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Le mani mi tremavano ancora, per l’agitazione seguita alla scomparsa d’un così grande tesoro. Era stato un tesoro d’una tale abbondanza che nessun Re aveva mai posseduto, Johannus! Agognavo di riavere quel tesoro fin dal profondo della mia anima! Le monete d’oro, da sole, avrebbero riempito come un uovo la tua soffitta, ma il pavimento sarebbe crollato sotto il loro peso; e i gioielli avrebbero riempito non so quanti barili. Ah, Johannus: quale tesoro!

«Ciò che ti farò scrivere», ricominciò il Potere, «dapprima significherà poco, per te. Dapprima io ti darò fatti e teorie, poiché sono le cose più facili da ricordare. Poi ti darò l’applicazione delle teorie. E voi uomini avrete così la possibilità di dar inizio a quella civiltà che può esistere in vicinanza del metallo maledetto».

«Grande Potestà!» ho implorato con voce umilmente spregevole. «Mi darai un altro sigillo per il tesoro?»

«Scrivi!» mi ha ingiunto.

Ho scritto. E, Johannus, non so dirti neppure io cos’è che ho scritto. Ha detto parole che erano in un cifrario così oscuro che anche adesso, mentre le studio, non hanno alcun significato. Ascolta queste, e cerca in esse una saggezza sufficiente all’esecuzione dei misteri! «La civiltà della mia razza è basata su campi di forza che hanno la proprietà di agire come sostanze in ogni attività essenziale. I campi di forza che la mia gente usa per le abitazioni, gli utensili, i veicoli, e persino le macchine, sono percepibili ai sensi, e agiscono, come solidi. Inoltre, siamo capaci di creare questi campi in forma invisibile, fissandoli a oggetti organici come campi permanenti che non richiedono nessuna energia per la loro conservazione, proprio come i campi magnetici non richiedono nessuna fonte di energia per continuare ad esistere. I nostri campi possono anche essere proiettati come solidi tridimensionali che assumono qualsiasi forma desiderata e hanno qualsiasi proprietà delle sostanze, salvo l’affinità chimica».

Johannus! Non è incredibile che si siano potute mettere assieme delle parole aventi a che fare con i misteri così vuote di qualsiasi indizio riguardante il loro significato mistico? Scrivo e scrivo con la disperata speranza che Lui alla fine mi dia la chiave, ma il mio cervello barcolla davanti alla difficoltà di estrarre le direttive per le Operazioni che un tale cifrario deve nascondere! Te ne do un altro esempio: «Quando un generatore di campo di forza è stato costruito come sopra, si noterà che i campi pulsanti che rappresentano la nostra coscienza fungono in modo perfetto da comandi. Si deve soltanto creare nella propria mente l’immagine dell’oggetto desiderato, attivare il comando ausiliario del generatore, e il generatore modulerà la sua emissione a seconda del campo pulsante della coscienza…».

Durante il primo giorno di scrittura, il Potere ha parlato per ore, e ho scritto fino a quando la mia mano ha potuto reggere ai crampi. Di tanto in tano, riposando, gli ho riletto le parole che avevo scritto. Lui ha ascoltato soddisfatto.

«Signore!» ho detto con voce tremante. «Potente Signore! Vostra Potenza! Questi misteri che mi ordini di scrivere… sono aldilà della mia comprensione!»

Ma lui ha replicato, sprezzante: «Scrivi! Alcuni saranno chiari per qualcuno. Ed io li spiegherò a poco a poco fino a quando persino tu potrai comprenderne gli inizi». Poi ha aggiunto: «Tu ti stai stancando. Tu desideri un giocattolo. Bene, farò per te un sigillo che creerà di nuovo quel tesoro col quale hai giocato. Aggiungerò un sigillo che creerà una barca per te, con una macchina che trarrà potenza dal mare per condurti dovunque tu voglia senza bisogno del vento o delle correnti. E ne farò altri, perché tu possa creare un palazzo dove vorrai, e bei giardini, se ti piacerà…».

