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Hawks sbatté le palpebre. — E l'Esercito cosa se n'è fatto di te, allora?

— Mi mandarono alla scuola d'elettronica a Fort Monmouth.

— Perciò non sei sicuro che oggi saresti qui, se non fosse stato per quello?

Gersten si accigliò. — Suppongo di sì — disse finalmente. — Non ci avevo pensato.

— Bene, non so di te, Ted, ma io sarei stato un pessimo ufficiale di carriera, in Marina. Non credo che essere nell'Esercito avrebbe migliorato le cose. — All'improvviso fece una smorfia. — E lascia che sia io a preoccuparmi di Sam Latourette. — Poi guardò Gersten con aria di scusa. — Forse, quando ci saremo tolti di dosso il peso maggiore di questo progetto, potremo imparare a conoscerci meglio.

Gersten non disse nulla. Guardò Hawks come se non sapesse quale espressione assumere. Poi scrollò le spalle e disse: — Prima volevo parlarti di quella faccenda della serie degli amplificatori del segnale. Ora, mi sembra che se noi…

S'incamminarono insieme, discutendo.

Il giorno dopo che il tempo di sopravvivenza arrivò a sette minuti e quarantanove secondi, fu necessario chiudere il trasmettitore, perché l'angolo del lancio non avrebbe incluso uno strato sufficientemente ampio della ionosfera terrestre. Le squadre di manutenzione cominciarono il loro programma di ricostruzione periodica.

Hawks lavorava con loro.

Il giorno in cui poterono ricominciare i lanci, Barker si presentò al laboratorio in perfetto orario.

— Mi sembra dimagrito — disse Hawks.

— E lei non sembra molto entusiasta.

Il giorno in cui il tempo di sopravvivenza fu portato a otto minuti e trentun secondi, Benton Cobey chiamò Hawks nel suo ufficio.

Hawks entrò, con un camice pulito, e scrutò attento gli uomini seduti intorno al tavolo delle riunioni. Cobey si alzò dalla sedia a capotavola.

— Dottor Hawks, lei conosce Cari Reed, il nostro revisore dei conti — disse indicando l'uomo, con le mani da contadino posate una sopra l'altra sul fascio di fogli di contabilità che aveva portato con sé.

— Come sta? — chiese Hawks.

— Bene, grazie. E lei?

— E questo è il comandante Hodge, naturalmente — fece Cobey, indicando l'ufficiale di collegamento della Marina che sedeva dall'altra parte: si era tolto il berretto e l'aveva posato sul tavolo lucido che ne rifletteva l'immagine.

— Naturalmente — disse Hawks con un lieve sorriso che Hodge contraccambiò. Andò a sedersi all'estremità del tavolo, di fronte a Cobey. — Cosa c'è? — chiese.

Cobey lanciò un'occhiata a Reed. — Tanto vale che ne parliamo subito — disse.

Reed annuì. Si sporse leggermente, spingendo i fogli verso Hawks.

— Queste sono le cifre relative alle sue ordinazioni di materiale per il laboratorio — disse.

Hawks chinò il capo in cenno d'assenso.

— Sia per l'installazione originale sia per le sostituzioni, durante l'anno fiscale trascorso.

Hawks annuì di nuovo. Fissò Cobey, che teneva le mani giunte, i gomiti appoggiati sul tavolo e i pollici sotto il mento, e guardava i fogli al di sopra delle punte delle dita. Hawks lanciò un'occhiata a Hodge, che si passava l'indice destro lungo la guancia, con gli occhi azzurro-ghiaccio apparentemente vacui, segnati agli angoli dalle solite grinze.

— Dottor Hawks — disse Reed — nell'esaminare questi conti, ho pensato in un primo momento che avremmo dovuto cercare il modo di ridurre un po' le spese, se possibile. E poi mi sembra che ci siamo riusciti.

Hawks lo guardò.

Reed proseguì. — Ora, ho spiegato la mia idea al signor Cobey, ed egli ha ritenuto che fosse opportuno sottoporla a lei.

Cobey contrasse le labbra.

