«E in cosa consisterebbe questo… compito?» Johanson si portò vicinissimo a Judith e la guardò dritta negli occhi. «Ottenere la pace, oppure trattarci come dei gonzi che vi mettono a disposizione tutte le conoscenze necessarie a preparare un'offensiva militare pianificata già da tempo?»
«Dobbiamo pensare a entrambe le cose.»
«A che punto è Mick con la sua variante militare?»
«Ha qualche idea che potrebbe funzionare, ma ancora niente di concreto.» La donna respirò profondamente e lo guardò dritto negli occhi, risoluta. «La prego, nell'interesse della sicurezza, di non dire nulla agli altri, almeno per il momento. Ci dia il tempo di fare quello che dobbiamo, in modo che il lavoro su cui si fondano le speranze di miliardi di persone non venga interrotto. Molto presto, lavoreremo insieme a tutte le varianti. Ora che avete portato a termine il lavoro incredibile di dare un volto al nemico, non abbiamo più nessun motivo di tenere segreto questo aspetto della missione. E se lavoreremo insieme a un'arma, sarà nella speranza di non essere costretti…»
«Posso dirle una cosa, Jude?» sibilò Johanson. Le andò così vicino che i loro volti quasi si sfiorarono. «Non credo a una sola parola di quello che mi ha detto. Non appena avrete le vostre maledette armi le userete. Non potete neppure immaginare la responsabilità che vi assumete. Quelli sono organismi unicellulari, Jude! Miliardi e miliardi di organismi unicellulari! Esistono dall'inizio del mondo. Non abbiamo la minima idea del ruolo che giochino nell'ecosistema. Non sappiamo che cosa succederà agli oceani se li avveleniamo. Non sappiamo che cosa succederà a noi. Ma soprattutto, non saremo in grado di fermare quello che loro hanno messo in movimento! Ma le capisce queste cose oppure no? Come pensa di rimettere in movimento la Corrente del Golfo senza gli yrr? Che cosa pensa di fare contro i vermi senza gli yrr?»
«Se schiacceremo gli yrr, spazzeremo via anche i vermi e i batteri», replicò lei.
«Come? Vuole spazzare via i batteri? Tutto questo pianeta è fatto di batteri! Vuole estinguere i microrganismi? Ma di quale delirio d'onnipotenza è vittima? Se ci riuscisse, condannerebbe a morte tutta la vita sulla Terra. Sarebbe lei a distruggere il pianeta, non gli yrr. Morirebbero tutte le specie animali nel mare, e poi…»
«Appunto, moriranno», gridò Vanderbilt. «Stupido, ignorante, stronzo scienziato testa d'uovo! Se muore qualche specie di pesce, ma in compenso noi sopravviviamo…»
«Non sopravviveremo!» gridò Johanson a sua volta. «Non lo capite? Tutte le cose sono legate. Non possiamo combattere gli yrr. Sono superiori. Contro i microrganismi non possiamo fare niente! Contro una semplice infezione virale non possiamo fare niente. L'uomo vive perché la Terra è dominata dai microbi.»
«Sigur…» lo implorò Judith Li.
Johanson si girò. «Apra quella porta», sibilò. «Non intendo continuare questa conversazione.»
«Va bene.» Judith Li annuì, serrando le labbra. «Allora si accomodi e conservi il suo senso di giustizia. Sal, apra la porta al dottor Johanson.»
Peak esitò.
«Sal, non ha sentito? Il dottor Johanson desidera andarsene.»
«Non possiamo propria convincerla che stiamo facendo la cosa giusta?» chiese Peak in tono afflitto, disperato.
«Apra la porta, Sal», ripeté Johanson.
Controvoglia, Peak si mosse e schiacciò un pulsante nella parete. La porta si aprì, scivolando.
«Anche quella dietro, se non le dispiace.»
«Ovviamente.»
Johanson uscì.
«Sigur!»
Lui si fermò. «Cosa vuole, Jude?»
«Lei mi ha rimproverato di non saper valutare le mie responsabilità. Forse ha ragione. Ma adesso valuti le sue. Se va dagli altri a raccontare ciò che ha visto qui dentro, comprometterà tutto il lavoro fatto su questa nave. Lo sa più che bene. Forse noi non avevamo il diritto di mentirle, però rifletta: ha il diritto di farlo?»
Johanson si girò lentamente. Judith Li era sulla soglia della sala di controllo. «Ci rifletterò», disse.
