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Forse a bella posta, o forse no, il ladro in fuga si diresse di corsa verso Ta-Kumsaw, fermandosi proprio davanti a lui. Ta-Kumsaw abbassò lo sguardo. Alla luce delle stelle, lo aveva riconosciuto.

«Lolla-Wossiky» chiamò.

«Ho preso un barilotto» disse Lolla-Wossiky.

«Quel barilotto io dovrei sfondarlo» ribatté Ta-Kumsaw.

Lolla-Wossiky inclinò la testa come aveva fatto il pettirosso, guardando fisso il fratello. «Allora sarei costretto a prenderne un altro.»

In quel momento gli uomini bianchi che inseguivano Lolla-Wossiky giunsero al portone, e urlarono alla guardia di aprire. Questo debbo ricordarmelo, pensò Ta-Kumsaw. Può essere un buon sistema per farsi aprire. Mentre questo pensiero gli attraversava la mente, tuttavia, mise il braccio intorno alle spalle del fratello, barilotto e tutto. Ta-Kumsaw sentì la terra verde pulsargli dentro con forza come un secondo battito del cuore, e mentre teneva stretto il fratello quella stessa forza della terra affluì nel corpo di Lolla-Wossiky. Ta-Kumsaw lo sentì trattenere il fiato.

I Bianchi corsero fuori del forte. E sebbene Ta-Kumsaw e Lolla-Wossiky fossero allo scoperto, in piena vista, i soldati bianchi non li videro. O meglio, videro i due Shaw-Nee, ma semplicemente non fecero caso alla loro presenza. Li oltrepassarono di corsa, urlando e sparando a casaccio tra gli alberi. Poi si radunarono vicino ai due fratelli, così vicini che sarebbe loro bastato allungare un braccio per toccarli. Ma non allungarono il braccio, né toccarono i due Rossi.

Qualche tempo dopo i Bianchi rinunciarono alle loro ricerche per far ritorno al forte, brontolando e imprecando.

«Era quel Rosso orbo da un occhio.»

«Lo Shaw-Nee sempre ubriaco.»

«Lolla-Wossiky.»

«Se lo trovo, lo ammazzo.»

«Alla forca, il maledetto.»

E mentre dicevano queste cose, Lolla-Wossiky era ritto in piedi a nemmeno un tiro di sasso da loro, con il barilotto sulla spalla.

Quando l’ultimo uomo bianco fu rientrato nel forte, Lolla-Wossiky ridacchiò.

«Col veleno dell’uomo bianco sulla spalla, tu ridi» disse Ta-Kumsaw.

«Rido con il braccio di mio fratello sulle spalle» rispose Lolla-Wossiky.

«Lascia quel whisky, fratello, e vieni con me» lo esortò Ta-Kumsaw. «Il pettirosso ha udito la mia storia, e mi ricorda nella sua canzone.»

«Allora per tutta la vita ascolterò quella canzone e sarò felice» disse Lolla-Wossiky.

«La terra è con me, fratello. Io sono il volto della terra, la terra è il mio sangue e il mio respiro.»

«Allora sentirò battere il tuo cuore nei palpiti del vento» disse Lolla-Wossiky.

«Ricaccerò l’uomo bianco in mare» affermò Ta-Kumsaw.

Per tutta risposta, Lolla-Wossiky si mise a piangere; non il pianto di un ubriaco, ma i grevi, asciutti singhiozzi di un uomo sopraffatto dal dolore. Ta-Kumsaw cercò di abbracciarlo più forte, ma il fratello lo respinse e barcollò via nell’oscurità della foresta, sempre col barilotto sulle spalle.

Ta-Kumsaw non lo seguì. Sapeva perché suo fratello era così triste: perché la terra aveva donato a Ta-Kumsaw poteri sufficienti a starsene in mezzo a una folla di Bianchi ubriachi, invisibile ai loro occhi come un albero della foresta. E Lolla-Wossiky sapeva che quali che fossero i poteri del fratello, i suoi avrebbero dovuto essere dieci volte superiori. Ma l’uomo bianco aveva rubato a Lolla-Wossiky i suoi poteri con il fucile e col liquore, finché lui non fosse stato abbastanza uomo da far sì che il pettirosso imparasse la sua canzone, o la terra colmasse il suo cuore.

Non importa, non importa, non importa.

La terra mi ha scelto perché io fossi la sua voce, e io debbo cominciare a parlare. Non resterò più qui, a cercare di infondere un po’ di vergogna in quei poveri ubriaconi che sono già stati uccisi dalla loro sete per il veleno dell’uomo bianco. Non lancerò più avvertimenti ai Bianchi bugiardi. Andrò tra i Rossi che sono ancora vivi, ancora uomini, e li radunerò insieme. E come un unico, grande popolo ricacceremo l’uomo bianco di là dal mare.

III

DE MAUREPAS

In piedi uno accanto all’altro sul ponte della chiatta fluviale, Frederic, il giovane conte de Maurepas, e Gilbert, l’anziano marchese de La Fayette, spingevano lo sguardo sul lago Irrakwa. La vela della Marie-Philippe era ormai chiaramente visibile. Da ore ne osservavano il lento avvicinarsi sulle acque dell’ultimo e del più basso dei Grandi Laghi.

