«Ora so qual è la sua ferita» disse Ta-Kumsaw. «Soffre per la sua gente, per il sangue che gronda da quelle mani.»
«La sua sofferenza non è solo per i vivi, ma anche per i morti» aggiunse Scambiastorie. «Se lo conosco, la sua ferita più profonda è il pensiero di aver fallito, l’idea che se si fosse impegnato di più forse sarebbe riuscito a portare Measure sul Tippy-Canoe in tempo per fermarli prima che venisse sparato il primo colpo.»
«I Bianchi soffrono per i Bianchi» disse Ta-Kumsaw.
«Menti pure a te stesso, se vuoi» replicò Scambiastorie. «Ma a me non puoi mentire.»
«I Rossi non portano il lutto» spiegò Ta-Kumsaw. «In cambio del sangue versato oggi, i Rossi spargeranno il sangue dei Bianchi.»
«Credevo che tu fossi al servizio della terra» disse Scambiastorie. «Non ti rendi conto di quello che è successo oggi? Non ricordi dove ci troviamo? Hai visto una parte della Collina Ottagonale della quale non avevi mai sospettato l’esistenza, e perché? Perché la terra ci ha consentito di arrivarci insieme, perché…»
Ta-Kumsaw alzò una mano. «Per salvare questo ragazzo.»
«Perché Rossi e Bianchi possano vivere insieme su questa terra, se solo…»
Ta-Kumsaw stese la mano posando le dita sulle labbra di Scambiastorie.
«Non sono un contadino che tu possa incantare cianciando di mondi inesistenti» si adirò Ta-Kumsaw. «Va’ a raccontare le tue storie a chi le vuol sentire.»
Scambiastorie spinse via la mano di Ta-Kumsaw. O almeno quelle sarebbero state le sue intenzioni, ma in quel gesto mise troppa forza, facendo perdere l’equilibrio a Ta-Kumsaw. Questi balzò in piedi all’istante; Scambiastorie fece lo stesso.
«È così che si comincia!» urlò Ta-Kumsaw.
In mezzo a loro, Alvin si mosse nel sonno.
«Un uomo rosso ti ha fatto adirare, e tu l’hai colpito, proprio come avrebbe fatto qualsiasi altro Bianco, non avete alcuna pazienza…»
«Mi hai detto di tacere, mi hai detto che le mie storie erano…»
«Parole, ecco che cosa ti ho dato, parole e un tocco leggero, e tu mi hai risposto con un pugno.» Ta-Kumsaw sorrise. Era un sorriso terrificante, come veder emergere all’improvviso dall’oscurità della giungla le zanne di una tigre, gli occhi di brace, il manto di fiamma.
«Mi dispiace, non intendevo…»
«L’uomo bianco non intende mai far nulla, ma purtroppo non riesce a farne a meno, è sempre tutto uno sbaglio. Ecco come la pensate voialtri, non è vero, Bianco Bugiardo? La gente di Alvin ha ucciso la mia gente per sbaglio, perché pensava che fossero stati uccisi due ragazzi bianchi. E per vendicare due ragazzi bianchi hanno colpito alla cieca, proprio come hai fatto tu, e hanno massacrato novemila innocenti, neonati e madri, vecchi e bambini, e i cannoni…»
«La storia di Alvin l’ho sentita anch’io.»
«Allora è la mia che non ti piace? Non vuoi ascoltarla? Sei Bianco, Scambiastorie. E sei come tutti i Bianchi: lesti a chiedere perdono, tardi a perdonare; vi aspettate che gli altri siano pazienti, ma prendete fuoco come l’erba secca in una giornata di vento… Incendiate la foresta perché siete inciampati in una radice!» Ta-Kumsaw gli voltò le spalle cominciando a risalire il pendio a lunghi passi.
«Non puoi andartene senza di me!» esclamò Scambiastorie. «Dobbiamo restare insieme!»
Ta-Kumsaw si fermò, si voltò, gettò indietro la testa e rise senza allegria. «Non ho bisogno di sentieri per scendere, Bianco Bugiardo!» Poi si voltò riprendendo a salire verso la cresta della collina.
Alvin era sveglio, si capisce.
«Mi dispiace, Alvin» cominciò Scambiastorie. «Non sapevo…»
«No» disse Alvin. «Lasciami indovinare che cosa ha fatto. Ti ha toccato così.» Alvin toccò le labbra di Scambiastorie come aveva fatto Ta-Kumsaw.
