Con le pareti completamente trasparenti, l’ufficio ovale, arredato con una modesta scrivania, poltroncine e lampade dalla luce soffusa, pareva una piattaforma rivestita di moquette, isolata nell’immensità dello spazio, illuminata dalle lucenti stelle singole e dal lungo braccio della Via Lattea. Ma non fu quel ben noto spettacolo a far alzare gli occhi al PFE della Pax Mercatoria: nel campo di stelle si distinguevano tre code di fusione di astrocarghi in arrivo, simili a macchie in un ologramma di astronomia. Isozaki era così abile a giudicare le distanze e i delta-v delle code di fusione da poter dire, dopo un’occhiata, entro quanto tempo quegli astrocarghi sarebbero entrati nei bacini di carenaggio, e anche il loro nome. L’astronave della Pax Mercatoria Moldahar Effectuator si era rifornita di combustibile scremando una gigante gassosa nel sistema di Epsilon Eridani e bruciava di un rosso più vivido del solito. Il capitano dell’astronave di Sua Santità (ASS) Emma Constant aveva la solita fretta di portare al toroide il carico di metalli fissili da Pegaso 51 e decelerava a velocità superiore di un buon cinquanta per cento a quella raccomandata dalla Pax Mercatoria. Infine la macchia più piccola poteva essere solo l’ASS Elemosineria Apostolica, che aveva appena compiuto il balzo dal punto di traslazione C-più e proveniva dal sistema di Rinascimento: Isozaki le riconobbe con una sola occhiata, proprio come riconosceva gli altri trecento e passa punti di traslazione ottimale visibili nella sua parte di cielo del sistema di Pacem.
L’ascensore si alzò dal pavimento e divenne un cilindro trasparente il cui passeggero era illuminato dalla luce delle stelle. Isozaki sapeva che il cilindro era trasparente solo dalla sua parte: all’interno, il passeggero era circondato da una paratia a specchio e non avrebbe visto niente dell’ufficio del PFE, ma solo il proprio riflesso, finché Isozaki non avesse azionato l’apertura della porta.
Anna Pelli Cognani era la sola occupante dell’ascensore. Isozaki annuì e la sua IA personale azionò l’apertura. La sua collega e protégée non diede neppure un’occhiata al campo di stelle in movimento e si avvicinò. «Buon pomeriggio, Kenzo-san» disse.
«Buon pomeriggio, Anna» rispose Isozaki. Con un gesto la invitò ad accomodarsi nella più confortevole delle poltroncine, ma Anna Pelli Cognani scosse la testa e rimase in piedi. Non si sedeva mai nell’ufficio di Isozaki, ma Isozaki non mancava mai di invitarla a sedersi.
«La messa del conclave è quasi terminata» disse Anna Pelli Cognani.
Isozaki annuì. In quel momento l’IA del suo ufficio oscurò le pareti della bolla e proiettò la trasmissione a raggio compatto del Vaticano.
Quel mattino la basilica di San Pietro era inondata di rosso, viola, nero, bianco: ottantatré cardinali, che presto si sarebbero chiusi in conclave, chinavano la testa, pregavano, facevano la genuflessione, si inginocchiavano, si alzavano e cantavano. Dietro quel gregge di possibili candidati al soglio pontificio, c’erano le centinaia di vescovi e di arcivescovi, di diaconi e di membri della Curia, di ufficiali militari e di funzionari civili della Pax, di governatori di pianeti e di alte personalità che al momento della morte del papa si erano trovati per caso su Pacem o nel raggio di un debito temporale di tre settimane, di delegati dei domenicani, gesuiti, benedettini, legionari di Cristo, marianisti, salesiani e l’unico delegato in rappresentanza dei pochi francescani rimasti. Infine, nelle ultime file, c’erano gli "stimati ospiti", delegati onorari della Pax Mercatoria, dell’Opus Dei, dell’Istituto per le opere di religione (noto anche come Banca vaticana) e delegati delle ali amministrative della prefettura, del Servizio assistenziale del Santo Padre, dell’APSS (Amministrazione del patrimonio della Santa Sede), come pure della Camera apostolica del cardinale camerlengo. Inoltre, nel banchi più arretrati, c’erano onorati ospiti della Pontificia accademia delle scienze, della Commissione pontificia per la giustizia e la pace interstellare, di molte accademie pontificie come la Pontificia accademia ecclesiastica e di altre organizzazioni semiteologiche necessarie per il governo del vasto Stato della Pax. Infine c’erano le vivaci uniformi delle guardie svizzere, nonché i comandanti della Guardia palatina ricostituita da papa Giulio e, nella prima apparizione ufficiale, il comandante della finora segreta Guardia nobile, un uomo dal colorito pallido, nero di capelli, in uniforme rossa.
