«Ora che tutti si sono messi a proprio agio» disse Harrison «perché non ti metti seduto, Ta-Kumsaw, e non ci spieghi perché sei venuto?»
Ta-Kumsaw non si mise a sedere, né chiuse la porta, né si mosse verso Harrison. «Io parlo per Shaw-Nee, Caska-Skeeaw, Pee-Orawa, Winny-Baygo.»
«Lasciamo andare, Ta-Kumsaw, sai benissimo che non parli nemmeno per tutti gli Shaw-Nee, figuriamoci poi per gli altri.»
«Tutte tribù che firmano trattato di generale Wayne» proseguì Ta-Kumsaw come se Harrison non avesse nemmeno aperto bocca. «Trattato dice Bianchi non vendere whisky a Rossi.»
«È giusto» disse Harrison. «E noi quel trattato lo rispettiamo.»
Senza guardare Hooch, Ta-Kumsaw alzò la mano e lo indicò. A Hooch parve che con quel dito Ta-Kumsaw lo avesse toccato veramente. Stavolta quella che provò non fu rabbia, ma autentica paura. Correva voce che alcuni Rossi possedessero un richiamo magico così potente che nessun talismano poteva proteggerti, e così quelli ti attiravano da solo nella foresta e ti facevano a fettine con i loro coltelli, per il puro gusto di sentirti urlare. Ecco a che cosa pensò Hooch, quando sentì che Ta-Kumsaw lo indicava con quel gesto carico di odio.
«Perché indichi il mio vecchio amico Hooch Palmer?» chiese Harrison.
«Oh, immagino che oggi tutti ce l’abbiano con me» disse Hooch. Rise, ma la risata non bastò a scacciare la paura.
«Lui porta chiatta piena di whisky» spiegò Ta-Kumsaw.
«Certo, ha portato un sacco di roba» confermò Harrison. «Ma se ha portato del whisky, questo verrà consegnato al vivandiere del forte, e puoi star certo che ai Rossi non ne sarà venduta neanche una goccia. Noi quel trattato lo rispettiamo, Ta-Kumsaw, anche se voialtri Rossi ultimamente non vi siete comportati troppo bene. Siamo al punto che le chiatte non possono più scendere l’Hio senza scorta, amico mio, e se la situazione non si calma temo che l’esercito dovrà intraprendere qualche azione.»
«Bruciare villaggio?» chiese Ta-Kumsaw. «Uccidere bambini? Vecchi? Donne?»
«Chi diavolo ti ha messo in testa queste idee?» chiese Harrison. Sembrava offeso a morte, anche se Hooch sapeva bene che quella descritta da Ta-Kumsaw era la tipica azione dell’esercito.
Hooch fu il primo a ribattere: «Voi Rossi bruciate vivi i contadini indifesi nelle loro capanne di tronchi, e i pionieri sulle loro imbarcazioni, non è vero? E allora che cosa ti fa pensare che i vostri villaggi debbano avere un trattamento migliore, eh?»
Nemmeno adesso Ta-Kumsaw lo guardò. «Legge inglese dice: uccidi l’uomo che ruba tua terra, non sei cattivo. Uccidi un uomo per rubare sua terra, tu molto cattivo. Quando noi uccidiamo contadini bianchi, noi non siamo cattivi. Quando voi uccidete uomini rossi che vivono qui da mille anni, voi siete molto cattivi. Trattato dice: tutti restano a est del fiume My-Ammy, ma loro non restano, e voi li aiutate.»
«Il signor Palmer ha parlato a sproposito» disse Harrison. «Qualsiasi cosa voi selvaggi facciate alla nostra gente — torturare gli uomini, violentare le donne, portarvi via i bambini per ridurli in schiavitù — noi non facciamo la guerra a chi non può difendersi. Siamo gente civile, e ci comportiamo in maniera civile.»
«Quest’uomo vende suo whisky a uomini rossi. Loro poi strisciare nella polvere come vermi. Quest’uomo dà suo whisky a donne rosse. Loro poi deboli come cerve ferite, fare tutto quello che lui vuole.»
«Se lo farà, lo arresteremo» replicò Harrison. «Lo processeremo e lo puniremo per avere infranto la legge.»
«Se lui fa questo, tu non arresti» disse Ta-Kumsaw. «Tu dividi pellicce con lui. Tu proteggi.»