«Sì.»
«È il gesto con cui le mamme Shaw-Nee fanno tacere un bambino che fa troppo baccano. Ma sarei pronto a scommettere che se un guerriero rivolge questo gesto a un altro uomo adulto… lo fa con l’intenzione di provocarlo.»
«Non avrei dovuto colpirlo.»
«Allora avrebbe fatto qualcos’altro, finché non ti fossero saltati i nervi.»
Scambiastorie non seppe trovare una risposta. Il ragazzo probabilmente aveva ragione. Sicuramente, anzi. Andare d’amore e d’accordo con un compagno bianco era l’ultima cosa che quel giorno Ta-Kumsaw sarebbe stato disposto a tollerare.
Alvin si riaddormentò. Scambiastorie esplorò gli immediati paraggi, ma non scoprì niente di particolare. Solo immobilità e pace. Non avrebbe neanche più saputo dire quale fosse l’albero dal quale aveva colto il frutto. Adesso gli sembrava che tutti quanti avessero foglie color verde argentato, e per quanto cercasse di allontanarsi procedendo in qualsiasi direzione, alla fine si ritrovava sempre a non più di qualche minuto di distanza da Alvin. Un posto strano, un posto del quale era impossibile crearsi una mappa mentale, un posto che non si riusciva a padroneggiare. Lì la terra ti dava solo quello che voleva, non un briciolo di più.
Quando Alvin si svegliò di nuovo e Scambiastorie lo aiutò a tirarsi in piedi, era quasi il tramonto.
«Barcollo come un puledro appena nato» disse Alvin. «Mi sento così debole.»
«Nelle ultime ventiquattr’ore, hai compiuto solo la metà delle fatiche di Ercole» osservò Scambiastorie.
«Erco… chi?»
«Ercole. Un eroe greco.»
«Debbo trovare Ta-Kumsaw» fece Alvin. «Non avrei dovuto lasciarlo andare, ma ero così stanco.»
«Anche tu sei Bianco» disse Scambiastorie. «Pensi che ti permetterà di accompagnarlo?»
«Così diceva la profezia di Tenska-Tawa» spiegò Alvin. «Finché resterò con lui, Ta-Kumsaw non morirà.»
Scambiastorie sostenne Alvin mentre entrambi si incamminavano nell’unica direzione in cui era possibile dirigersi; risalirono così il dolce pendio erboso tra le colline, fino a oltrepassare la cresta. Lì si fermarono a guardare in basso. Scambiastorie non vide sentieri… solo sterpi, rampicanti, cespugli, rovi. «Impossibile passare lì in mezzo.»
Alvin lo guardò sconcertato. «Ma c’è un sentiero. Si vede benissimo.»
«Per te, forse» disse Scambiastorie. «Ma non per me.»
«Eppure sei passato di lì» gli fece notare Alvin.
«Insieme con Ta-Kumsaw» replicò Scambiastorie.
«Lui è sceso.»
«Non sono un Rosso, io.»
«Ti guiderò.»
Alvin avanzò risolutamente, come se si fosse trovato sul pascolo comune una domenica mattina. Ma a Scambiastorie parve che i rovi si spalancassero davanti al ragazzo, richiudendosi alle sue spalle. «Alvin!» chiamò. «Aspettami!»
Alvin tornò indietro e lo prese per mano. «Restami vicino» fu la sua raccomandazione.
Scambiastorie ci provò, ma i rovi continuavano a scattare all’indietro graffiandogli il viso, facendogli male. Con Alvin a fargli strada, adesso almeno riusciva ad avanzare, ma con la sensazione di qualcosa che continuasse a scorticargli le spalle. Perfino la pelle di daino non offriva il minimo riparo contro quegli spini affilati come pugnali, contro quei rami che lo flagellavano come la frusta di un negriero. Scambiastorie sentiva il sangue scorrergli lungo le braccia, la schiena, le gambe. «Non posso più andare avanti, Alvin!» gridò.
«Lo vedo» disse Alvin.
«Chi?»
«Ta-Kumsaw. Aspettami qui.»
Alvin lasciò andare la mano di Scambiastorie; poi per un istante scomparve, e il vecchio si ritrovò solo insieme coi rovi. Cercò di non muoversi, ma doveva pur respirare, e ogni volta sentiva nuove trafitture.
Alvin ricomparve prendendogli la mano. «Stammi dietro. Un altro passo.»
Scambiastorie si fece forza e avanzò d’un passo.