Ho già detto che gli apprendisti e i collaboratori erano ansiosi, dopo la morte del Vecchio Architetto. Sconvolti sarebbe forse una definizione migliore. Per la maggior parte dei tre giorni di assenza di Aenea rimasi ad ascoltare il chiacchiericcio preoccupato di quasi novanta persone — mai insieme, poiché perfino i turni nel refettorio erano distanziati, dal momento che al signor Wright non piaceva folla a pranzo — e il livello di panico pareva salire col susseguirsi dei giorni e delle tempeste di sabbia. L’assenza di Aenea contribuiva notevolmente ad accrescere l’isteria: lei era la più giovane degli apprendisti a Taliesin (la più giovane di tutti, in realtà) ma gli altri si erano abituati a chiederle consiglio e ad ascoltarla, quando parlava. In una sola settimana avevano perduto il loro mentore e la loro guida.
Il quarto mattino dopo il compleanno di Aenea, le tempeste di sabbia cessarono ed Aenea ritornò. Per combinazione ero fuori nel deserto a fare jogging proprio dopo l’alba e la vidi giungere dalla direzione dei monti McDowelclass="underline" si stagliava nella luce del mattino, una figura sottile dai capelli corti contro lo splendore della corona solare; in quell’attimo pensai alla prima volta che l’avevo vista, nella valle delle Tombe del Tempo, su Hyperion.
Quando mi vide, Aenea mi sorrise. «Ehi, Buh» mi gridò: un vecchio scherzo basato su un libro per bambini da lei letto quand’era piccola.
«Ehi, Scout» le gridai di rimando, assecondandola nello scherzo.
Ci fermammo a cinque passi l’uno dall’altra. Provavo l’impulso di abbracciarla, tenerla stretta, supplicarla di non sparire di nuovo. Mi trattenni. La ricca e bassa luce del mattino proiettava lunghe ombre di opunzie, di cespugli di chenopodio e di artemisia, e bagnava di splendore arancione la nostra pelle già bruciata dal sole.
«Come se la passano le truppe?» domandò Aenea. Vedevo che, malgrado le promesse, in quei tre giorni aveva digiunato. Era sempre stata magra, ma ora mostrava le costole sotto la sottile camicetta di cotone. Aveva labbra secche e screpolate. «Sono agitate?» domandò ancora Aenea.
«Cacano mattoni» risposi. Per anni avevo evitato di usare in sua presenza i modi di dire imparati nella Guardia nazionale, ma ormai Aenea aveva sedici anni. E poi aveva sempre avuto un vocabolario più pepato del mio.
Aenea sorrise. La vivida luce le illuminava le striature color sabbia dei capelli. «Non sarebbe male, per un gruppo di architetti.»
Mi sfregai il mento: avevo la barba lunga. «Parlando seriamente, ragazzina, sono molto smarriti.»
Aenea annuì. «Già. Non sanno cosa fare né dove andare, ora che il signor Wright è morto.» Socchiuse gli occhi e scrutò nella direzione del comprensorio della Compagnia, che sembrava un aggregato di asimmetrici pezzi di pietra e di tela appena visibili sopra i cactus e gli arbusti nani. La luce del sole si rifletteva su finestre fuori vista e su una delle fontane. «Raduniamo tutti nel padiglione musicale e discutiamo» disse Aenea. Si avviò, decisa, verso Taliesin.
Così iniziò il nostro ultimo giorno pieno insieme sulla Terra.
Qui mi interrompo. Odo la mia stessa voce nel grafer e ricordo l’esitazione nel racconto, a questo punto. Ciò che volevo fare qui era raccontare tutto dei quattro anni d’esilio sulla Vecchia Terra, tutto degli apprendisti e delle altre persone alla Compagnia Taliesin, tutto del Vecchio Architetto e dei suoi capricci e delle sue piccinerie, oltre che della sua genialità e dei suoi infantili entusiasmi. Volevo riportare le conversazioni con Aenea in quei quarantotto mesi locali (che, come non mancavo mai di stupirmi, corrispondevano esattamente ai mesi standard dell’Egemonia e della Pax!) e il mio lento processo di comprensione delle sue incredibili intuizioni e capacità. Infine, volevo parlare di tutte le mie escursioni in quel periodo — il viaggio intorno alla Terra, nella navetta; le stimolanti avventure nel Nordamerica; il fuggevole contatto con le altre isole di umanità raccolte intorno a cìbridi del passato (la comunità in Israele e nella Nuova Palestina, raccolta intorno al cìbrido di Gesù di Nazareth, era un memorabile gruppo da visitare) — ma in primo luogo, quando odo nel grafer il breve silenzio che prese il posto di quei racconti, ricordo il motivo della mia omissione.