— Perciò — concluse Reed — abbiamo chiesto al comandante Hodge se la Marina sarebbe stata disposta a prendere in considerazione un cambiamento nella procedura operativa, purché non interferisse con l'efficienza.

Hodge disse, con l'aria di non dedicare molta attenzione alle proprie parole: — Risparmiare non ci dispiace. Specialmente quando non riusciamo a farci approvare tutte le spese dalle commissioni parlamentari.

Hawks annuì.

Nessuno disse niente per qualche istante, poi Cobey proruppe: — Bene, è disposto ad ascoltare, Hawks?

— Certo — disse Hawks. Si guardò intorno. — Chiedo scusa… Non sapevo che aspettaste la mia risposta. — Guardò Reed. — Continui, la prego.

— Bene — disse Reed, abbassando lo sguardo sulle cifre — mi pare che molti di questi apparecchi siano più o meno doppioni. Voglio dire, qui sono contabilizzati cento divisori di voltaggio di un unico tipo. E qui…

— Sì. Ecco, il nostro equipaggiamento consiste in gran parte di dati componenti particolari, collegati in serie tra loro. — Hawks teneva la testa inclinata lateralmente, e i suoi occhi erano guardinghi. — Dobbiamo svolgere simultaneamente una grande quantità di operazioni in sostanza simili. Non c'era il tempo di disegnare componenti con la capacità di svolgere tali funzioni. Dovevamo utilizzare modelli elettronici già esistenti e rimediare alla loro capacità relativamente bassa usandoli in gran numero. — Si interruppe per un attimo. — Ci vogliono mille formiche per trasportare il contenuto di una tazza di zucchero — concluse.

— Molto bene, Hawks — disse Cobey.

— Stavo cercando di spiegare…

— Vada avanti, Reed.

— Bene… — Reed si sporse in avanti, animandosi. — Non voglio che lei mi giudichi una specie d'orco, dottor Hawks. Ma, siamo sinceri, in quelle apparecchiature è immobilizzato molto danaro, e secondo me non c'è motivo perché, se abbiamo una macchina duplicatrice, non possiamo… — Scrollò le spalle. — Non possiamo fare tutte le copie che ci servono. Non capisco perché sia necessario fabbricarle noi, o acquistarle da fornitori esterni. Ora, in questa situazione non sono in grado neppure di calcolare un costo operativo fisso. E…

— Signor Reed — disse Hawks.

Reed s'interruppe. — Sì?

Hawks si passò una mano sulla faccia. — Capisco il suo punto di vista. E mi rendo conto che la sua proposta è completamente ragionevole. Però…

— Bene, Hawks — fece asciutto Cobey. — Sentiamo il «però»…

— Ecco — disse Hawks a Reed — lei conosce i principi in base a cui opera l'analizzatore… il duplicatore?

— Soltanto approssimativamente, purtroppo — rispose paziente Reed.

— Bene, approssimativamente, il duplicatore prende un pezzo di materia e lo riduce in una serie sistematica di flussi d'elettroni. Elettricità. Un segnale, come quello che esce da un'emittente radio. Ora il segnale passa in queste componenti… nello stesso modo, diciamo, in cui verrebbe captato dall'antenna di una radio ricevente e passato ai suoi circuiti interni. Quando esce all'altra estremità del circuito, non va a finire in un altoparlante, ma viene ritrasmesso alla Luna, dopo essere stato nel frattempo controllato e ricontrollato. Ora, è sostanzialmente questo, ciò che fanno tali componenti… esaminano il segnale per accertarne la coerenza. Il fatto è che l'esattezza con cui il pezzo di materia originale viene ricostruito… duplicato, dipende dalla coerenza dei flussi d'elettroni che arrivano al ricevitore. Perciò, se dovessimo usare componenti duplicati per controllare la coerenza del segnale con cui duplichiamo oggetti estremamente complicati, come un essere umano vivo, introdurremmo una possibilità addizionale d'errore che, nel caso di un essere umano, è più alta di quanto possiamo permettere. Mi segue?