Выбрать главу

La donna fece un tiro di sigaretta, poi si sedette sul tronco, come se lui l'avesse invitata. Anawak la osservò di profilo, notando il naso piccolo e gli zigomi alti, e si rese conto che non era una sconosciuta. L'aveva già vista da qualche parte.

«Anch'io sto lavorando a un articolo», disse la donna. «Ma temo che nessuno lo vorrà più leggere, se aspetterò ancora a pubblicarlo.» Lo guardò. «Oggi ero sulla sua barca.»

Ecco chi era… La donna minuta con gli occhiali da sole e il cappuccio tirato sulla testa.

«Che cos'è successo alle balene? Non ne abbiamo incontrata neppure una.»

«Non ce ne sono», replicò Anawak.

«Perché?»

«Non faccio che chiedermelo.»

«Non lo sa?»

«No.»

La donna annuì, come se conoscesse bene quello stato d'animo. «Posso immaginare quello che le passa per la testa. Anche i miei non arrivano, ma, al contrario di lei, ne conosco il motivo.»

«I suoi cosa non arrivano?» domandò Anawak.

«Forse non dovrebbe stare ad aspettare… Dovrebbe cercare», disse la donna, eludendo la domanda di Anawak.

«Certo che cerchiamo.» Appoggiò i fogli e si stupì della sua franchezza. Era come se stesse parlando a una vecchia amica. «Cerchiamo in tutti i modi.»

«E come lo fate?»

«Coi satelliti. Osservazioni a distanza. Inoltre siamo in grado di localizzare i movimenti dei branchi con l'ecoscandaglio. Ci sono varie possibilità.»

«E tuttavia continuano a sfuggirvi?» chiese la donna.

«Nessuno immaginava che non arrivassero. All'inizio di marzo ci sono stati degli avvistamenti all'altezza di Los Angeles, poi basta.»

«Forse avreste dovuto guardare meglio», lo incalzò lei.

«Sì, forse.»

«E sono sparite tutte?»

«No, non tutte.» Anawak sospirò. «È una cosa un po' complicata. Vuole sentirla?»

«Altrimenti non l'avrei chiesto.»

«Qui ci sono delle balene. Stanziali», cominciò lui.

«Stanziali?»

«Davanti a Vancouver Island si possono osservare ventitré specie diverse di balene. Alcune migrano periodicamente: balene grigie, megattere, balenottere minori; altre vivono nella zona. Abbiamo solo tre specie di orche.»

«Orche?»

«Sì, orche.»

«Ah! Le orche assassine.»

«Quella definizione è del tutto priva di senso», replicò Anawak, seccato. «Le orche sono pacifiche e infatti non si sono mai registrate aggressioni all'uomo. 'Orca assassina'… Queste sciocchezze sono state diffuse da Cousteau, che non si vergogna a definire l'orca come 'nemico pubblico numero uno'. Oppure da Plinio nella sua Storia naturale! Sa che cosa scrive? 'Una mostruosa massa di carne armata di denti barbari'. Che sciocchezza. Possono dei denti essere barbari?»

«I dentisti possono essere barbari», osservò lei, facendo un altro tiro di sigaretta. «Okay, ho capito. Che cosa vuol dire orca?»

Anawak era sorpreso. Nessuno gli aveva mai fatto una simile domanda. «È una definizione scientifica», rispose.

«E cosa vuol dire?»

«Orcinus orca. 'Colui che appartiene al regno dei morti'. Ma, per piacere, non mi chieda chi si è inventato una cosa del genere.»

Lei ridacchiò. «Ha detto che ci sono tre specie di orche.»

Anawak indicò l'oceano. «Le orche 'offshore', di cui sappiamo pochissimo. Vanno e vengono, di solito in grandi gruppi. In genere vivono molto al largo. L'orca 'transiente' che invece vive da nomade in piccoli gruppi. Forse è quella che corrisponde meglio all'immagine del killer. Mangia di tutto: foche, leoni marini, delfini, uccelli… Attacca anche le balenottere azzurre. Qui, dove la costa è rocciosa, rimangono esclusivamente in acqua, ma a sud si trovano delle transienti che cacciano sulla spiaggia. Vanno all'asciutto e aggrediscono le foche e altri animali. Affascinante!» Si fermò, in attesa di una nuova domanda, ma la donna rimase in silenzio, limitandosi a soffiare il fumo nell'aria della sera. «La terza specie vive nelle immediate vicinanze dell'isola», proseguì allora Anawak. «Stanziali. Grandi famiglie. Conosce l'isola?»

«Abbastanza.»