«Non darmi del bugiardo» ribatté Harrison.
«Tu non dire bugie» disse Ta-Kumsaw.
«Se continui a rivolgerti ai Bianchi in questo tono, Ta-Kumsaw, vecchio mio, prima o poi qualcuno si arrabbierà sul serio e ti farà saltare le cervella.»
«Allora io sicuro tu arresti. Io sicuro tu processi e punisci perché lui andato contro legge.» Ta-Kumsaw pronunciò queste parole senza l’ombra di un sorriso, ma Hooch aveva trafficato con i Rossi abbastanza a lungo da capire il loro genere di ironia.
Harrison annuì gravemente. A Hooch venne da pensare che forse Harrison non si era reso conto che si trattava soltanto di sarcasmo, e magari riteneva che Ta-Kumsaw ci credesse veramente. Ma no, Harrison sapeva che sia lui sia Ta-Kumsaw stavano mentendo; e allora a Hooch balenò l’idea che quando due persone si mentono a vicenda e ciascuna delle due sa che l’altra sta mentendo, allora ci si avvicina maledettamente a dire la verità.
La cosa divertente era che invece Jackson a quella roba ci credeva per davvero. «Giusto» disse l’avvocato del Tennizy. «È il rispetto della legge a distinguere l’uomo civile dal selvaggio. I Rossi non sono ancora abbastanza evoluti, e se non siete disposti a riconoscere le leggi dei Bianchi, non vi resta che farvi da parte.»
Per la prima volta, Ta-Kumsaw guardò uno di loro diritto negli occhi. Fissò gelidamente Jackson e disse: «Questi uomini sono bugiardi. Sanno che cosa è vero, ma dicono che non è vero. Tu non sei bugiardo. Tu credi a quello che dici».
Jackson annuì gravemente. Era così vanitoso, tronfio e pieno di sé che Hooch non riuscì a resistere e cominciò a scaldare la sedia sulla quale Jackson era seduto, ma solo un pochino, il minimo necessario a fargli dimenare il fondoschiena. Tanto bastò a fargli cadere di dosso qualche strato di dignità. Ma Jackson continuava a pavoneggiarsi. «Io credo in quello che dico, perché dico la verità.»
«Tu dici quello che credi. Ma ancora non è verità. Come ti chiami?»
«Andrew Jackson.»
Ta-Kumsaw annuì. «Hickory.»
Jackson parve stupito e al tempo stesso assai lusingato che Ta-Kumsaw avesse sentito parlare di lui. «C’è chi mi chiama così.» Hooch riscaldò la sua sedia di qualche grado.
«Giacca Azzurra dice che Hickory è un brav’uomo.»
Pur continuando a non avere la minima idea del perché quella sedia fosse così scomoda, Jackson non poté più resistere. Saltò in piedi e si fece avanti, scrollando le gambe a ogni passo nel tentativo di raffreddarsi. Ma continuò a parlare, con tutta la dignità di cui era capace. «Sono felice che Giacca Azzurra la pensi così. È il capo degli Shaw-Nee del Tennizy, vero?»
«Qualche volta» disse Ta-Kumsaw.
«Che cosa significa, qualche volta?» chiese Harrison. «O è un capo, o non lo è.»
«Quando parla giusto è capo» chiarì Ta-Kumsaw.
«Be’, sono felice di sapere che ha fiducia in me» disse Jackson. Ma il suo sorriso era leggermente sforzato, perché Hooch era impegnato a riscaldargli il pavimento sotto i piedi e, a meno che il vecchio Hickory non riuscisse a spiccare il volo, stavolta era un po’ difficile che potesse sfuggirgli. Hooch non aveva intenzione di tormentarlo troppo a lungo. Solo finché non avesse visto Jackson fare un paio di saltelli, e poi cercare di spiegare perché si fosse messo a ballare di fronte a un giovane guerriero Shaw-Nee e al governatore William Henry Harrison.
Il giochetto di Hooch tuttavia andò a vuoto, perché in quel preciso momento Lolla-Wossiky crollò in avanti da sotto il tavolo, ruzzolando sul pavimento. Aveva gli occhi chiusi, e un sorriso ebete dipinto sul viso. «Giacca Azzurra!» esclamò. Hooch notò che l’alcol gli aveva finalmente impastato la voce. «Hickory!» sbraitò il Rosso orbo da un occhio.