Come ho già detto, ho scritto queste parole nella cella/scatola di Schrödinger in orbita intorno al pianeta Armaghast, mentre aspettavo la simultanea emissione di una particella isotopica e l’attivazione del rivelatore di particelle. Appena i due eventi si fossero verificati nello stesso istante, il gas cianuro inserito nel campo di energia statica intorno all’apparecchiatura di riciclaggio sarebbe stato liberato. La mia morte non sarebbe stata istantanea, ma quasi. Se in precedenza ho detto che me la sarei presa comoda nel raccontare la nostra storia — di Aenea e di me — ora mi rendo conto che ci fu una certa revisione, un certo tentativo di arrivare agli elementi importanti, prima che la particella decadesse e il gas fuoruscisse.
Non starò ora a rivedere quella decisione, se non per dire che di quei quattro anni sulla Terra meriterebbe parlare in altre circostanze: le novanta persone della Compagnia erano simpatiche, complesse, ambigue e interessanti come tutti gli esseri umani intelligenti e la loro storia andrebbe raccontata. Allo stesso modo, le mie esplorazioni della Terra, sia con la navetta sia con la station-wagon Woody del 1948 avuta in prestito dal Vecchio Architetto, potrebbero essere materia di un poema epico tutto loro.
Ma non sono un poeta. Però ero un cercatore di piste, quando facevo la guida di cacciatori, e il mio compito qui è quello di seguire la pista della crescita di Aenea fino alla maturità e alla messianicità, senza divagare in troppi sentieri laterali. E così farò.
Il Vecchio Architetto si riferiva sempre al comprensorio della Compagnia come al "campo nel deserto". Quasi tutti gli apprendisti lo chiamavano Taliesin, che il gallese significa "Ciglio Splendente". (Il signor Wright era di estrazione gallese. Passai settimane nel tentativo di ricordare un pianeta della Pax o della Periferia chiamato Galles, prima di ricordare che il Vecchio Architetto era vissuto e morto quando il volo spaziale non era ancora iniziato.) Aenea spesso si riferiva a quel luogo chiamandolo "Taliesin West", cosa che suggeriva, perfino a un tipo ottuso come me, l’esistenza almeno di un Taliesin East.
Quando la interrogai a questo proposito, Aenea mi spiegò che il signor Wright originale aveva costruito la sua prima Compagnia Taliesin nei primi anni Trenta del 1900, a Spring Green, nel Wisconsin (il Wisconsin era una delle unità politico-geografiche dell’antica nazione nordamericana detta Stati Uniti d’America). Quando le domandai se il primo Taliesin era come questo, Aenea mi rispose: «Non proprio. Ci fu una serie di Taliesin nel Wisconsin, sia abitazioni sia complessi della Compagnia, e la maggior parte fu distrutta da incendi. Questa è una delle ragioni per cui il signor Wright ha installato in questo comprensorio un gran numero di laghetti e di fontane, riserve d’acqua per combattere gli inevitabili incendi».
«E il primo Taliesin fu costruito negli anni Trenta?» domandai.
Aenea scosse la testa. «Il signor Wright aprì la prima Compagnia Taliesin nel 1932. Ma era soprattutto un modo per avere lavoro gratuito dagli apprendisti, per realizzare il suo sogno e per procurarsi cibo, durante la Depressione.»
«Cos’era la Depressione?»
«Un periodo di difficoltà economiche nella loro nazione basata sul puro capitalismo. Non dimenticare che a quei tempi l’economia non era realmente globale, si basava su istituzioni di finanziamento privato dette banche, su riserve auree e sul valore del denaro effettivo, vere monete e pezzi di carta che si presumeva valessero qualcosa. Naturalmente era tutta un’allucinazione collettiva e nel 1930 l’allucinazione si mutò in incubo.»