E tutto questo l’ha fatto, Johannus. Pare lo diverta scrivere su pezzi di pergamena, e pensare, e poi premerli sul suo fianco prima di depositarli per terra dove potessi raccoglierli. Mi ha spiegato, divertito, che le meraviglie sono completamente contenute nei sigilli, ma in maniera latente, e vengono liberate dallo strappo della pergamena, ma vengono assorbite e distrutte dal ferro. In tal modo continua a usare il suo cifrario, ma a volte scherza!

È strano pensare come, un po’ per volta, io sia giunto ad accettare questo Potere come una persona. Non è conforme alle leggi del mistero. Santo che è solo. Sembra che trovi soddisfazione a parlare con me. Eppure è un Potere, uno dei ribelli che è stato scagliato giù dal Paradiso sulla terra! Di questo parla soltanto in termini vaghi e metaforici, come se fosse giunto da un altro mondo, come il mondo, ma più grande. Parla di se stesso come di un viaggiatore dello spazio, e parla della sua razza con affetto, e del Paradiso (in ogni caso, la città da cui proviene, poiché là debbono esserci grandi città) con uno strano, orgoglioso affetto. Se non fosse per i suoi poteri, che appartengono al mistero, troverei possibile credere che sia un membro solitario di una strana razza, esiliato per sempre in uno strano luogo, e divenuto amico di un uomo a causa della sua solitudine. Ma come potrebbe esistere qualcuno come lui e non essere un Potere? Come potrebbe esserci un altro mondo?

Questa strana conversazione prosegue ormai da dieci giorni o anche più. Ho riempito foglio dopo foglio di pergamena con la mia scrittura. Le stesse metafore si ripetono più volte. «Campi di forza» — un termine senza nessun significato letterale — si ripete spesso. Ci sono altre metafore come «bobine» e «primario» e «secondario» che si trovano situate in un contesto in cui si citano fili metallici di rame. Ci sono descrizioni dettagliate, come se fossero fatte nel linguaggio più piano possibile, di fogli di metalli differenti da immergere nell’acido, e altre descrizioni di piastre di metalli identici che devono esser tenute separate da strati d’aria o di cera d’un certo spessore. E c’è una spiegazione dei mezzi grazie ai quali lui si tiene in vita. «Essendo io abituato a un’atmosfera assai più densa di quella della Terra, sono costretto a mantenere intorno a me stesso un campo di forza che mantiene tutt’intorno a me una densità atmosferica pari a quella del mio pianeta natio per consentirmi di respirare. Questo campo è trasparente, ma poiché deve pulsare in continuazione per cambiare e rinfrescare l’aria che respiro, provoca una certa nebulosità del profilo del mio corpo. È mantenuto dal generatore che porto al mio fianco, il quale allo stesso tempo fornisce energia agli altri manufatti costituiti da campi di forza che utilizzo quotidianamente». Ah, Johannus! L’impazienza mi sta portando alla pazzia. Non avevo forse previsto che un giorno mi avrebbe fornito la chiave del suo linguaggio metaforico, cosicché da esso potessero venir estratti i Nomi e le Parole che danno origine ai suoi prodigi? Quasi ci rinuncerei per la disperazione.

Eppure è diventato quasi gioviale con me. Mi ha dato i sigilli che gli ho chiesto, e li ho provati molte volte. Il sigillo che creerà per te un bellissimo giardino è soltanto uno fra i molti. Dice che il suo più grande desiderio è dare all’uomo tutte le conoscenze che lui possiede, e poi vuole che io scriva cose nel suo cifrario come questa, senza alcun significato: «La propulsione di una nave per viaggiare oltre la velocità della luce è un semplice adattamento del generatore propulsivo già descritto. È sufficiente soltanto modificare i suoi parametri, cosicché, invece di operare nello spazio normale, generi una tensione iperspaziale. Il procedimento é… Oppure (scelgo a caso, Johannus): «Il metallo maledetto, il ferro, dev’essere eliminato, non soltanto da tutti i circuiti, ma altresì dalle vicinanze dell’apparato che funziona con altissime frequenze, dal momento che assorbe l’energia delle vibrazioni e impedisce il funzionamento…».