E poi ha parlato di volare attraverso il vuoto dell’empireo, il che ancora una volta non è chiaro, siccome tutti possono vedere che il cielo è abbastanza affollato di stelle, e ha parlato di molti soli e di altri mondi, alcuni gelati e altri di nuda roccia. Si tratta di cose alquanto oscure. E ha parlato di come si sono avvicinati a questo mondo che è il nostro, e di un errore commesso, che sarebbe stato una pura questione di matematica (e non una ribellione a Dio) cosicché si sono approssimati troppo alla Terra, proprio come Icaro al Sole. Poi ha parlato nuovamente per metafora, siccome ha parlato di macchine che, come ben sappiamo, sono cose che servono a scagliare pietre contro le mura, e in senso più ampio a macinare il grano e a pompare l’acqua. Ma lui ha detto che le loro macchine son diventate calde a causa del metallo maledetto nel nucleo della Terra e dell’incapacità della sua razza di opporre resistenza all’attrazione della Terra (altra metafora) e poi ha parlato d’una urlante discesa dai cieli. E tutto ciò é, chiaramente, un resoconto allegorico della cacciata dei Ribelli dal Paradiso, con l’ammissione che lui è uno di codesti ribelli. Quando ha fatto una pausa l’ho pregato con umiltà che mi mostrasse un mistero, e di farmi la grazia della sua protezione nel caso in cui la mia conversazione con lui divenisse nota.
«Cosa è accaduto al mio messaggero?» ha chiesto allora il Potere.
Gliel’ho detto, e lui ha ascoltato, immobile. Ho fatto attenzione a dirglielo con precisione, siccome, com’è naturale, già lo sapeva (sapendo già ogni cosa grazie ai suoi misteriori poteri) e la domanda era soltanto un’altra prova. Invero io mi ero convinto che il messaggero e tutto ciò che era accaduto dovevano essere stati architettati da lui per portare me, sperimentato studioso dei misteri, a conversare con lui in quel luogo.
«Gli uomini», disse alla fine con voce amara. Poi aggiunse, gelidamente: «No! Non posso darti alcuna protezione. La mia razza non ha protezione su questa terra. Se vuoi imparare ciò che posso insegnarti, devi rischiareìl furore dei tuoi compatrioti».
Ma poi, d’un tratto, ha scritto qualcosa su una pergamena, e l’ha premuta su un qualche oggetto al suo fianco, gettandolo poi al suolo.
«Se gli uomini ti attaccano», ha detto con disprezzo, «strappa questa pergamenta e buttala lontano da te. Se non ci sarà metallo maledetto lì intorno, potrebbe distrarli un po’ mentre fuggi. Ma basterà un pugnale a ridurre tutto al niente!»
Poi si è allontanato. Ed è svanito. Ed io son rimasto lì a tremare violentemente a lungo, prima di ricordarmi della formula di Apollonio di Tiana per congedare gli spiriti del male. Mi azzardai a uscire dal cerchio magico. Nessun male me ne incolse. Raccolsi la pergamena da terra e la esaminai alla luce della luna. I simboli su di essa erano senza significato, anche per uno come me che ha studiato tutto ciò che è conosciuto sui misteri. Sono tornato al villaggio, meditabondo.
Ti ho detto tanto e con tanti particolari perché tu possa osservare come questo Potere non abbia parlato con orgoglio o minacce, cose di cui molti autori dei misteri e delle Operazioni parlano. Si dice* spesso che un adepto debba comportarsi con grande fermezza durante un’Operazione, per evitare che i Poteri da lui evocati lo sopraffacciano. Invece questo Potere ha parlato con voce stanca, ironica, come qualcuno prossimo alla morte. E ha anche parlato della morte. Il che, naturalmente, era una prova e un inganno, siccome i Principi e i Poteri delle tenebre non sono forse immortali?
Aveva in mente qualcosa che non voleva io conoscessi. Perciò ho capito che devo procedere con cautela sulla strada di questa inestimabile opportunità.
Nel villaggio, ho detto al prete d’essermi imbattuto in un demone immondo che mi ha implorato di non esorcizzarlo, promettendomi di rivelarmi dove si trovano certi tesori nascosti che un tempo appartenevano alla Chiesa, tesori che lui non poteva toccare né rivelare a uomini malvagi, poiché erano sacri; poteva però descrivermi il luogo in cui erano celati. Ed io mi sono procurato pergamena, penna e inchiostro, e il giorno seguente sono ritornato da solo in cima alla collina. Era deserta, ed io, dopo essermi assicurato di non essere osservato, e aver gettato il pugnale lontano da me, ho strappato la pergamena che lui mi aveva dato e l’ho buttata per terra.
