Ottima cosa, dunque, che i Rossi amassero il liquore a tal punto da non volerne versare neanche una goccia. Non una canoa si avvicinò mai troppo; non una freccia si piantò con un tonfo sordo in un barile, restando lì a vibrare; e Hooch e i suoi barili e barilotti navigarono tranquilli e beati fino a Carthage City, che era il pomposo nome dato dal governatore Harrison a un fortino presidiato da cento soldati che sorgeva proprio alla confluenza tra il Piccolo My-Ammy e l’Hio. Ma Bill Harrison era il tipo d’uomo che prima dava il nome al posto, e poi lavorava duro per far sì che il posto fosse all’altezza del nome. E difatti stavolta fuori del fortino si levava il fumo di non meno di cinquanta comignoli, il che significava che Carthage City si poteva ormai quasi dire un villaggio.
Li udirono urlare ancor prima di giungere in vista dell’attracco. Dovevano esserci Rossi che trascorrevano metà della loro esistenza accampati sulla sponda del fiume in attesa che arrivasse la chiatta del liquore. E Hooch sapeva che stavolta erano particolarmente ansiosi, anche perché a Fort Dekane si era accertato, ungendo le ruote giuste, che gli altri mercanti di liquori restassero bloccati laggiù finché la vecchia Carthage City non fosse stata più asciutta di una tetta di toro. Ma ecco che arrivava Hooch con la sua chiatta e un carico come quelli non avevano mai visto in vita loro. Stavolta ne avrebbe ricavato un bel gruzzoletto, questo era certo.
Bill Harrison poteva essere vanesio come una pernice, darsi tutte le arie che voleva e farsi chiamare «governatore» anche se nessuno lo aveva mai eletto o nominato a quella carica se non lui stesso, ma il suo mestiere lo sapeva fare, eccome. Sull’imbarcadero aveva piazzato in perfetto ordine quei ragazzi con le loro belle uniformi, i moschetti carichi e pronti a far fuoco sul primo Rosso che avesse osato anche solo muovere un passo verso la riva. E non era una formalità: si vedeva lontano un miglio che quei Rossi erano proprio assatanati. Non che saltassero su e giù come bambini, figuriamoci: se ne stavano lì e basta, ritti in piedi a guardare, allo scoperto, senza curarsi di essere visti, mezzi nudi come era loro abitudine durante l’estate. In piedi e umili, pronti a inchinarsi goffamente strofinando i piedi per terra, a implorare e pregare, a dire: per favore, signor Hooch, un barilotto per trenta pelli di cervo, oh, quella sì che sarebbe stata musica per i suoi orecchi, musica celestiale; per favore, signor Hooch, una tazza di stagno piena di liquore per queste dieci pelli di topo muschiato. «Yu-huuu!» gridò Hooch. I suoi uomini lo fissarono come se fosse impazzito, perché non lo sapevano, loro, non avevano mai visto quei Rossi com’erano una volta, prima che il governatore Harrison mettesse su bottega da quelle parti, quando i Rossi non si degnavano neanche di guardarlo, l’uomo bianco, e tu dovevi strisciare in quelle loro capanne e mezzo soffocato dal fumo e dai vapori dovevi startene lì seduto a gesticolare e a parlare quel loro gergo da trogloditi finché non ti davano il permesso di aprire bottega. Una volta quei Rossi sarebbero stati armati di arco e di lancia, e tu saresti morto di paura all’idea che potessero preferire il tuo scalpo alle tue merci.
Ma ormai era acqua passata. Ora non ce n’era più uno che girasse armato. Ora se ne stavano tutti quanti con la lingua penzoloni in attesa del liquore. E poi bevevano, bevevano, bevevano, bevevano e bevevano, e yu-huuu! Prima di smettere di bere, cadevano morti stecchiti, che era la cosa migliore di tutte, proprio la migliore in assoluto. L’unico Rosso buono è un Rosso morto, diceva sempre Hooch, e, vista la piega che lui e Bill Harrison erano riusciti a dare alla faccenda, a forza di bere quei Rossi morivano come mosche, e pagando per il privilegio.
