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Sul lettino il caporale Kee ansimò e spalancò la bocca per urlare, ma gli inibitori neurali bloccarono la sua reazione. Il caporale spalancò al massimo le mascelle e padre Farrell percepì la tensione dei muscoli e dei tendini.

Il Grande Inquisitore annuì e Farrell tolse le dita dalla zona di attivazione sopra l’icona. Sul lettino a rotelle il caporale Kee era scosso da convulsioni in tutto il corpo; i muscoli addominali gli si increspavano per la tensione.

«È soltanto dolore virtuale, caporale Kee» mormorò il Grande Inquisitore. «Una illusione neurale. Il tuo corpo non ha il minimo segno.»

Sulla lastra, Kee si sforzava di alzare la testa per guardarsi l’inguine, ma la banda di lappolite glielo impediva.

«O forse no» riprese il Grande Inquisitore. «Forse stavolta siamo ricorsi a metodi più antichi e meno raffinati.» Si avvicinò di un passo al lettino a rotelle, in modo che il caporale potesse guardarlo in viso. «Di nuovo, perché tu e il padre capitano de Soya avete lasciato la bambina su Bosco Divino? Perché avete assalito la vostra collega Rhadamanth Nemes?»

Il caporale Kee storse la bocca fino a mostrare i molari. «V… v… vaffanculo» riuscì a dire, serrando le mascelle per resistere al tremito che lo squassava.

«Ma certo» disse il Grande Inquisitore e rivolse un cenno a padre Farrell.

Stavolta l’icona attivata da Farrell poteva essere interpretata come "ferro rovente dietro l’occhio destro".

Il caporale Kee spalancò la bocca in un urlo muto.

«Di nuovo» disse piano il Grande Inquisitore. «Raccontaci tutto.»

«Chiedo scusa, eminenza» disse padre Farrell, con un’occhiata al comlog «ma la messa del conclave inizia fra quarantacinque minuti.»

Il Grande Inquisitore scacciò con un gesto l’obiezione. «Abbiamo tempo, Martin. Abbiamo tempo.» Toccò l’avambraccio del caporale Kee. «Raccontaci quei pochi fatti, caporale, e sarai lavato, vestito e rilasciato. Con questo tradimento hai peccato contro la nostra Chiesa e il Tuo Signore, ma l’essenza della Chiesa è il perdono. Spiega le ragioni del tuo tradimento e tutto ti sarà perdonato.»

Sorprendentemente, con i muscoli ancora vibranti per lo shock, il caporale Kee si mise a ridere. «Vaffanculo» disse. «Mi hai già costretto a dirti tutto ciò che so. Hai usato la veritina. Sai perché abbiamo ucciso quella puttana e lasciato andare la ragazza. E non mi lascerai mai libero. Vaffanculo.»

Il Grande Inquisitore si strinse nelle spalle e arretrò. Diede un’occhiata al suo comlog d’oro e disse piano: «Abbiamo tempo. Molto tempo». Rivolse un cenno a padre Farrell.

L’icona che pareva una doppia parentesi sul quadro comando di dolore virtuale poteva essere interpretata come "lama larga e rovente nell’esofago". Con un aggraziato movimento delle dita padre Farrell la mise in funzione.

Il padre capitano Federico de Soya era stato riportato in vita su Pacem e aveva trascorso due settimane come prigioniero de facto nel presbiterio vaticano dei legionari di Cristo. Il presbiterio era comodo e silenzioso. Il piccolo e grassoccio cappellano di risurrezione che badava alle sue necessità, padre Baggio, era gentile e sollecito come sempre. De Soya odiava quel posto e quel prete.

Nessuno disse esplicitamente al padre capitano de Soya che non poteva lasciare il presbiterio, ma gli fu fatto capire che sarebbe dovuto restare lì finché non l’avessero chiamato. Dopo una settimana trascorsa a riprendere le forze e a superare il disorientamento causato dalla risurrezione, de Soya fu chiamato al quartier generale della Flotta della Pax, dove incontrò l’ammiraglio Wu e il diretto superiore della donna, l’ammiraglio Marusyn.