Quando la pergamena ha toccato il suolo è apparso un così grande tesoro in oro e gioielli che avrebbe potuto davvero far impazzire di cupidigia qualsiasi uomo. C’erano sacchi e cofani e scrigni ricolmi d’oro e di pietre preziose, scoppiati per il peso, spargendo al suolo il contenuto. C’erano gemme che scintillavano alla luce del sole al tramonto, e anelli e collane tempestate di brillanti, e mucchi enormi di monete d’oro d’ogni antico conio…
Johannus, perfino io ho quasi finito per impazzire! Sono balzato in avanti quasi avessi sempre sognato di tuffar le mani nell’oro. Sbavando di cupidigia, riempii le mie vesti di rubini e fili di perle, e gonfiai le saccocce di pezzi d’oro, ridendo tra me come un folle. Sguazzavo nella ricchezza. Mi ci crogiolavo gettando in aria le monete d’oro e lasciando che ricades sero su di me. Ridevo e cantavo da solo.
Poi udii un rumore. All’istante, mi sentii riempire di terrore per il mio tesoro. Balzai accanto al mio pugnale e ringhiai, pronto a difendere le mie ricchezze fino all’ultimo respiro.
Poi una voce disse, in tono beffardo: «Davvero non te ne importa niente delle ricchezze?»
Il Potere se ne stava lì a guardarmi. Ora lo vedevo più chiaramente, ma non del tutto, poiché c’era una nebulosità che si addensava intorno al suo corpo. Era, come ho detto, alto un braccio e mezzo, e dalla sua fronte sporgevano delle antenne nodose che non erano corna, anche se vi assomigliavano, salvo per dei bulbi alle estremità. La sua testa era grossa e… ma non cercherò di descriverlo, poiché avrebbe certo potuto assumere una qualsiasi tra mille diverse forme, per cui, che importanza può avere?
Poi sono stato colto dal terrore, poiché non avevo nessun Cerchio o Pentacolo a proteggermi. Ma il Potere non ha fatto alcuna mossa minacciosa.
«Quelle ricchezze sono vere», disse nuovamente, in tono asciutto. «Han no il colore, il peso e la consistenza della materia concreta. Ma il tuo pugnale le distruggerà tutte».
Disday di Corinto affermò che un tesoro del mistero dev’essere fissato da una speciale Operazione prima di diventare permanente e libero dal potere di coloro che l’hanno creato. Poiché essi, altrimenti, possono sempre tramutarlo in foglie, o in qualsivoglia altra immondizia.
«Toccalo col tuo pugnale», disse il Potere.
Ho obbedito, sudando per la paura. E quando il ferro della lama ha toccato quel grande mucchio d’oro, vi è stato un violento tremore accompagnato da una vampa, e il tesoro — tutto, ti dico, fino all’ultima briciola, alla più minuscola perla! — è svanito davanti ai miei occhi. Il pezzo di pergamena è riapparso, fumante. Si era carbonizzato. E il pugnale mi scottava tra le dita. Rovente, ti dico!
«Ah, sì», ha annuito il Potere. «Il campo di forza ha energia. Quando il ferro l’assorbe, si trasforma in calore». Poi mi ha fissato con uno sguardo non ostile. «Hai portato penna e pergamena», ha constatato, «e quanto meno non hai usato il sigillo per stupire i tuoi compatrioti. E inoltre hai avuto il buonsenso di non produrre altri odori puzzolenti. Può darsi che ci sia davvero un grano di saggezza in te. Ti sopporterò ancora per un poco. Siediti e prendi penna e pergamena… Aspetta! Mettiamoci comodi. Reinfodera il tuo pugnale, o meglio, buttalo lontano da te».
Me lo infilai nella veste, sul petto. Ed è stato, poi, come se lui avesse pensato, e toccato qualcosa sul fianco, e subito tutt’intorno a noi è sorto un bel padiglione con morbidi cuscini e un’amabilissima fontana.
«Siediti», mi ha detto il Potere. «Ho imparato che voi amate questo genere di cose da un uomo del quale un tempo sono stato amico. Era stato ferito e spogliato dai ladroni, cosicché non aveva addosso nessun frammento del metallo maledetto, ed io ho potuto aiutarlo. Da lui ho imparato a parlare la lingua che gli uomini usano oggigiorno. Ma alla fine anche lui mi credette uno spirito maligno e prese a odiarmi».