Quando attraccarono all’imbarcadero di Carthage City, Hooch era praticamente l’uomo più felice della terra. Liberi di non crederci, ma il sergente addirittura lo salutò! Una bella differenza da come si erano comportati quei funzionari del governo degli Stati Uniti, lassù a Suskwahenny, che lo avevano trattato come sporcizia appena raschiata da una tazza del cesso. Quaggiù, in questi nuovi territori, gli spiriti liberi come Hooch venivano quasi sempre trattati come gentiluomini, e questo a Hooch andava benissimo. Che quei pionieri con quelle mogli rozze e brutte e quei marmocchietti tutti pelle e ossa andassero pure a tagliare alberi, dissodare la terra, coltivare il granturco e allevare maiali. Hooch era di un’altra pasta. Sarebbe arrivato dopo, quando i campi fossero stati verdi e rigogliosi e le case fossero sorte in file ordinate lungo le strade disposte ad angolo retto, e allora avrebbe tirato fuori i soldi e si sarebbe comprato la casa più grande della città, e il direttore della banca, vedendolo arrivare sul marciapiede, sarebbe sceso nel fango della strada per farlo passare, e il sindaco l’avrebbe chiamato «eccellenza»… posto che a quel punto non avesse deciso di diventare sindaco lui stesso.
Questo era il futuro che Hooch scorse davanti a sé quando, mettendo piede sulla riva, ricevette il saluto del sergente.
«Scarichiamo qui, signor Hooch?» chiese il sergente.
«Ho una polizza di carico» disse Hooch. «Sicché voi ragazzi vedete di non fare scherzi. Ho una mezza idea che però ci sia un barilotto di buon whisky di segale che per qualche motivo non dev’essere stato contato. Scommetto che se sparisse nessuno se ne accorgerebbe.»
«Ci staremo molto attenti, signore» disse il sergente, ma con un sorriso così largo da mostrare i molari, e Hooch capì che il sergente avrebbe trovato il modo di tenere per sé una buona metà di quel barilotto supplementare. Se era uno stupido, l’avrebbe venduto ai Rossi un po’ alla volta. Ma con un mezzo barilotto di whisky, di sicuro non si diventa ricchi. No, se era furbo quel mezzo barilotto l’avrebbe diviso, un bicchierino alla volta, con gli ufficiali che potevano procurargli una promozione, e a forza di insistere prima o poi quel sergente non sarebbe più stato sul molo ad accogliere le chiatte, nossignori, se ne sarebbe stato a sedere negli alloggi degli ufficiali con una bella moglie in camera da letto e una buona lama d’acciaio al fianco.
Non che Hooch avesse la minima intenzione di dirglielo. Per come la vedeva lui, se certe cose un uomo aveva bisogno di farsele spiegare, questo significava che non aveva abbastanza cervello da metterle in pratica. E se invece il cervello ce l’aveva, non aveva bisogno di farsi dare l’imbeccata da un mercante di liquori.
«Il governatore Harrison desidera vedervi» disse il sergente.
«E io desidero vedere lui» ribatté Hooch. «Ma prima ho bisogno di farmi il bagno, di radermi e di mettermi addosso qualcosa di pulito.»
«Il governatore ha detto di farvi sistemare nella sua vecchia residenza.»
«Vecchia?» chiese Hooch. Harrison si era fatto costruire una residenza ufficiale solo quattro anni prima. Hooch riusciva a pensare a un solo motivo per cui Bill potesse aver deciso di costruirsene un’altra così presto. «Non sarà mica che il governatore Bill si è trovato una nuova moglie?»
«Proprio così» disse il sergente. «Una vera bellezza e, se volete saperlo, ha solo quindici anni! Però è di Manhattan, e non parla granché l’inglese, o per lo meno quello che parla non somiglia molto all’inglese.»
Hooch non aveva problemi. L’olandese lo parlava parecchio bene, quasi come l’inglese, e molto meglio dello shawnee. Avrebbe fatto amicizia con la moglie di Bill Harrison in men che non si dica. Si trastullò addirittura con l’idea di… ma no, no, non era proprio il caso di inguaiarsi con la donna di un altro. Gli capitava spesso di farci un pensiero, ma sapeva che una volta messo piede su quella strada le cose tendevano a farsi troppo complicate per i suoi gusti. E poi in realtà, con tutte quelle squaw assetate che gli ronzavano intorno, che bisogno aveva di una donna bianca?