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Nei giorni che seguirono, il principe imparò a chiamare per nome le strane creature. Il tasso si chiamava Tartufello ed era il più vecchio e gentile dei tre. Il nano che voleva uccidere Caspian era un nano nero (nel senso che aveva capelli e barba neri, spessi e duri come la criniera di un cavallo) e si chiamava Nikabrik. L’altro era un nano rosso, con i capelli che somigliavano al pelo della volpe e si chiamava Briscola.

— E adesso — disse Nikabrik la prima sera in cui Caspian fu in grado di alzarsi e di parlare — dobbiamo ancora decidere che cosa fare di quest’essere umano. Voi due pensate che impedirmi di ucciderlo sia stata una cosa giusta, ma io dico che come minimo dovremo tenerlo prigioniero a vita. Non mi sogno di lasciarlo andare, tornerebbe dai suoi e ci tradirebbe!

— Per mille bulbi, Nikabrik — esclamò Briscola. — Che bisogno c’è di essere tanto scortesi? Non è colpa di questa creatura se ha sbattuto la testa contro un albero che si trovava proprio di fronte alla nostra tana. E comunque, non venirmi a dire che ha l’aspetto del traditore.

— Scusate — intervenne Caspian — ma non vi siete ancora chiesti se ho davvero intenzione di tornare nel mio mondo. Ebbene, non ci penso neppure. Vorrei restare con voi, se me lo permettete. È tutta la vita che vi cerco… che cerco creature come voi.

— E secondo te dovremmo credere a questa storia? — grugnì Nikabrik. — Tu sei un uomo e discendi dai Telmarini, vero? In tal caso vorrai tornare fra la tua gente.

— Anche se lo volessi, non potrei — rispose Caspian. — Quando ho avuto l’incidente stavo fuggendo per salvarmi la vita. Il re vuole liberarsi di me e se mi uccidete gli farete un favore.

— Be’, adesso esageri — intervenne Tartufello.

— Eh? Come? Cosa puoi aver combinato, alla tua giovane età, per essere tanto odiato da Miraz?

— Miraz è mio zio — raccontò Caspian. A quell’affermazione Nikabrik fece un balzo e afferrò il pugnale.

— Ti sei rivelato, finalmente — gridò. — Non solo sei un discendente degli abitanti di Telmar, ma sei anche l’erede del nostro più grande nemico. Siamo diventati pazzi a regalare la vita a un essere simile?

Nikabrik avrebbe ucciso Caspian in quell’istante se Tartufello e Briscola non si fossero messi di mezzo e non l’avessero costretto con la forza a tornarsene al suo posto, dove continuarono a tenerlo ben saldo.

— Nikabrik, una volta per tutte, vuoi cercare di darti un contegno? — lo rimproverò Briscola. — Altrimenti Tartufello e io saremo costretti a salirti in testa.

Nikabrik promise di comportarsi bene e gli altri chiesero a Caspian di raccontare la sua storia. Dopo che l’ebbe narrata, ci fu un momento di silenzio.

— È la cosa più strana che abbia mai sentito — disse Briscola.

— Non mi convince — ribatté Nikabrik. — Non sapevo che fra gli uomini si parlasse ancora di noi. Perché, a dir la verità, meno se ne parla meglio è. La vecchia nutrice avrebbe fatto meglio a tenere la bocca chiusa. E il tutore: un nano traditore e rinnegato. Li odio, quelli! Sono peggio degli esseri umani. Ascoltatemi bene, amici. Questa storia non ci porterà niente di buono.

— Non parlare di cose che non capisci, Nikabrik — intervenne Tartufello. — Voi nani siete lunatici come gli uomini, e come loro avete la prerogativa di dimenticare le cose. Io, invece, sono un animale e soprattutto sono un tasso. Noi non cambiamo idea, noi andiamo avanti. Secondo me, è un segno fausto del destino: siamo al cospetto del legittimo re di Narnia. Pensate, un re vero che torna alla vera Narnia. Noi animali ricordiamo bene, anche se i nani sembrano averlo dimenticato, che Narnia ha conosciuto pace e giustizia solo quando fu governata da un figlio di Adamo.

— Per mille fischietti, Tartufello. Significa che vuoi dare la nostra terra agli umani?

