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— Va bene, Ed — acconsentì infine Peter.

Appena sbucarono alla luce del sole, Edmund si rivolse al nano con queste gentili parole: — Avrei qualcosa da chiederti. Vedi, i ragazzi come noi non hanno spesso l’opportunità di incontrare un grande guerriero come te. Vuoi provare a tirar di scherma con me? Mi faresti un grande regalo.

— Ma queste spade hanno lame affilate — disse Briscola.

— Lo so — rispose Edmund. — Ma io non ce la farò mai a colpirti e tu, dal canto tuo, sarai abbastanza abile da disarmarmi senza farmi male.

— È un gioco pericoloso — insistette Briscola. — Ma visto che per te è così importante, facciamo un paio di tiri.

In un attimo sfoderarono le spade, mentre gli altri tre saltavano giù dalla predella e si mettevano a guardare. Ne valse la pena: non era un duello come quelli che si vedono a teatro con finte spade a due mani, e non era un duello con gli spadini, di quelli che neppure si riescono a distinguere. Era un duello in piena regola, con spadoni veri. Il segreto consiste nel colpire le gambe e ì piedi del tuo avversario, visto che sono le uniche parti del corpo non protette dall’armatura. In tal caso, quando il nemico si avvicina devi saltare a pie’ pari, in modo che la lama passi fra il terreno e i tuoi piedi. Il nano era avvantaggiato, naturalmente, perché Edmund era molto più alto e doveva chinarsi di continuo. Se avesse combattuto contro Briscola soltanto ventiquattro ore prima, Edmund non avrebbe avuto alcuna possibilità, credetemi; ma da quando erano arrivati sull’isola, l’aria di Narnia aveva avuto un benefico effetto su di lui. Se a questo si aggiunge il ricordo delle antiche battaglie, è facile capire come le braccia e le dita di Edmund riacquistassero ben presto l’abilità dimenticata. Si sentiva di nuovo re Edmund e i duellanti continuarono ad affrontarsi in cerchio, colpo dopo colpo, mentre Susan, che non era mai riuscita ad abituarsi a questo tipo di cose, non faceva che esclamare: — Sta’ attento, sta’ attento!

Poi Edmund fece balenare la spada così velocemente che nessuno (a parte Peter, che sapeva) parve rendersene conto, e disarmò il nano. Briscola si trovò a stringere la mano vuota, come succede spesso ai giocatori di cricket dopo un colpo di quelli che ti fanno perdere la mazza.

— Non ti ho fatto male, piccolo amico? — chiese Edmund, con il fiatone, riponendo la spada nel fodero.

— Mmm, ho capito. Ti sei servito di un trucco che non conosco — rispose Briscola, risentito.

— Hai ragione. Il miglior spadaccino del mondo può essere disarmato da un trucco nuovo per lui. Secondo me dovremmo offrire a Briscola un’altra possibilità, magari in un’altra disciplina: che ne diresti di cimentarti con mia sorella nel tiro con l’arco? Lì non ci sono trucchi, Briscola.

— Ah, bricconi, vi prendete gioco di me! Come se non avessi visto come tira la ragazza, dopo quello che è successo stamattina. E va bene, proviamo. — Il tono di voce era burbero, ma in compenso gli brillavano gli occhi, perché il nano era ritenuto un mago dell’arco, fra la sua gente.

Raggiunsero il cortile tutti e cinque.

— Qual è il bersaglio? — chiese Peter.

— La mela su quel ramo laggiù. Potrebbe andar bene quella che pende sul muro — propose Susan.

— Ottima idea — rispose Briscola. — Vuoi dire quella gialla vicina al centro dell’arco?

— No — ribatté Susan. — Intendo la mela rossa sopra il bastione.

Il nano scosse la testa.

— Sembra piuttosto una ciliegia — borbottò, ma non aggiunse altro.

Fecero testa o croce per decidere a chi spettava il primo tiro (con grande curiosità di Briscola, che non aveva mai visto lanciare una moneta in aria prima di allora) e Susan perse. Avrebbero dovuto tirare dalla cima delle scale che portavano dalla sala d’ingresso al cortile; dalla posizione che il nano aveva assunto, e da come impugnava l’arco, capirono tutti che sapeva il fatto suo.

