«Come non detto», rispose evasiva. «Che la faccenda abbia o no a che fare col diavolo deve deciderlo lei, padre Terrier, non è di mia competenza. Io so soltanto una cosa: che questo lattante mi fa ribrezzo, perché non ha l’odore che i bambini devono avere.»
«Ecco», disse Terrier soddisfatto, e lasciò ricadere il braccio. «Questa storia del diavolo lasciamola perdere. Bene. Ma adesso dimmi, per favore: che odore ha un lattante, quando ha l’odore che tu ritieni debba avere? Eh?»
«Un odore buono», disse la balia.
«Che cosa significa ’buono’?» la investì Terrier gridando. «Tante cose hanno un buon odore. Un mazzolino di lavanda ha un buon odore. Il lesso ha un buon odore. I giardini d’Arabia hanno un buon odore. Che odore ha un lattante, voglio sapere!»
La balia esitò. Sapeva bene che odore avevano i lattanti, lo sapeva benissimo, ne aveva nutriti, curati, cullati, baciati già a dozzine… di notte poteva trovarli a naso, l’odore del lattante l’aveva chiaro anche adesso nel naso. Ma non l’aveva mai definito con parole.
«Allora?» tuonò Terrier, e fece schioccare con impazienza la punta delle dita.
«Dunque», cominciò la balia, «non è molto facile dirlo, perché… perché non hanno lo stesso odore dappertutto, benché dappertutto abbiano un buon odore, padre, capisce, prendiamo i piedi ad esempio, lì hanno un odore come di pietra calda liscia… no, piuttosto di ricotta… oppure di burro, di burro fresco, sì, proprio così, sanno di burro fresco. E i loro corpi hanno l’odore di… di una galletta quando è inzuppata nel latte. E la testa, in alto, dietro, dove i capelli fanno la rosa, qui, guardi, padre, dove lei non ne ha più…» e toccò la pelata di Terrier, che per un attimo era rimasto senza parole di fronte a quel mare di stupidità in dettagli e aveva chinato docilmente la testa «…qui, proprio qui, hanno l’odore migliore. Qui hanno un odore di caramello, così dolce, così squisito. Lei non può immaginare, padre! Una volta sentito quest’odore, bisogna amarli, che siano figli propri o di altri. E questo è l’odore che devono avere i neonati, questo e nessun altro. E se non hanno quest’odore, se sulla testa non hanno nessun odore, ancor meno dell’aria fresca, come questo qui, il bastardo, allora… Può spiegarsela come vuole, padre, ma io», e incrociò decisa le braccia sotto il petto e gettò uno sguardo talmente nauseato sul canestro ai suoi piedi, come se contenesse rospi, «io, Jeanne Bussie, questo qui non me lo riporto più a casa!»
Padre Terrier rialzò il capo lentamente e si passò un paio di volte il dito sulla pelata come per sistemarsi i capelli, si mise il dito sotto il naso come casualmente e annusò pensieroso.
«Un odore di caramello…» disse, e cercò di riprendere il suo tono severo… «Caramello! Che ne sai tu del caramello? Ne hai forse mai mangiato?»
«Non proprio», rispose la balia. «Ma una volta sono stata in un grande albergo in Rue Saint-Honoré e sono stata a guardare come si faceva, con zucchero fuso e crema di latte. Aveva un odore così buono che non l’ho più dimenticato.»
«Già, già. D’accordo», disse Terrier, e tolse il dito dal naso. «Ora taci, per favore! Per me è oltremodo stancante intrattenermi ulteriormente con te a questo livello. Prendo atto che tu rifiuti, quali che siano le ragioni, di continuare a nutrire il lattante Jean-Baptiste Grenouille che ti è stato affidato, e con ciò lo restituisci al suo tutore provvisorio, il convento di Saint-Merri. Trovo il fatto spiacevole, ma non posso farci niente. Sei licenziata.»
Dopodiché prese il canestro, inspirò a fondo ancora una volta il caldo odore di latte e di lana che si andava dileguando e chiuse la porta con il chiavistello. Quindi si recò nel suo studiolo.