— Non ho mai detto una cosa simile — replicò il tasso. — Questa terra non appartiene a loro (e chi potrebbe dirlo meglio di me?), ma deve essere governata da un uomo, da un re. Noi tassi abbiamo una memoria abbastanza lunga per poter fare quest’affermazione. Peter, il Re supremo, era un uomo, che la sua benedizione scenda su di noi.

— Credi ancora alle vecchie storie? — chiese Briscola.

— Ve l’ho appena detto, noi animali non cambiamo idea — rispose Tartufello. — Non possiamo dimenticare. Io credo in Peter, Re supremo, come credo in coloro che regnarono a Cair Paravel e nello stesso Aslan.

— Come credi in questo tale, direi… — fece Briscola. — Ma vuoi spiegarmi chi crede più in Aslan, al giorno d’oggi?

— Io sì — intervenne Caspian. — E anche se prima non ci avessi creduto, ora sento che Aslan esiste. Gli uomini si prendono gioco di lui, ma anche di nani e animali parlanti. Molte volte mi sono chiesto se esistesse una creatura come Aslan, se esseri come voi ci fossero davvero, su questa terra. Be’, esistete eccome…

— Hai ragione — disse Tartufello. — Avete ragione, re Caspian. Fino a quando crederete nell’antica Narnia sarete il mio re, checché ne dicano gli altri due. Lunga vita a Vostra Maestà!

— Tasso, mi stai mandando fuori di testa — gracchiò Nikabrik. — Peter il Re supremo e gli altri regnanti erano uomini, d’accordo. Ma erano diversi: questo è dei Telmarini, è andato a caccia e ha ucciso animali per divertimento. Dico bene, principe? — aggiunse Nikabrik, voltandosi di scatto verso Caspian.

— Sì, lo ammetto. Ma non erano animali parlanti.

— È la stessa cosa — replicò Nikabrik.

— No, no — disse Tartufello. — Sai benissimo che non è così. Sai che gli animali di Narnia, oggi, sono diversi da quelli di un tempo. Essi non sono che misere creature mute, come quelle che vivono a Calormen o a Telmar. E sono di dimensioni più piccole: creature diverse da noi come i nani con sangue umano lo sono da voialtri.

Ci fu una lunga e accesa discussione, ma alla fine presero la decisione che Caspian sarebbe rimasto con loro, con la promessa che, appena in grado di uscire dalla tana, sarebbe andato a far visita a quelli che Briscola chiamava "gli Altri". Sì, perché in quelle selvagge regioni vivevano in clandestinità le più diverse creature dell’antica Narnia.

6

Il popolo nascosto

Per Caspian iniziò il periodo più felice e più spensierato della sua vita. In una bella mattina d’estate, quando la rugiada bagnava l’erba dei prati, si mise in cammino in compagnia del tasso e dei due nani. Attraversarono la foresta, arrivarono ai picchi più alti delle montagne e ridiscesero lungo i pendii a sud baciati dal sole. Da lì potevano scorgere le verdi brughiere della terra di Archen.

— Per prima cosa andiamo a trovare i tre orsi giganti — annunciò Briscola.

Arrivarono a una radura e raggiunsero una vecchia quercia con un gran buco nel tronco, interamente coperta di muschio. Tartufello bussò tre volte sul tronco cavo con le zampette, ma nessuno rispose. Bussò di nuovo e una voce assonnata rispose dall’interno: — Andate via, siamo ancora in letargo, non è tempo di sveglia.

Ma quando il tasso bussò per la terza volta, da dentro l’albero venne un rumore che somigliava vagamente a un terremoto, di quelli non troppo violenti. Quindi si aprì una specie di porta e vennero fuori tre orsi marroni, enormi, con gli occhietti scintillanti. Quando ebbero spiegata loro ogni cosa (ci volle tempo, perché gli orsi erano ancora assonnati) anch’essi, come Tartufello, convennero che un figlio di Adamo dovesse diventare re di Narnia e baciarono Caspian, stampandogli sulle guance dei bei segni umidi e moccicosi. Quindi gli offrirono del miele: a dire il vero a Caspian non andava proprio, soprattutto senza pane e a quell’ora di mattina, ma pensò che non sarebbe stato gentile rifiutare e accettò l’offerta. Poi gli ci volle un bel po’ per togliersi tutto quel miele di dosso…