Frederic non ricordava l’ultima volta che si era sentito così umiliato come francese. Forse la volta che il cardinale Comesichiama aveva cercato di corrompere la regina Maria Antonietta. Certo, all’epoca Frederic aveva solo venticinque anni ed era soltanto un ragazzo, giovane e immaturo, senza esperienza del mondo. Aveva pensato che per la Francia non potesse esservi umiliazione più grande della notizia che un cardinale arrivasse veramente a pensare che la regina potesse farsi corrompere da una collana di diamanti. O che potesse farsi corrompere in assoluto, se era per questo. Ora, ovviamente, capiva che la vera umiliazione stava nel fatto che un cardinale francese fosse così idiota da pensare che corrompere la regina potesse servirgli a qualcosa; il massimo che Maria Antonietta potesse fare era influenzare il re, e siccome il vecchio re Luigi non influenzava mai nessuno, la cosa finiva lì.

L’umiliazione personale era dolorosa. L’umiliazione della propria famiglia era di gran lunga più dolorosa. L’umiliazione della propria posizione sociale era un’atroce sofferenza. Ma l’umiliazione della propria nazione era la cosa peggiore che potesse toccare a un essere umano.

Ora se ne stava lì su una chiatta fluviale, una chiatta americana, ormeggiata alla riva di un canale americano, in attesa di un generale francese. Perché quel canale non era francese? Perché non erano stati i francesi per primi a realizzare quell’efficiente sistema di chiuse costruendo un canale sulla sponda canadese delle cascate?

«Non crucciarti, mio caro Frederic» mormorò La Fayette.

«Non sto crucciandomi, mio caro Gilbert.»

«Sbuffando, allora. Non fai altro che sbuffare.»

«Sto solo tirando su col naso. Ho un po’ di raffreddore.» Il Canada era indubbiamente diventato il deposito della peggior feccia della società francese, pensò Frederic per la millesima volta. Persino i nobili finiti quaggiù sono gente imbarazzante. Il marchese de La Fayette, membro della… no, fondatore della Società dei Foglianti, il che in pratica equivaleva a dire che era un traditore, nemico dichiarato di re Carlo. Fanfaluche democratiche. Allora quasi meglio un giacobino come quel terrorista di Robespierre. Ovviamente La Fayette l’avevano esiliato in Canada, dove non poteva fare gran danno. Tranne umiliare la Francia in questa maniera inopportuna…

«Il nostro nuovo generale ha portato con sé diversi ufficiali del suo stato maggiore» disse La Fayette «e tutti i loro bagagli. Non avrebbe alcun senso sbarcarli e trasportarli faticosamente per via di terra, quando si può fare tutto il viaggio per via d’acqua. In questo modo avremo tutto il tempo per fare la loro conoscenza.»

Poiché La Fayette con la sua abituale grettezza (che disgrazia per l’aristocrazia!) insisteva nell’esprimersi apertamente sulla questione, Frederic fu costretto ad abbassarsi al suo livello esprimendosi con altrettanta brutalità. «Un generale francese non dovrebbe essere costretto a viaggiare sul suolo straniero per raggiungere la sua destinazione!»

«Ma, mio caro Frederic, il nostro generale non avrà assolutamente bisogno di metter piede sul suolo americano! Dovrà solo passare da un’imbarcazione all’altra, restando sempre sull’acqua.»

Il sorriso sciocco e affettato di La Fayette era insopportabile. Scherzare su quella macchia per l’onore della Francia. Perché, oh, perché mai il padre di Frederic non era riuscito a conservare un po’ più a lungo il favore del re, in modo che Frederic potesse restare in Francia quel tanto che gli sarebbe bastato a guadagnarsi una promozione a qualche comando dal nome altisonante, per esempio «maresciallo della Marcia Italiana» o simili — ma esisteva davvero un comando del genere? — o comunque essere mandato da qualche parte dove si mangiasse decentemente, dove ci fossero musica, balli e spettacoli teatrali… ah, Molière! In Europa, insomma, dove avrebbe potuto affrontare nemici civili come gli austriaci, i prussiani e persino gli inglesi (anche se in questo modo si estendeva alquanto il significato del termine «civile»). Invece si trovava lì, intrappolato per l’eternità (a meno che suo padre non fosse riuscito a insinuarsi nuovamente nelle grazie del re), costretto ad affrontare una continua invasione di feccia inglese, gente spregevole e incolta, i peggiori rifiuti della società britannica, per non parlare degli olandesi, degli svedesi e dei tedeschi… oh, gente a cui non riusciva neanche a pensare. Non parliamo poi degli alleati! Tribù di Rossi che lungi dall’esser cristiani non erano nemmeno eretici… erano pagani, e metà delle operazioni militari, laggiù a Detroit, consistevano nell’acquistare quei disgustosi trofei sanguinolenti…