Methowa-Tasky aveva sgranato gli occhi. Non aveva sentito niente. Ma già allora, così giovane — non aveva ancora tredici anni -, Ta-Kumsaw non aveva avuto il minimo dubbio. L’aveva sentito. Era vero. Era stato commesso un omicidio, e lui doveva recarsi immediatamente dal moribondo.
Fu Ta-Kumsaw ad aprire la strada, lanciandosi di corsa nella boscaglia. Come tutti i Rossi ai vecchi tempi, la sua armonia con la foresta era completa. Non aveva bisogno di pensare a dove metteva i piedi; sapeva che i ramoscelli secchi avrebbero docilmente ceduto sotto i suoi mocassini, le foglie si sarebbero inumidite per non frusciare, i rami che piegava sarebbero subito tornati a posto senza lasciar traccia del suo passaggio. Certi Bianchi si vantavano di sapersi muovere in silenzio come Rossi, e in verità alcuni vi riuscivano: ma lo facevano muovendosi lentamente, con cautela, guardando il terreno, girando intorno ai cespugli. Non avrebbero mai potuto capire di quanta poca attenzione un Rosso avesse bisogno per non fare alcun rumore, per non lasciare alcuna traccia.
Ciò a cui Ta-Kumsaw prestava attenzione non erano i suoi passi, né la sua persona. Era la vita verde della boscaglia che lo circondava, e proprio al centro, davanti ai suoi occhi, il gorgo nero che lo risucchiava verso il basso, sempre più in fretta, sempre più vorticosamente, verso il luogo in cui il verde della terra vivente si era lacerato come una ferita per lasciar passare l’assassino. Molto prima di giungere sul posto, anche Methowa-Tasky riusciva ad avvertirlo. Ed ecco che, disteso a terra davanti a loro, videro il padre, con il viso devastato da una pallottola. E accanto a lui, silenzioso e cieco, era ritto il decenne Lolla-Wossiky.
Ta-Kumsaw portò a casa il corpo del padre dopo esserselo gettato di traverso sulle spalle come la carcassa di un cervo. Methowa-Tasky guidava Lolla-Wossiky tenendolo per mano: il ragazzo da solo non avrebbe mosso un passo. La madre lo accolse con alte urla di dolore, perché anche lei aveva avvertito la morte, ma non aveva capito che si trattava del marito finché i figli non gliel’avevano riportato. La donna legò il cadavere del marito alla schiena di Ta-Kumsaw; poi questi si arrampicò sull’albero più alto, sciolse i legami e legò il corpo al ramo più alto al quale fu in grado di arrivare.
Sarebbe stato molto male se avesse cercato di salire troppo in alto, e il corpo del padre fosse sfuggito alla sua presa. Ma Ta-Kumsaw non cercò di salire più di quanto le forze gli avrebbero permesso. Legò il padre a un ramo così alto che il sole gli lambiva il viso dall’alba al tramonto. Gli uccelli e gli insetti avrebbero divorato la sua carne; il sole e il vento l’avrebbero essiccato; la pioggia avrebbe riportato al suolo ciò che di lui fosse rimasto. Ecco come Ta-Kumsaw restituì suo padre alla terra.
Ma che fare di Lolla-Wossiky? Il ragazzo non diceva nulla, non mangiava se non imboccato, e non si muoveva d’un passo a meno che qualcuno non lo prendesse per mano e lo guidasse. Sua madre era spaventata a morte. La mamma amava moltissimo Ta-Kumsaw, più di quanto qualsiasi altra madre della tribù amasse chiunque dei suoi figli; ma ancora di più amava Lolla-Wossiky. Tutti le avevano sentito raccontare molte volte che Lolla-Wossiky, ancora piccolissimo, si metteva a piangere a ogni inizio d’inverno non appena l’aria si faceva tagliente. E lei non riusciva a farlo smettere, per quanto lo coprisse di pelli d’orso e mantelli di bisonte. Poi un giorno fu abbastanza grande da parlare e spiegarle il motivo per cui piangeva. «Tutte le api stanno morendo» disse. Ecco com’era Lolla-Wossiky, l’unico Shaw-Nee che riuscisse a sentire la morte delle api.
Questo era il ragazzo che si trovava al fianco del padre quando il colonnello Bill Harrison aveva ucciso quest’ultimo con una fucilata. Se Ta-Kumsaw aveva avvertito quell’assassinio come una coltellata a mezza giornata di cammino di distanza, che cosa aveva provato Lolla-Wossiky, così vicino e già così sensibile? Se a ogni inizio d’inverno piangeva per la morte delle api, che cosa aveva provato quando un Bianco gli aveva assassinato il padre sotto gli occhi?
