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Hawks girò lo sguardo. — Che ne dice, dottor Holiday?

L'ometto annuì. — Sentiamo come si comporta con un po' meno di gas. — E allungò di nuovo le mani sui comandi.

Hawks premette con il pollice l'interruttore del microfono. — Barker — disse gentilmente.

Il respiro usciva dall'altoparlante più forte e più chiaro.

— Barker.

— Sì, dottore — disse la voce irritata. — Ha qualche guaio?

— Dottor Hawks — disse Holiday, dalla sua console, - adesso l'anestesia è ridotta a zero.

Hawks annuì. — Barker, adesso è nel ricevitore. Riprenderà pienamente conoscenza quasi subito. Sente qualche dolore?

— No! — scattò Barker. — Ha finito con i suoi giochetti?

— Ora accendo le luci nella camera del ricevitore. Le vede?

— Sì.

— Sente bene tutto il suo corpo?

— Benissimo, dottore. E lei, sente bene il suo?

— D'accordo, Barker. Adesso la tireremo fuori.

Gli specialisti della Marina spinsero il tavolo a rotelle verso il ricevitore, mentre Latourette spegneva i magneti anteriori e posteriori, e i tecnici cominciavano ad aprire la porta della camera. Weston e Holiday si mossero per cominciare a visitare Barker, non appena fosse stato liberato della tuta.

Hawks disse sottovoce al guardiamarina. — Si ricordi di dirgli il suo nome. — Poi si avvicinò alla console dei comandi. — Bene, Sam — fece, mentre guardava il tavolo che s'infilava sotto l'armatura di Barker, e si sollevava sui supporti idraulici per stabilire il contatto. — Puoi ridurre i magneti primari.

— Pensi che sia andato tutto bene? — chiese Latourette.

— Questo debbono dirmelo Weston e Holiday. Certamente parlava come se fosse sempre il solito.

— Non è gran che — ringhiò Latourette.

— È… — Hawks trasse un profondo respiro e ricominciò daccapo, gentilmente. — È quello che mi occorre. — Passò un braccio attorno alle spalle di Latourette. — Andiamo a fare due passi, Sam — propose. — Fra un minuto avremo i rapporti preliminari di Weston e di Holiday. Ted può cominciare a fare i preparativi per il lancio di domani.

— Voglio occuparmene io.

— No… No, lascia fare a lui. Va bene così. E… e poi io e te potremo salire a goderci un po' il sole. C'è qualcosa che devo dirti.

PARTE QUARTA

Hawks sedeva con la schiena incassata nell'angolo del divano, nello studio di Elizabeth Cummings. Reggeva tra le mani il bicchiere di brandy, e guardava il cielo notturno, oltre i vetri, dietro a lei. Elizabeth era raggomitolata sul divanetto sotto la finestra, di profilo, e si cingeva le ginocchia con le braccia.

— Durante la prima settimana, alle medie superiori — disse Hawks — dovetti compiere una scelta. Tu hai fatto le elementari qui in città?

— Sì.

— Io andavo a scuola in un paesetto. La scuola era abbastanza attrezzata… c'erano quattro aule per meno di settanta allievi. Ma c'erano soltanto tre insegnanti, compreso il direttore, e ognuno insegnava a tre classi, compresa quella preparatoria. E ciò significava che, per due terzi della giornata, gli insegnanti mi erano inaccessibili. Erano impegnati a insegnare alle altre classi cose che io sapevo già o che non ero ancora in grado di capire. Poi, quando andai alle medie superiori, mi trovai improvvisamente con un insegnante per ogni materia. Verso la fine della prima settimana, incontrai per caso la preside in corridoio. Aveva visto i miei test d'intelligenza e il resto, e mi domandò se mi piaceva frequentare le medie superiori. Io le dissi che mi divertivo moltissimo. — Hawks sorrise al brandy. - E lei s'impettì tutta e fece una faccia impietrita. «Non sei qui per divertirti», mi disse, e se ne andò.

