«O uno degli altri cinque» sorrise Anna Pelli Cognani. Anche lei apprezzava un gioco dalla posta altissima.
Isozaki annuì e girò la poltroncina per guardare il sorgere del sole sulla striscia ricurva del toroide della Pax Mercatoria. Non si girò, quando la porta dell’ascensore si chiuse e Anna Pelli Cognani se ne andò.
In alto sopra l’altare, Gesù Cristo, severo e inflessibile, divideva gli uomini in due gruppi, i buoni e i cattivi, i premiati e i dannati. Non c’era un terzo gruppo.
Il cardinale Lourdusamy, seduto nello stallo con baldacchino, nella Cappella Sistina, guardava l’affresco di Michelangelo, il Giudizio universale. Aveva sempre pensato che quel Cristo era una figura prepotente, autoritaria, spietata, forse un’icona perfettamente adatta a sovrintendere alla scelta di un nuovo Vicario di Cristo.
Nella piccola cappella erano ammassati ottantatré stalli con baldacchino dove sedevano gli ottantatré cardinali presenti in carne e ossa. Uno spazio vuoto consentiva l’attivazione degli ologrammi che rappresentavano i trentasette cardinali assenti, un ologramma per volta, stallo e baldacchino compresi.
Era trascorso un giorno da quando i cardinali erano stati "inchiodati" nel Palazzo Vaticano. Lourdusamy aveva dormito e mangiato bene; la camera da letto, una brandina nel suo ufficio vaticano; il pasto, semplici pietanze cucinate dalle suore della foresteria vaticana: cibi senza pretese e dozzinale vino bianco, serviti nelle sfarzose Stanze Borgia. Adesso i cardinali erano tutti radunati nella Cappella Sistina, ciascuno nel suo stallo con baldacchino. Lourdusamy sapeva che quella splendida scena era mancata al conclave da molti secoli — da quando il numero dei cardinali era divenuto troppo grande per sistemare gli stalli nella piccola cappella, in un’epoca precedente l’Egira, nel XIX o nel XX secolo d.C, credeva — ma verso la fine della Caduta dei teleporter la Chiesa era divenuta così piccola che la quarantina di cardinali poteva di nuovo trovare posto agevolmente nella cappella. Papa Giulio non aveva alzato troppo il numero dei cardinali: mai più di 120, anche se la Pax era molto cresciuta. E poiché quasi quaranta erano impossibilitati a giungere in tempo al conclave, la Cappella Sistina riusciva a contenere gli stalli dei cardinali residenti su Pacem.
Il momento era giunto. Nella cappella, tutti i cardinali elettori si alzarono all’unisono. Nello spazio vuoto accanto al tavolo degli scrutatori a fianco dell’altare, comparvero i tremolanti ologrammi dei trentasette cardinali elettori non presenti di persona. A causa dello spazio limitato, gli ologrammi erano piccoli, poco più di bambole umane in stalli da casa delle bambole, e galleggiavano a mezz’aria come fantasmi di elettori del passato. Lourdusamy sorrise, come sempre faceva, pensando a quanto sembrasse appropriato il formato ridotto di quegli elettori non presenti in carne e ossa.
Papa Giulio era sempre stato eletto per acclamazione. Uno dei tre cardinali scrutatori alzò la mano: lo Spirito Santo era forse pronto a muovere quegli uomini e quelle donne, ma un certo coordinamento era pur sempre necessario. Appena lo scrutatore avesse abbassato la mano, gli ottantatré cardinali e i trentasette ologrammi avrebbero parlato come uno solo.
«Eligo padre Lenar Hoyt!» gridò il cardinale Lourdusamy e vide il cardinale Mustafa gridare le stesse parole, da sotto il baldacchino del suo stallo.
Lo scrutatore davanti all’altare esitò. L’acclamazione era stata forte e chiara, ma ovviamente non unanime. Era una novità. Per 270 anni si era avuta l’acclamazione immediata.
Lourdusamy fu ben attento a non sorridere e a non guardarsi intorno. Sapeva quali cardinali di nomina più recente non avevano gridato il nome di papa Giulio per la rielezione. Sapeva quanto fosse costato corrompere quegli uomini e quelle donne. Sapeva quale terribile rischio correvano e con quanta sofferenza l’avrebbero senza dubbio pagato. Sapeva tutto ciò perché lui stesso aveva collaborato a orchestrarlo.