Kenzo Isozaki e Anna Pelli Cognani guardarono con l’occhio di chi è bene informato la sfarzosa cerimonia. Anche loro erano stati invitati alla messa, ma negli ultimi secoli era divenuta tradizione che i PFE della Pax Mercatoria onorassero con la propria assenza le più importanti cerimonie della Chiesa: vi presenziavano solo i loro delegati ufficiali presso il Vaticano. Così guardarono il cardinale Couesnongle celebrare la messa dello Spirito Santo e trascurarono il cardinale camerlengo, non a torto ritenuto un trascurabile uomo di paglia, ma dedicarono tutta l’attenzione al cardinale Lourdusamy, al cardinale Mustafa e ad altri sei intermediari del potere, nei banchi delle prime file.
La benedizione finale concluse la messa e i cardinali con diritto di voto sfilarono in processione solenne per entrare nella Cappella Sistina. Le olocamere si soffermarono a riprendere la chiusura della porta. L’ingresso al conclave fu chiuso, la porta fu sprangata col chiavistello all’interno e con un catenaccio all’esterno. Il comandante delle guardie svizzere e il prefetto della Casa Pontificia proclamarono ufficialmente la chiusura del conclave. Il commentatore vaticanista passò allora alle analisi e alle ipotesi, mentre l’olocamera continuava a inquadrare la porta sigillata.
«Basta così» disse Kenzo Isozaki. La trasmissione fu interrotta, la bolla tornò trasparente e la luce del sole inondò la stanza sotto il cielo nero.
Anna Pelli Cognani ebbe un pallido sorriso. «La votazione non dovrebbe richiedere molto tempo.»
Isozaki era tornato nella propria poltrona. Unì la punta delle dita e si picchiettò il labbro inferiore. «Anna» disse «ritiene che noi, tutti noi nella presidenza della Pax Mercatoria, abbiamo un vero potere?»
Con la sua espressione neutra Anna Pelli Cognani rivelò la propria sorpresa. «Durante lo scorso anno fiscale, Kenzo-san, la mia divisione ha prodotto un utile di trentasei miliardi di marchi.»
Isozaki tenne immobili le dita. «Signora Cognani» disse «sarebbe così gentile da togliersi la giacca e la camicetta?»
La sua protégée non batté ciglio. Nei ventotto anni standard in cui erano stati colleghi — subalterna e principale, in realtà — Isozaki non aveva fatto, detto o lasciato capire niente che si potesse interpretare come approccio sessuale. Anna Pelli Cognani esitò solo un secondo, poi aprì la giacca, se la tolse, la posò sulla spalliera della poltroncina che non occupava mai e si sbottonò la camicetta. La piegò con cura e la posò sopra la giacca.
Isozaki si alzò, girò intorno alla scrivania e si fermò a un metro dalla donna. «Anche la biancheria» disse, togliendosi la giacca e sbottonandosi la camicia di modello antiquato. Aveva torace robusto, muscoloso ma glabro.
Anna Pelli Cognani si tolse la chemise. Aveva seni piccoli ma ben formati, rosei in punta.