«Così dovevo scegliere. O consideravo l'attività scolastica come una punizione, e cercavo il modo di eluderla, oppure potevo fingere di pensarla così, e approfittare dei vantaggi della finzione. Avevo una scelta, tra l'onestà e la disonestà. Scelsi la disonestà. Diventai sempre torvo; andavo in classe con una borsa piena di libri e di carte. Facevo domande molto serie e rimuginavo sui compiti a casa, anche per le materie che mi annoiavano. Diventai uno studente modello. Dopo un po', fu davvero una punizione. Ma la responsabilità era mia, e subivo le conseguenze della mia disonestà.» Hawks bevve un sorso di brandy. - Qualche volta, mi domando che cosa sarei diventato se avessi deciso di continuare come avevo fatto alle elementari… attingere dai miei insegnanti quello che mi interessava, e lasciar perdere il resto, continuando a godermi la scuola.

Si guardò intorno. — Il tuo studio è molto simpatico, Elizabeth. Sono contento di averlo potuto visitare. Ci tenevo a vedere dove lavoravi, cosa facevi.

— Ti prego, continua a parlarmi di te — disse lei, dalla finestra.

— Alle medie superiori ebbi solo un'altra scelta da compiere — disse Hawks, dopo un breve silenzio, durante il quale aveva continuato a guardarla. — Fu l'ultimo anno, quando dovevo decidere sulla mia prima materia scientifica. Fisica. Il professore di fisica, durante il mio secondo anno, era un uomo di prim'ordine, che si chiamava Hazlet. I suoi studenti lo veneravano. Ormai avevo già cominciato a pensare di dedicarmi alle scienze.

«Quando mi presentai in classe, il primo giorno di scuola, ero molto ansioso ed emozionato. Avevo letto parecchie storie di fantascienza, su quello che la gente competente poteva fare con la scienza, e mi aspettavo anche di più di quello che persino Hazlet avrebbe potuto insegnare in un corso di fisica alle medie superiori.

«Ma Hazlet non c'era… Non so cosa gli fosse successo: forse era passato a lavorare per il governo, o più probabilmente era andato a insegnare in una scuola più ricca. Comunque, dovettero sostituirlo. Avevano una professoressa con regolare laurea e abilitazione e tutto il resto, che era stata assunta per insegnare spagnolo. Era una donna del Sud, molto mite, una certa signora Cramer, dal viso pallido e dall'ossatura fine, delicata. Aveva una carnagione quasi trasparente, e una voce esile esile. Quando io frequentavo il secondo anno, come ho detto, lei aveva tentato di insegnare la grammatica spagnola a una classe di ragazzi in tuta rattoppata e con le scarpe per lavorare nei campi. Come a scuola tutti sapevano di Hazlet, tutti sapevano anche che con la signora Cramer erano gli allievi a comandare.

«Così l'anno seguente, quando entrai nel laboratorio di fisica, scoprii che la signora Cramer era stata mandata a seguire un corso estivo di due mesi per imparare a insegnare fisica, e aveva preso il posto di Hazlet. Non andò molto bene. La signora Cramer aveva a disposizione tutte le guide per insegnanti, e manuali di fisica che spiegavano le formule classiche e i problemi. Immagino che tutte le sere andasse a casa e cercasse di imparare a memoria le risposte per il giorno dopo. Ma non servì a niente… Lei si accorse che, quando cercava di spiegarci un problema alla lavagna, il risultato non corrispondeva alla risposta che aveva imparato a memoria. Allora cancellava la sua risposta e la sostituiva con quella del manuale, e ci diceva che, anche se non aveva risolto bene le equazioni, la risposta esatta era quella, e dovevamo impararla a memoria. Quando ci dava qualche compito in classe, non richiedeva mai dei calcoli. Si limitava a esporre il problema e lasciava uno spazio vuoto per la risposta.

«Ma anche con questo sistema, non riusciva a imparare a memoria, la sera, tutto quello che era necessario. Per esempio, non imparò mai che il simbolo chimico del mercurio non era Mk. Non era divertente: era patetico. E lei s'indignava compitamente quando qualcosa non andava, e qualche volta si metteva a piangere in cattedra. Spero che abbia poi trovato un lavoro da qualche parte… l'anno dopo non ricomparve.