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PARTE SETTIMA

Il giorno dopo, Barker si presentò al laboratorio con gli occhi arrossati. Le mani gli tremavano, mentre infilava le sottotute.

Hawks gli si avvicinò. — Sono lieto di vederla qui — disse impacciato.

Barker alzò gli occhi e non disse nulla.

Hawks proseguì: — È sicuro di sentirsi bene? Se no, possiamo rimandare a domani.

Barker ribatté: — La finisca di preoccuparsi per me.

Lo scienziato si mise le mani in tasca. — Bene. È stato a parlare con gli specialisti del percorso?

Barker annuì.

— È riuscito a dare loro un resoconto chiaro dei risultati di ieri?

— Sembravano felici. Perché non aspetta che abbiano rimuginato tutto a dovere e le mettano i rapporti sulla scrivania? Che cosa le importa di quello che trovo lassù, purché io continui ad avanzare, e non impazzisca? Non è giusto? A lei non importa quello che succede a me: non faccio altro che aprire una pista, in modo che i suoi bravi tecnici non inciampino in qualcosa quando saliranno per fare a pezzi la formazione, giusto? Perciò che cosa le interessa, a meno che perda me e debba trovarsi qualcun altro? Giusto? E come ci riuscirebbe? Per quanti individui pensa che Connington stia facendo piani? Non piani che portino qui, giusto? Quindi, perché non mi lascia in pace?

— Barker… — Hawks scosse il capo. — No, lasci perdere. Parlare non serve.

— Mi auguro che rimanga di questa idea.

Hawks sospirò. — Sta bene. C'è una cosa: questa storia continuerà giorno per giorno, ormai, se le condizioni astronomiche lo permetteranno. Continuerà fino a quando lei uscirà dall'altra parte della formazione. Una volta incominciato, sarà difficile perdere lo slancio. Ma se in qualunque momento vorrà interrompersi… prendersi un po' di riposo, lavorare sulle sue macchine da corsa, qualunque cosa… se sarà possibile glielo concederemo. Noi…

Barker raggricciò le labbra. — Hawks, io sono qui per fare qualcosa. Intendo farlo. È tutto ciò che voglio fare. Chiaro?

Hawks annuì. — Chiaro, Barker. — Si sfilò le mani dalle tasche. — Spero che non ci vorrà troppo tempo.

Hawks si avviò per il corridoio fino a quando arrivò alla sezione degli specialisti del percorso. Bussò ed entrò. Gli uomini alzarono la testa, poi tornarono a chinarsi sulla pianta a larga scala della formazione, che occupava un tavolo di cinque metri per cinque al centro della sala. Soltanto l'ufficiale della Guardia Costiera che era il responsabile si avvicinò a Hawks, mentre gli altri tracciavano pazientemente dei segni sul grande foglio di plastica, con gessetti rossi fissati all'estremità di lunghe bacchette. Uno di loro stava accanto a un registratore, con la testa inclinata, ascoltando la voce di Barker.

La voce era bassa, soffocata. — Ve l'ho detto! — stava dicendo. — C'è una sorta di nuvola azzurra… e qualcosa che sembra muoversi all'interno. Ma non come se fosse qualcosa di vivo.

— Sì, lo sappiamo — rispose paziente la voce di un membro della squadra. — Ma a che distanza era dal punto in cui lei stava sulla collina di sabbia bianca? Quanti passi.

— È difficile dirlo. Sei o sette.

— Uh-uh. Ora, lei dice che era direttamente alla sua destra dalla parte in cui era voltato? Bene, allora, che cosa ha fatto?

— Ho camminato per circa due metri su questo cornicione, e ho svoltato a sinistra per seguirlo intorno a quella guglia rossa. Poi…

— Ha notato dov'era la nuvola azzurra, in relazione a lei, quando ha svoltato?

— Ho voltato indietro la testa, sulla destra.

— Capisco. Vuole girare la testa allo stesso modo adesso, in modo che possa farmene un'idea più chiara? Grazie. Circa dodici gradi dalla destra esatta. Ed era ancora a sei o sette passi di distanza in linea d'aria?

L'uomo fermò il nastro, lo riavvolse, e ricominciò ad ascoltarlo. Prese un appunto su di un foglio.

