«Io accusarti di tradimento?» protestò Frederic. «Niente di più lontano dalle mie intenzioni!» Ma si fece ugualmente il segno della croce, nella remota eventualità che fosse veramente stato il diavolo a rivelare i suoi pensieri a La Fayette. «Non ti sembra di avere perso anche troppo tempo a guardare gli scaricatori? Mi pareva che su quella nave ci fosse un ufficiale al quale dovevamo fare buona accoglienza.»
«Come mai adesso sei così ansioso di vederlo?» chiese La Fayette. «Ieri non facevi che ricordarmi che in fin dei conti ha origini plebee. Mi pare anzi che tu stesso avessi detto che aveva iniziato la carriera militare come semplice caporale.»
«Adesso è diventato generale, e Sua Maestà ha ritenuto opportuno inviarlo qui» ribatté freddamente Frederic, scegliendo con cura le parole. Ma La Fayette continuava a sorridere divertito. Prima o poi, Gilbert, prima o poi.
Sul molo si agitavano disordinatamente parecchi ufficiali in alta uniforme, ma nessuno di loro era un generale. L’eroe della battaglia di Madrid voleva fare un’entrata in grande stile. O si aspettava che un marchese e il figlio di un conte andassero a presentarsi alla sua cabina? Impensabile.
Difatti non lo pensava. Gli ufficiali indietreggiarono, e dal loro punto di osservazione sul ponte della chiatta, de Maurepas e La Fayette lo videro scendere la scaletta della Marie-Philippe e metter piede sul molo.
«Ma guarda, non è poi molto alto, eh?» osservò Frederic.
«Nella Francia meridionale è difficile vedere gente di alta statura.»
«Francia meridionale!» esclamò Frederic in tono sprezzante. «È nato in Corsica, mio caro Gilbert. Il che significa che in realtà non può nemmeno dirsi francese, ma piuttosto italiano.»
«Ha sbaragliato l’esercito spagnolo in tre settimane, sostituendo il suo superiore colpito da un attacco di dissenteria» gli ricordò La Fayette.
«Un atto di insubordinazione per il quale avrebbe dovuto essere degradato» ribatté Frederic.
«Sono perfettamente d’accordo» disse La Fayette. «Solo, vedi, ha vinto la guerra, e re Carlo, visto che in questo modo aggiungeva alla sua collezione di copricapi la corona di Spagna, ha ritenuto che fosse una meschinità spedire di fronte a una corte marziale il soldato che gliel’aveva procurata.»
«Disciplina prima di tutto. Ciascuno deve sapere qual è il suo posto e restarvi, altrimenti può derivarne solo il caos.»
«Indubbiamente. Be’, in realtà lo hanno punito. L’hanno fatto generale, ma poi l’hanno mandato qui. Non hanno voluto che mettesse il naso nella campagna d’Italia. A re Carlo non spiacerebbe diventare doge di Venezia, ma questo generale Bonaparte potrebbe farsi prendere la mano, catturare l’intero collegio dei cardinali e farlo eleggere papa.»
«Il tuo senso dell’umorismo è assolutamente delittuoso.»
«Frederic, guarda quell’uomo.»
«Lo sto guardando.»
«Allora non guardarlo. Guarda gli altri. Guarda i suoi ufficiali. Hai mai visto dei soldati mostrare tanto amore per il loro comandante?»
Frederic distolse con riluttanza lo sguardo dal generale corso e guardò i sottoposti che in silenzio seguivano i suoi passi. Non lo facevano come cortigiani: nessuno di loro dava l’idea di voler scavalcare gli altri. Era come… era come… Frederic non riusciva a trovare le parole.
«È come se ciascuno sapesse di essere amato e stimato incondizionatamente dal suo generale.»
«Un sistema ridicolo, se è in questo che consiste» disse Frederic. «Non si possono tenere i sottoposti sotto controllo se non si incute in ciascuno di loro il costante timore di perdere la propria posizione.»
«Andiamogli incontro.»
«Assurdo! È lui che deve venire da noi!»