Dopo un momento di consultazione con i due colleghi, lo scrutatore che aveva alzato la mano per dare il segnale dell’acclamazione annunciò: «Procederemo per scrutinio».
Mentre venivano preparate e distribuite le schede, fra i cardinali ci furono mormorii di turbamento. Una cosa del genere non era mai accaduta nella vita della maggior parte di quei prìncipi della Chiesa. Di colpo gli ologrammi dei cardinali elettori non presenti erano divenuti privi d’importanza. Alcuni di loro, a dire il vero, avevano predisposto per lo scrutinio i loro chip interattivi, ma molti non si erano presi quella briga.
I maestri delle cerimonie passarono fra gli stalli e distribuirono le schede di votazione, tre per ciascun cardinale elettore. Gli scrutatori si accertarono che ogni cardinale avesse una penna. Quando tutto fu pronto, il cardinale diacono fra gli scrutatori alzò di nuovo la mano, stavolta per indicare il momento della votazione.
Lourdusamy guardò la scheda. Nella parte superiore sinistra comparvero a caratteri di stampa le parole: "Eligo in Summum Pontificem". Sotto, c’era spazio per un solo nome. Il cardinale Simon Augustino Lourdusamy vi scrisse "Lenar Hoyt", ripiegò la scheda e la tenne in alto in modo che fosse visibile. Nel giro di un minuto, tutti gli ottantatré cardinali tenevano in alto la scheda, imitati da cinque o sei di quelli presenti in ologramma interattivo.
Lo scrutatore iniziò a chiamare i cardinali in ordine di precedenza. Il cardinale Lourdusamy fu il primo: lasciò lo stallo e si avvicinò al tavolo dello scrutatore accanto all’altare, sotto l’immutabile sguardo del terribile Cristo dell’affresco. Si inginocchiò all’altare e chinò la testa in silenziosa preghiera. Poi si rialzò e disse: «Cristo nostro Signore, che sarà mio giudice, mi sia testimonio che il mio voto va a colui che davanti a Dio ritengo debba essere eletto». Posò con solennità la scheda piegata sul piatto d’argento posto sopra l’urna. Alzò il piatto e lasciò cadere nell’urna la scheda. Il cardinale diacono fra gli scrutatori annuì: Lourdusamy si inchinò all’altare e tornò al suo stallo.
Il cardinale Mustafa, il Grande Inquisitore, si mosse maestosamente verso l’altare per dare il proprio voto.
La votazione richiese più di un’ora; alla fine si procedette al conteggio dei voti. Il primo scrutatore agitò l’urna per mescolare le schede. Il secondo scrutatore le contò, compresi i sei voti copiati dagli ologrammi interattivi, e le depositò in una seconda urna. Il totale delle schede corrispondeva al numero di cardinali con diritto di voto nel conclave. Lo scrutinio procedette.
Il primo scrutatore aprì una scheda, scrisse il nome che vi lesse e passò la scheda al secondo scrutatore; costui prese un appunto e passò la scheda al terzo e ultimo scrutatore. Questi, il cardinale Couesnongle, lesse ad alta voce il nome, prima di prendere nota.
In ciascuno stallo, un cardinale annotò il nome su un grafer per appunti fornito dagli scrutatori. Al termine del conclave, i grafer sarebbero stati rimescolati e i file sarebbero stati cancellati in modo che non rimanesse traccia della votazione.
E così la votazione procedette. Per Lourdusamy, come per tutti gli altri cardinali presenti in carne e ossa, c’era un’unica incertezza, ossia se i dissidenti che avevano fatto fallire l’acclamazione avrebbero realmente messo in gioco il nome di un altro candidato.
Dopo la lettura di ogni scheda, il terzo scrutatore infilava il foglio in un cordoncino, trapassando con un ago la parola "Eligo". Quando tutte le schede furono lette ad alta voce, lo scrutatore fece un nodo ai capi del filo su cui le aveva infilzate.
Il candidato vincente fu ammesso alla cappella. In piedi davanti all’altare, in una semplice tonaca nera, l’uomo aveva un aspetto umile e un po’ imbarazzato.