L'ufficiale della Guardia Costiera chiese a Hawks: — Posso aiutarla, dottore? Avremo trascritto tutto quanto fra poche ore, e glielo consegneremo. Non appena sarà pronto, lo manderemo direttamente nel suo ufficio.

Hawks sorrise: — Non sono venuto qui per darvi fastidio. Non si preoccupi, tenente. Volevo solo sapere come va, in generale. Barker parla in modo abbastanza sensato per esserle utile?

— Va magnificamente, signore. Le sue descrizioni delle cose che ci sono là dentro non concordano con quello che risulta dagli altri rapporti… ma sembra che nessuno veda le stesse cose. Ciò che conta è che i rischi sono sempre situati nelle stesse posizioni relative. Quindi noi sappiamo che lì c'è qualcosa, ed è sufficiente. — Il tenente, un uomo magro, solitamente tetro, sorrise. — E questo è molto meglio che cercare di ricavare un senso da uno scarabocchio tracciato su una lavagnetta. Barker ci ha dato una quantità enorme di materiale su cui lavorare, in un viaggio solo. — Il tenente si massaggiò la nuca. — È un sollievo. C'è stato un momento in cui abbiamo cominciato a pensare che avremmo maturato il diritto alla pensione prima che quella — e indicò la mappa — fosse finita.

Hawks sorrise, senza allegria. — Tenente, se non potessi fare la telefonata a Washington che ora potrò fare, questo lavoro sarebbe già finito.

— Oh, allora penso che faremmo meglio ad avere molta cura di Barker. — Il tenente scosse il capo. — Spero che duri. È un po' difficile, come carattere, secondo noi. Ma non si può avere tutto. Penso che lei abbia finalmente trovato l'uomo adatto per la parte scientifica, anche se non è tutto rose e fiori, qui, dal punto di vista pratico.

— Sì — disse Hawks. L'uomo al registratore spense l'apparecchio, si avvicinò al tavolo, avvitò un gessetto alla sua bacchetta e tracciò delicatamente un segno sulla plastica bianca. Lo guardò con aria critica, poi annuì soddisfatto.

Anche Hawks annuì. — Grazie, tenente — disse all'ufficiale e andò nel suo ufficio.

Quel giorno, il tempo durante il quale Barker riuscì a sopravvivere entro la formazione salì a quattro minuti e ventotto secondi.

Il giorno in cui il tempo di sopravvivenza salì a sei minuti e dodici secondi, Connington andò a trovare Hawks nel suo ufficio.

Hawks alzò gli occhi dalla scrivania, incuriosito. Connington attraversò lentamente l'ufficio. — Volevo parlarle — mormorò, sedendosi. — Mi sembrava necessario. — Il suo sguardo sfrecciava intorno, irrequieto.

— Perché? — chiese Hawks.

— Beh, non so, esattamente. Solo che non mi pareva giusto, lasciar cadere la cosa. C'è… non so come lo definirebbe lei, ma c'è uno schema nella vita… O almeno dovrebbe esserci, un inizio, una parte centrale e una fine dei capitoli, o qualcosa del genere. Voglio dire, deve esserci uno schema, altrimenti come si potrebbero dominare le situazioni?

— Capisco che può essere necessario crederlo — disse in tono paziente Hawks.

— Continua a non cedere di un millimetro, vero? — chiese Connington.

Hawks non rispose, e l'altro attese un momento, poi non insistette. — Comunque — fece — volevo farle sapere che me ne vado.

Hawks si appoggiò alla spalliera e lo guardò, senza espressione. — Dove va?

Connington fece un gesto vago. — All'Est. Mi troverò un posto là, credo.

— Claire viene con lei?

L'altro annuì, fissando il pavimento. — Sì. — Poi alzò gli occhi e sorrise disperatamente: — È un modo strano di finirla, non è vero?

— Proprio come aveva pianificato lei — osservò Hawks. — Tutto, tranne per quanto riguarda la sua eventuale nomina a presidente dell'azienda.

L'espressione di Connington divenne un sogghigno fisso, di sfida. — Oh, non ero molto convinto che fosse possibile. Volevo solo vedere cosa sarebbe successo se le avessi messo un po' di sale sulla coda. — Si alzò in fretta. — Bene, mi pare sia tutto. Volevo solo farle sapere come è andata a finire.