Trascorso qualche anno, Lolla-Wossiky finalmente aveva ricominciato a parlare, ma negli occhi non aveva più lo stesso fuoco di prima, e si era fatto disattento. L’occhio l’aveva perso proprio per questo, inciampando e cadendo sul ceppo frastagliato di un arbusto. Inciampando e cadendo! Quando mai a un Rosso accadeva una cosa del genere? Era come se Lolla-Wossiky avesse perso ogni sensibilità per la terra; era diventato ottuso come un Bianco.
O forse, pensò Ta-Kumsaw, forse il fragore di quell’antica fucilata gli echeggia ancora in testa rendendolo sordo a qualsiasi altra cosa; forse quell’antico dolore è ancora così acuto che il mondo vivente non riesce più a solleticarlo. Dolore e soltanto dolore, finché la prima sorsata di whisky non aveva fatto capire a Lolla-Wossiky come renderlo un po’ meno straziante.
Ecco perché Ta-Kumsaw non picchiava mai Lolla-Wossiky quando questi si ubriacava, anche se non avrebbe esitato a schiaffeggiare qualsiasi altro Shaw-Nee, persino uno dei suoi fratelli, persino un vecchio, se l’avesse sorpreso con il veleno dell’uomo bianco tra le mani.
Ma l’uomo bianco non riusciva mai a capire che cosa vedesse, udisse o provasse l’uomo rosso. L’uomo bianco aveva portato solo morte e desolazione. L’uomo bianco abbatteva vecchi alberi saggi, con molte storie da raccontare, giovani virgulti con molte vite davanti a sé; e l’uomo bianco non chiedeva mai all’albero se era disposto a diventare una casa per lui e per la sua tribù. Tagliare, abbattere, diboscare e bruciare: ecco il sistema dell’uomo bianco. Prendere dalla foresta, prendere dalla terra, prendere dal fiume, e non restituire mai nulla. L’uomo bianco uccideva animali dei quali non aveva alcun bisogno, animali che non gli facevano alcun male; eppure se un orso si svegliava affamato durante l’inverno e osava prendersi anche un solo porcellino, l’uomo bianco per vendicarsi lo braccava e lo ammazzava. Era del tutto incapace di sentire l’equilibrio della terra.
Non c’era da meravigliarsi se la terra odiava l’uomo bianco! Non c’era da meravigliarsi se tutto ciò che nella terra v’era di naturale si ribellava ai suoi passi, scricchiolando sotto il suo peso, piegandosi dalla parte sbagliata, gridando all’uomo rosso: «Ecco dov’è il nemico! Ecco dov’è l’intruso, tra questi cespugli, su questa collina!» L’uomo bianco diceva per scherzo che i Rossi avrebbero potuto seguire le tracce di un uomo anche sull’acqua, e poi rideva come se non fosse stato vero. Ma era vero, perché, quando un Bianco passava accanto a un fiume o a un lago, l’acqua ribolliva, schiumava e s’increspava per ore e ore, annunciando a gran voce il suo passaggio.
E adesso ecco Hooch Palmer, mercante di veleno, astuto assassino, che scioccamente dava fuoco alla sella di un altro uomo bianco, pensando che nessuno se ne accorgesse. Quegli uomini bianchi, coi loro ridicoli giochetti. Quegli uomini bianchi, coi loro talismani e i loro incantesimi. Non sapevano forse che talismani e incantesimi li proteggevano solo da cose innaturali? Se arriva un ladro consapevole di commettere una cattiva azione, allora un talismano predisposto a regola d’arte accresce la sua paura finché quello non scappa via urlando. Ma l’uomo rosso non è mai ladro. L’uomo rosso è parte di questa terra ovunque egli si trovi. Per lui, il talismano è solo un punto freddo, un alito di vento. Per lui il dono del Bianco è come una mosca che ronza, ronza, ronza. Sopra la mosca, in alto nel cielo, la forza della terra vivente è come cento falchi che volano in cerchio, guardano, scrutano.
Ta-Kumsaw guardò Hooch voltarsi e tornare al forte. Entro breve tempo Hooch si sarebbe messo a vendere il suo veleno alla luce del sole. La maggior parte dei Rossi che si trovavano al forte sarebbero stati ubriachi. Allora Ta-Kumsaw si sarebbe messo di guardia. Non avrebbe dovuto rivolgere la parola a nessuno. Al solo vederlo, tutti coloro ai quali fosse rimasta una sola briciola d’orgoglio se ne sarebbero andati senza bere. Ta-Kumsaw non era ancora un capo. Ma Ta-Kumsaw non poteva essere ignorato. Ta-Kumsaw era l’orgoglio degli Shaw-Nee. Tutti gli altri uomini rossi, a qualsiasi tribù appartenessero, avrebbero dovuto fare i conti con lui. Nel vedere quell’uomo alto e possente, i Rossi ubriaconi si sarebbero fatti piccoli dentro, fino a sentirsi scomparire.