», continuò Holm. «È solo che… stanotte Rowena si è messa a piangere. Perché lui se ne era andato senza salutarla. Lei si preoccupa soprattutto di ciò che gli sta accadendo, dentro, da quando si è unito al gruppo. Potrà mai avere un matrimonio normale, per esempio? Le ragazze comuni non sono più il suo tipo; e le ragazze uccello… E poi, pensa ai nostri figli più piccoli. Tommy è completamente partito, pensa solo agli argomenti Ythrani. Il consigliere scolastico è dovuto venire di persona da noi a chiederci come mai avesse trascurato di classificare il materiale o di sottoporre il lavoro svolto, o di consultarsi con gli esperti ai quali avrebbe dovuto rivolgersi. E Jeanne si è trovata un paio di compagni di gioco Ythrani…».
«Per quanto ne so», disse Ferune, «gli umani che si sono uniti ad un gruppo, di regola hanno avuto una vita soddisfacente. Ci sono stati dei problemi, certo, ma esiste vita senza problemi? Per di più, le difficoltà dovrebbero diminuire coll’aumentare del numero di tali persone».
«Senti», farfugliò Holm. «Io non sono contro la tua gente. Mi prendesse un colpo se lo sono mai stato! Mai una volta ho detto o pensato che ci fosse qualcosa di disonorevole in ciò che Chris stava facendo, così come non l’avrei detto o pensato se, oh, se lui avesse abbracciato qualche ordine religioso dedito alla castità. Ma non mi sarebbe piaciuto ugualmente. Non è nella natura dell’uomo. Ed ho studiato tutti i libri che sono riuscito a trovare sul popolo degli uccelli. Certo, molti di loro hanno affermato di essere felici, e probabilmente nella maggior parte credevano di esserlo. Ma non posso fare a meno di pensare che essi non sapevano cosa avevano perduto».
«Terricoli», disse Ferune. In Planha, era sufficiente. In Anglico avrebbe dovuto dire qualcosa come: «Anche noi abbiamo perso qualcosa: coloro che hanno lasciato i gruppi per diventare semplici individui secondo il modello umano, all’interno di una comunità fondamentalmente umana».
«Influenza», aggiunse poi, il che riassumeva: «Su Avalon, nel corso dei secoli, non pochi della nostra razza sono cresciuti nell’amarezza di ciò che i vostri principi ed il vostro esempio stavano facendo ai gruppi stessi. Molti provano ancora quella sensazione. Penso che sia uno dei motivi principali per cui tali gruppi sono divenuti più reazionari di altri nella madre patria».
Holm replicò: «L’idea base di questa colonia non era che entrambe le razze dovessero garantirsi il reciproco diritto a rimanere ciò che erano?».
«Ciò è scritto nel Patto, e lì rimane», disse Ferune in due sillabe e tre espressioni. «Nessuno è stato forzato. Ma, vivendo insieme, come possiamo fare a meno di cambiare?».
«Uh-huh. Poiché Ythri in generale e Mistwood in particolare sono riusciti con successo ad adottare e adattare la tecnologia terrestre, tu pensi che il tutto si esaurisca in un banale scambio di idee. Invece non è così semplice».