Durante l’incontro, il padre capitano de Soya fece ben poco, a parte salutare, stare sul riposo e ascoltare. L’ammiraglio Marusyn spiegò che un riesame del processo di corte marziale subito quattro anni prima dal padre capitano de Soya aveva mostrato varie irregolarità e incongruenze procedurali. Un ulteriore esame aveva provocato l’annullamento della decisione della corte marziale: de Soya doveva essere reintegrato immediatamente nel grado di capitano della Flotta della Pax. Si sarebbe provveduto a trovargli una nave per l’incarico di comando.

«La sua vecchia nave torcia, la Baldassarre, è in cantiere per un anno» disse l’ammiraglio Marusyn. «Riattazione completa, fino agli standard di nave scorta classe Arcangelo. Il suo sostituto, la madre capitano Stone, ha fatto un eccellente lavoro come capitano.»

«Sissignore» disse de Soya. «Stone era un eccellente subalterno. Sono sicuro che si è dimostrata un ottimo comandante.»

L’ammiraglio annuì con aria assente e sfogliò il blocco notes. «Sì, sì» disse. «Così brava, infatti, che l’abbiamo proposta come comandante di una delle nuove Arcangelo planetarie. Abbiamo in mente una Arcangelo anche per lei, padre capitano.»

De Soya batté le palpebre, sorpreso, e cercò di non mostrare reazioni. «La Raffaele, signore?»

L’ammiraglio alzò il viso, abbronzato e rugoso, e mostrò una traccia di sorriso. «Sì, la Raffaele, ma non la stessa che lei ha già comandato. Abbiamo ritirato quel prototipo per servizi di corriere e gli abbiamo cambiato nome. La nuova Raffaele classe Arcangelo è… ha già sentito parlare delle nuove Arcangelo, padre capitano?»

«Nossignore. Non proprio.» De Soya aveva udito delle voci, nel suo pianeta desertico, quando i minatori di bauxite chiacchieravano ad alta voce nell’unico bar della città.

«Quattro anni standard» mormorò l’ammiraglio, scuotendo la testa. Aveva i capelli bianchi, pettinati all’indietro sulle orecchie. «Aggiorni Federico, ammiraglio.»

Marget Wu annuì e toccò il diskey del quadro comando tattico standard inserito nella parete. Fra la donna e de Soya si materializzò l’ologramma di una nave spaziale. Il padre capitano vide subito che quella nave era più grande, più snella, più rifinita e più micidiale della sua vecchia Raffaele.

«Sua Santità ha chiesto a ogni pianeta industrializzato della Pax di costruire, o almeno di finanziare, un incrociatore da battaglia classe Arcangelo, padre capitano» disse l’ammiraglio Wu, col tono di chi tiene lezione. «Negli ultimi quattro anni, ventuno sono stati completati e messi in servizio. Altri sessanta sono quasi terminati.» L’ologramma cominciò a ruotare e ad allargarsi, finché all’improvviso mostrò in sezione il ponte di comando. Era come se una lancia laser avesse tagliato in due la nave.

«Come vede» proseguì Wu «le aree di soggiorno, i ponti di comando e i centri tattici Tre-C sono molto più spaziosi di quelli della prima Raffaele e della sua vecchia nave torcia. I motori, sia il segretissimo Gideon per velocità C-più sia quello a fusione per velocità planetaria, sono stati ridotti di un terzo in dimensione, ma sono stati migliorati in efficienza e facilità di manutenzione. La nuova Raffaele porta tre navette per spostamenti in atmosfera e un ricognitore a grande velocità. A bordo ci sono culle automatiche di risurrezione per un equipaggio di ventotto persone e fino a ventidue marines o passeggeri.»

«Difese?» domandò il padre capitano de Soya, ancora sul riposo, mani chiuse dietro di sé.

«Campi di contenimento classe dieci» rispose vivacemente Wu. «La più moderna tecnologia di segretezza. Capacità di disturbo elettronico e di interferenza classe omega. Senza contare il normale assortimento di difese ravvicinate ipercinetiche ed energetiche.»

«Capacità di attacco?» domandò de Soya. Poteva dedurle dalle aperture e dagli spiegamenti visibili nell’ologramma, ma voleva sentirle elencare.