«A est della terraferma c'è uno stretto, il Johnstone Strait. Le stanziali sono lì per tutto l'anno. Mangiano esclusivamente salmone. È dall'inizio degli anni '70 che studiamo la loro struttura sociale.» S'interruppe e la guardò, sbalordito. «Come siamo arrivati qui? Di che cosa le stavo parlando?»

Lei sorrise. «È colpa mia. Mi dispiace, le ho fatto perdere il filo. Ma io devo sempre sapere tutto. Probabilmente faccio anche saltare i nervi con le mie continue domande.»

«Deformazione professionale?»

«Sono nata così. Mi voleva spiegare quali balene sono sparite e quali no.»

«Sì, lo volevo, ma…»

«Non ha tempo.»

Anawak esitò. Gettò un'occhiata ai fogli e al laptop. Nel corso della serata avrebbe dovuto finire l'articolo. Ma la serata era lunga. E poi aveva fame. «Soggiorna al Wickaninnish Inn?» le chiese.

«Sì.»

«Che cosa fa stasera?»

«Oh!» Lei sollevò le sopracciglia e gli sorrise. «L'ultima volta me l'hanno chiesto dieci anni fa. Eccitante.»

Sorrise anche lui. «A dire la verità, a spingermi a chiederlo è stata la fame. Pensavo che avremmo potuto continuare la nostra conversazione a tavola.»

«Buona idea.» La donna si lasciò scivolare giù dal tronco, spense la sigaretta e ripose il mozzicone nella giacca a vento. «Però l'avverto: parlo con la bocca piena. E se la mia attenzione non viene tenuta desta, non faccio altro che parlare e interrompere con domande. Quindi dia il meglio di sé. A proposito…» Gli tese la mano destra. «Sono Samantha Crowe. Mi chiami Sam, come fanno tutti.»

Si accomodarono a un tavolo vicino a una delle vetrate che delimitavano il ristorante. Era proprio davanti all'hotel e dominava sulle rocce, come se volesse gettarsi in mare. Dalla sommità si godeva la splendida vista del Clayoquot Sound con le sue isole, della baia e delle foreste che si stendevano nell'entroterra. Era un posto ideale per osservare le balene. Quell'anno, però, bisognava accontentarsi degli animali marini che arrivavano dalla cucina.

«Il problema è che le orche offshore e quelle transienti non sono arrivate», spiegò Anawak. «Quindi, al momento, sulla costa occidentale non ci sono orche. Le stanziali sono tante come sempre, tuttavia preferiscono evitare questa zona, sebbene il Johnstone Strait sia per loro sempre meno accogliente.»

«Come mai?»

«Come si sentirebbe se dovesse dividere casa sua con traghetti, cargo, linee di navigazione di lusso e imbarcazioni per la pesca sportiva? Là fuori è tutto un rimbombare di navi a motore. Inoltre la zona prospera grazie all'industria del legno e le linee di cargo portano intere foreste in Asia. La deforestazione provoca l'insabbiamento dei fiumi in cui i salmoni deponevano le uova. E le stanziali mangiano solo salmoni.»

«Capisco. Ma lei non si preoccupa solo per le orche, vero?» chiese la donna.

«Sono le balene grigie e le megattere a rappresentare un vero rompicapo. Forse hanno fatto una deviazione, oppure si sono stancate di essere osservate.» Anawak scosse la testa. «No, non è così semplice. I grandi cetacei che arrivano al largo di Vancouver Island ai primi di marzo non mangiano da mesi, perché, durante l'inverno trascorso nella Bassa California, hanno consumato tutto il grasso accumulato. Solo qui riescono a trovare il nutrimento.»

«Forse si sono spostate molto più al largo», ipotizzò Samantha.

«Là non c'è cibo a sufficienza. La Wickaninnish Bay, per esempio, offre alle balene grigie la parte fondamentale del loro nutrimento che al largo non troverebbero: Onuphis elegans.»

«Elegans? Suona chic», commentò Samantha.

Anawak sorrise. «È un verme, lungo e sottile. Nella baia sabbiosa è presente in quantità enormi, e le balene grigie lo mangiano a quattro palmenti. Senza questo pasto intermedio non riuscirebbero ad arrivare fino all'Artico.» Bevve un sorso d'acqua. «E, intorno alla metà degli anni '80, è successo: non sono arrivate. Però allora si conosceva il motivo. Le balene grigie erano quasi del tutto estinte. Cacciate a morte. Da allora le abbiamo decisamente rimesse in forza. Credo che oggi, nel mondo, se ne possano trovare ventimila esemplari, la maggior parte in queste acque.»