«Allora proviamo a trovare un compromesso. Mi dia il tempo di trovare una strada e, nel frattempo, non dica nulla. Stasera ne parleremo tra noi. Fino ad allora, nessuno di noi farà qualcosa che metta in difficoltà l'altro. Si sente di accettare questa proposta?»
Johanson serrò le mascelle.
Cosa sarebbe successo se avesse fatto esplodere la bomba? E cosa sarebbe successo a lui se avesse rifiutato?
«Va bene», mormorò.
Judith Li sorrise. «Grazie, Sigur.»
Karen Weaver
Avrebbe preferito rimanere nel ponte a pozzo. Anawak faceva del suo meglio per rasserenare Greywolf. Lei voleva stare col primo, perché si sentiva attratta da lui, e non voleva lasciare il secondo, perché l'infelicità di Greywolf era quasi tangibile. Trovava spaventoso vedere quel gigante, che fino a poco prima sprizzava energia da tutti i pori, ridotto alla disperazione. Ma trovava ancora più spaventoso quello che Johanson le aveva raccontato. Più ci pensava, più quello che stava succedendo a bordo dell'Independence le sembrava mostruoso. Qualcosa le diceva che stavano correndo tutti un grave pericolo.
Forse Rubin era tornato.
«A dopo», disse ai due. «Devo sbrigare una faccenda.» Si accorse subito di aver usato un tono troppo disinvolto.
Anawak aggrottò la fronte. «Che cos'è successo?» chiese.
«Niente di particolare.»
Non era brava a mentire… Risalì in fretta la rampa e percorse il corridoio contiguo. La porta del laboratorio era aperta. Quando entrò, vide Sue intenta a parlare con Rubin. Erano a uno dei tavoli del laboratorio. Rubin si girò verso di lei. «Ciao. Volevi chiedermi qualcosa?»
Karen schiacciò l'interruttore interno, in modo che la paratia si chiudesse alle sue spalle.
«Sì. Mi dovresti spiegare una cosa.»
«Nelle spiegazioni sono un grande», sogghignò Rubin.
«Davvero?» Si avvicinò ai due, sbirciando il tavolo, su cui erano disposte numerose attrezzature. In un sostegno, c'erano anche vari bisturi. «Potresti spiegarmi a cosa serve il laboratorio proprio sopra di noi, cosa fai là dentro e perché l'altra notte hai colpito Sigur dopo che aveva scoperto il trucco.»
Ponte dell'hangar
Johanson era pervaso da una furia così incontrollabile da non sapere dove andare. Poi corse al ponte dell'hangar ed esaminò la parete. Il suo ricordo gli diceva che lì c'era la porta, ma lui non trovò nulla che lasciasse pensare a un passaggio nascosto. In fondo era del tutto superfluo cercarla, perché Judith Li aveva ammesso che quel laboratorio esisteva. Però quello non gli bastava.
Improvvisamente notò alcuni punti in cui, sulla vernice grigia, c'era una patina di ruggine. In effetti li aveva già notati, però non aveva dato loro importanza: la ruggine e la vernice che si sfogliava erano un fatto assolutamente normale su una nave. In quel momento, però, comprese cosa non quadrava.
Non poteva esserci della ruggine su una nave nuova. E l'Independence era nuova fiammante.
Fece alcuni passi indietro. Se seguiva i tubi da sinistra verso il basso, si vedeva che arrivavano a una lunga striscia di ruggine. Un po' più in là erano appesi i quadri degli interruttori. Anche lì sotto la vernice si sollevava.
La porta era là.
Era mimetizzata benissimo. Se non l'avesse cercata con zelo maniacale, non l'avrebbe mai notata. Quel perfetto camuffamento l'aveva ingannato anche prima, quando aveva esaminato la parete con Karen. Benché non riuscisse ancora a vedere i contorni, notò vari dettagli, apparentemente casuali, che concorrevano all'effetto finale: nascondere la porta.
Era entrato da lì.
Karen!
Aveva trovato Rubin? Che doveva fare? Richiamarla, mantenendo fede all'accordo fatto con Judith Li? Quale valore aveva quell'accordo? Aveva fatto bene ad accettare una trattativa con il generale Li?
Percorreva avanti e indietro il grande ponte deserto, ansimando, indeciso sul da farsi. Improvvisamente, la nave gli apparve come una prigione. Anche l'hangar tetro, illuminato dalla luce gialla, aveva qualcosa d'inquietante.