Twang! Ecco il primo tiro, indubbiamente ottimo. La piccola mela tremò, appena sfiorata dalla freccia, e una foglia cadde al suolo, svolazzando. Poi fu la volta di Susan, che raggiunse la cima della scala e tese l’arco. Se Edmund si era mostrato entusiasta di duellare con Briscola, Susan non era contenta di gareggiare con lui: e non perché temesse di non colpire la mela, ma perché era così buona e generosa che le dispiaceva affrontare qualcuno che poteva considerarsi sconfitto in partenza. Il nano la guardò attentamente prendere la mira, con la freccia accostata all’orecchio; un attimo dopo, con un tonfo lieve e soffocato che tutti poterono sentire nella quiete del luogo, la mela cadde sul manto erboso, trafitta dalla freccia di Susan.

— Sei stata grande! — gridarono in coro i fratelli.

— Pressappoco come lui — esclamò Susan, rivolgendosi al nano. — Sai, credo ci fosse un leggero alito di vento, quando hai tirato tu.

— No, no, l’aria era ferma — rispose Briscola. — Non aggiungere altro, so riconoscere la sconfitta. E non è una giustificazione il fatto che, quando il braccio è tornato indietro, la cicatrice della mia ultima ferita abbia rallentato il tiro.

— Davvero, sei ferito? — chiese Lucy. — Fammi vedere.

— No, non è un bello spettacolo per una ragazzina — replicò Briscola. Poi fece una pausa. — Ecco, ricomincio a dire stupidaggini. Sarai certo un medico portentoso, come tuo fratello è un mago della spada e tua sorella non ha rivali nel tiro con l’arco. — Briscola sedette sui gradini, si tolse la corazza e fece scivolare la cotta di maglia, mostrando un braccio muscoloso e coperto di peluria come quello di un marinaio, ma delle dimensioni di quello di un bambino. Sulla spalla c’era una benda di fortuna che Lucy srotolò immediatamente. Sotto la fasciatura comparve un taglio abbastanza profondo, gonfio e infetto.

— Oh, povero Briscola — esclamò Lucy. — Che cosa orribile. — Con delicatezza versò sulla ferita una goccia del liquido magico che teneva nella fiaschetta.

— Ehi, cosa mi hai fatto? — chiese Briscola. Ma sebbene strabuzzasse gli occhi e allungasse la testa per guardare meglio, e avesse scostato la barba, non riuscì a vedersi le spalle. Allora cominciò a toccarsi, allungando mani e braccia per arrivare dove poteva, come quando cerchiamo di grattarci in un punto che non riusciamo a raggiungere. Infine cominciò a muovere il braccio avanti e indietro, lo sollevò e fece il muscolo, dopodiché balzò in piedi gridando: — Per tutti i giganti e i ginepri, la ferita si è rimarginata. Sembro nuovo! — Cominciò a ridere e aggiunse: — Be’, nessun nano si è mai comportato in modo tanto stupido. Non siete offesi, vero? lo non sono che l’umilissimo servo delle Vostre Maestà. Sì, il vostro umilissimo servo. E grazie ancora per avermi salvato la vita, per avermi curato, avermi offerto la colazione e… per la lezione che mi avete dato.

I ragazzi dissero che tutto era a posto e che non dovevano parlarne più.

— E adesso — suggerì Peter — se ti sei finalmente deciso a credere in noi…

— Sì, ci credo — interruppe il nano.

— Bene, mi pare chiaro che dobbiamo raggiungere re Caspian immediatamente.

— Prima arriveremo da lui, meglio sarà — disse Briscola. — La mia stupidità ci ha già fatto perdere almeno un’ora.

— Ripercorrendo la strada che hai fatto tu, impiegheremo un paio di giorni: noi non possiamo camminare giorno e notte come i nani. — Peter si voltò verso gli altri. — Quella che Briscola chiama la Casa di Aslan altro non è che la Tavola di Pietra, ricordate? Ci vuole circa mezza giornata di marcia, da laggiù al guado di Beruna.

— Il ponte di Beruna, vuoi dire — ribatté il nano.

— Ai nostri tempi il ponte non c’era — chiarì Peter. — E comunque, da Beruna fino a qui c’è un altro giorno, se tutto va bene. Camminando velocemente, potremmo raggiungere Caspian in un giorno e mezzo.