Ma La Fayette, come al solito, non esitò un istante a tradurre la parola in atto; mentre Frederic ancora protestava, il governatore era già sul molo e copriva a lunghi passi gli ultimi metri finché non si trovò a tu per tu con Bonaparte e ricevette il suo saluto. Frederic tuttavia conosceva bene tanto la propria posizione quanto quella di Bonaparte, e sapeva che doveva essere quest’ultimo a presentarsi a lui. Se di Bonaparte avevano potuto fare un generale, nessuno avrebbe mai potuto farne un gentiluomo.
La Fayette, come c’era da aspettarsi, lo stava adulando. «Generale Bonaparte, siamo onorati di avervi qui. Mi rincresce soltanto di non potervi offrire i divertimenti di Parigi…»
«Signor governatore» disse Bonaparte — ovviamente sbagliando la forma di cortesia — «i divertimenti di Parigi io non li ho mai conosciuti. Tutti i miei momenti più felici li ho vissuti sul campo.»
«Anche per la Francia i momenti più felici sono stati sul campo, assieme a voi. Venite, vi presento il generale de Maurepas. Sarà il vostro ufficiale superiore a Detroit.»
Frederic percepì la brevissima pausa prima che La Fayette pronunciasse la parola «superiore.» Frederic capiva subito quando qualcuno voleva prendersi beffe di lui. Ricorderò ogni affronto, Gilbert, e saprò ripagarti della stessa moneta.
Gli Irrakwa erano molto efficienti nel trasferimento delle merci; non era trascorsa un’ora che la chiatta aveva già mollato gli ormeggi. Naturalmente La Fayette trascorse il primo pomeriggio a decantare a Bonaparte le meraviglie della macchina a vapore di Stephenson. Bonaparte simulò un estremo interesse, facendo una quantità di domande sulla possibilità di trasporto di truppe, sulla rapidità con cui si potevano stendere le rotaie dietro un esercito in marcia, e sulla possibilità che la strada ferrata fosse interrotta da azioni nemiche. Ma quella conversazione era così noiosa che Frederic non riusciva a capire come Bonaparte potesse sopportarla. Ovviamente un ufficiale doveva fingersi interessato a tutto ciò che diceva un governatore, ma Bonaparte stava veramente esagerando.
Prima che fosse trascorso molto tempo Frederic venne ovviamente tagliato fuori dalla conversazione, ma lui non se ne curò. Lasciò che i suoi pensieri divagassero, andando alla fine a posarsi su quell’attrice, come si chiamava, che aveva interpretato deliziosamente quella parte, o forse era una ballerina? A ogni modo Frederic ne ricordava le gambe, bellissime gambe, ma lei si era rifiutata di venire in Canada con lui, sebbene egli le avesse giurato eterno amore e le avesse promesso di darle una casa ancora più bella di quella che avrebbe costruito per sua moglie. Se solo fosse venuta! Certo, avrebbe potuto morire di febbri, com’era accaduto a sua moglie. Perciò forse era meglio così. Chissà se calcava ancora le scene a Parigi? Bonaparte di certo non lo sapeva, ma poteva darsi che qualcuno dei suoi ufficiali l’avesse vista. Avrebbe dovuto informarsi.
Ovviamente cenarono alla tavola della governatrice Arcobaleno, visto che si trattava dell’unica tavola disponibile sulla chiatta. La governatrice aveva inviato le sue scuse, dicendosi spiacente di non poter fare la conoscenza dei distinti ospiti francesi; si augurava tuttavia che il personale si dimostrasse all’altezza della situazione. Frederic, pensando immediatamente a un cuoco Irrakwa, si era fatto coraggio disponendosi a consumare l’ennesimo atroce pasto a base di coriacea cartilagine di cervo: difficile definire «cacciagione» simili pietanze. Chi avrebbe potuto immaginare che il cuoco fosse francese! Un ugonotto, o meglio nipote di ugonotti, ma esente da rancori, e di conseguenza la cena fu squisita. Chi mai si sarebbe aspettato di trovare una grande cucina francese in un posto come quello, senza nemmeno l’eccesso di spezie tipico della cucina acadiana!