3
Padre Terrier era un uomo colto. Non soltanto aveva studiato teologia, aveva anche letto i filosofi e si occupava, tra l’altro, di botanica e di alchimia. Aveva una certa considerazione del proprio spirito critico. Di sicuro non sarebbe arrivato al punto, come facevano alcuni, di mettere in dubbio i miracoli, gli oracoli o la veridicità dei testi della Sacra Scrittura, anche se tutte queste cose in realtà non erano spiegabili soltanto con la ragione, anzi spesso la contraddicevano decisamente. Preferiva non immischiarsi in problemi di questo genere, gli risultavano troppo sgradevoli e l’avrebbero soltanto gettato nella più penosa incertezza e inquietudine laddove, proprio per far uso della sua ragione, aveva bisogno di certezza e di quiete. Ma quello che combatteva in assoluto erano le fantasticherie superstiziose della gente semplice: stregoneria e cartomanzia, uso di amuleti, malocchio, scongiuri, magie di luna piena e quant’altro riuscivano a escogitare… Era ben deprimente constatare come simili usanze pagane non fossero ancora state sradicate dopo il solido insediamento, più che millenario, della religione cristiana! Anche la maggior parte dei casi di cosiddetta ossessione diabolica e lega satanica a un più attento esame si rivelavano una commedia spettacolare della superstizione. Certo, proprio negare l’esistenza di Satana, dubitare del suo potere… Terrier non voleva arrivare a tanto; a dirimere questi problemi, che toccavano i cardini della teologia, erano chiamate ben altre istanze, non un semplice, umile frate. D’altra parte era evidente che, se una persona semplice come quella balia affermava di aver scoperto uno spirito diabolico, mai e poi mai il diavolo poteva averci le mani in pasta. Proprio il fatto che lei credesse di averlo scoperto dimostrava con certezza che lì non c’era niente di diabolico da scoprire, perché il diavolo non era poi così sciocco da farsi smascherare dalla balia Jeanne Bussie. E per di più con il naso! Con l’organo primitivo dell’olfatto, il più volgare dei sensi! Come se l’inferno sapesse di zolfo e il paradiso di incenso e mirra! La peggiore delle superstizioni, come nella preistoria più oscura e più pagana, quando gli uomini vivevano ancora come bestie, quando non possedevano ancora una vista acuta, non conoscevano il colore, ma credevano di poter annusare il sangue, pensavano di distinguere al fiuto l’amico dal nemico, di essere fiutati da cannibali giganteschi e da lupi mannari e di essere riconosciuti all’odore da Erinni, e portavano ai loro dèi mostruosi olocausti puzzolenti e fumanti. Spaventoso! «Il matto vede col naso» più che con gli occhi, e probabilmente la luce della ragione concessa da Dio ha dovuto brillare per altri mille anni prima che gli ultimi residui della fede primitiva fossero dissipati.
«Ahimé, e questo povero piccolo! Questa creatura innocente! Sta nel suo canestro ed è assopito, senza presentimento alcuno dei disgustosi sospetti che sorgono contro di lui. Tu non avresti l’odore che i bambini devono avere, osa affermare quell’insolente. Ebbene, che cosa ne diciamo? Cicci cicci!»
E fece dondolare pian piano il canestro sulle ginocchia, accarezzò il lattante sulla testa col dito e di tanto in tanto diceva «cicci cicci», espressione che riteneva tenera e di effetto calmante sui bambini. «Dovresti avere un odore di caramello, che assurdità, cicci cicci!»
Poco dopo tirò indietro il dito, se lo mise sotto il naso, fiutò, ma non sentì altro se non l’odore dei crauti che aveva mangiato a mezzogiorno.
Esitò un attimo, si guardò attorno per vedere se nessuno lo osservava, sollevò il canestro e vi affondò dentro il grosso naso. Si chinò sulla testa del lattante finché la rada peluria rossiccia del bimbo gli solleticò le narici e annusò, aspettandosi di aspirare qualche odore. Non sapeva bene che odore dovesse avere la testa di un lattante. Naturalmente non di caramello, questo era certo, infatti il caramello era zucchero fuso, e come poteva un lattante, che fino allora aveva inghiottito solo latte, sapere di zucchero fuso? Di latte poteva sapere, di latte di balia. Di capelli poteva sapere, di pelle e di capelli, e forse di un leggero sudore infantile. E Terrier annusò e si preparò a sentire odore di pelle, di capelli e di un leggero sudore infantile. Ma non sentì niente. Con tutta la buona volontà, niente. Probabilmente un lattante non ha odore, pensò, sarà così. Un lattante, se è tenuto pulito, non ha per l’appunto odore, così come non parla, non corre o non scrive. Queste cose vengono soltanto con l’età. In verità l’uomo comincia ad avere un odore soltanto nel periodo della pubertà. Così è, e non altrimenti. Non scrive forse Orazio: «Sa di capro il giovinetto, la vergine in boccio profuma come bianco narciso…»? E i Romani se ne intendevano! L’odore dell’uomo è sempre un odore carnale, quindi un odore peccaminoso. E dunque che odore dovrebbe avere un lattante, che non conosce il peccato carnale neanche per sogno? Che odore dovrebbe avere? Cicci cicci? Proprio nessuno!