— Non so — rispose Hawks. — Potrebbe parlarne con gli altri che sono quassù. Neppure loro lo sanno. E ci hanno pensato a lungo. Perché crede che la sfuggissero, Barker? Perché non c'era nulla, in lei, che li spaventasse più di quanto essi potessero sopportare? Abbiamo avuto le nostre ondate di suicidi, quando vennero quassù. Quelli rimasti sono relativamente stabili. Ma lo sono perché hanno imparato a pensare al problema solo in un certo modo. Ma faccia pure. Riuscirà forse a combinare qualcosa.
— Ma, Hawks, io voglio tornare alla Terra!
— Al mondo dei suoi ricordi, che desidera rimodellare?
— Perché non posso usare il trasmettitore di ritorno?
— Gliel'ho detto. Abbiamo un solo tramsettitore, quassù. Non abbiamo un laboratorio pieno di apparecchiature di controllo. Il trasmettitore di qui lancia segnali che descrivono i rapporti dattiloscritti e i campioni di roccia che gli uomini della Marina collocano nel ricevitore. Non viene usato molto: ma quando lo si adopera, non trasporta altro. Da qui, senza dati astronomici esattissimi, senza la nostra disponibilità di energia, i segnali si diffondono, mancano la nostra antenna laggiù, si confondono negli strati ionizzati… non è possibile, dalla superficie di un satellite disabitato, inesplorato, privo d'aria, fare ciò che possiamo fare sulla Terra. E da un mondo con la gravità terrestre, con un'atmosfera e la pressione atmosferica e una gamma diversa di temperature, non si possono trasmettere apparecchi che funzionino quassù. Devono venire progettati per queste condizioni, e meglio ancora, dovrebbero essere fabbricati qui. Con che cosa? In quale stabilimento? Non importa, se si tratta di qualche segno sulla carta e pezzi di roccia, che noi disponiamo del minimo indispensabile di equipaggiamento che abbiamo avuto il tempo di adattare. Provando e sbagliando, e con la ripetizione costante, inviamo i segnali, e li decifriamo sulla Terra. Se sono confusi, mandiamo un altro segnale, e un furiere della Marina batte a macchina un nuovo rapporto sulla copia a carbone, e un geologo preleva con lo scalpello un altro pezzo di roccia dello stesso tipo. Ma un uomo, Barker… gliel'ho detto. Un uomo è una fenice. Qui non abbiamo semplicemente i mezzi per effettuare le analisi, passarle attraverso gli amplificatori a differenziale, controllarle, e preparare una registrazione per controllare ancora.
«Può tentare, Al. Può entrare nel trasmettitore di ritorno, e gli specialisti della Marina gireranno gli interruttori. L'hanno fatto altre volte, per altri uomini che dovevano tentare. Come sempre, l'analizzatore la distruggerà istantaneamente e senza farla soffrire. Ma ciò che arriva sulla Terra, Al… ciò che arriva sulla Terra non è l'uomo che lei è diventato da quando è stato introdotto l'ultima volta nel trasmettitore del laboratorio. Glielo assicuro, Al.»
Hawks alzò le braccia e le lasciò ricadere. — Ora capisce che cosa le ho fatto? Capisce cosa ho fatto al povero Sam Latourette, il quale un giorno si sveglierà in un mondo pieno di estranei, senza sapere mai che cosa gli ho fatto dopo averlo affidato agli amplificatori, sapendo soltanto che è guarito ma che il suo vecchio buon amico Ed Hawks è morto ed è diventato polvere? Non ho giocato a carte scoperte, con nessuno di voi. Neppure una volta ho avuto pietà di voi, se non di tanto in tanto, per coincidenza. Si voltò e si avviò, allontanandosi.
— Aspetti! Hawks… Non deve…
Hawks disse, senza fermarsi e senza girare la testa, camminando a passo fermo: — Che cosa non devo fare? C'è un Ed Hawks, nell'universo, che ricorda tutta la sua vita, anche il tempo che ha trascorso nella formazione lunare, fino a questo momento, mentre si trova nel laboratorio. Che cosa va perduto? Non ci sono sprechi. Le auguro buona fortuna, Al… farà bene ad affrettarsi per arrivare al portello stagno. A quello del trasmettitore di ritorno o a quello della stazione della Marina. La distanza è più o meno la stessa.
— Hawks!
— Devo allontanarmi da costoro — disse distrattamente Hawks. — Non è compito loro occuparsi di cadaveri nella loro zona. Voglio arrivare là, fra quelle rocce.
Arrivò in fondo al sentiero, con l'armatura chiazzata dalle ombre del reticolato mimetico che spezzavano le linee del suo corpo, fino a quando parve diventare anch'egli una parte tormentata e irregolare del terreno su cui camminava.
Poi uscì nella luce delle stelle, e la sua armatura balenò di quei riflessi freddi e nitidi.
— Hawks — disse Barker con voce soffocata. — Sono al portello.
— Buona fortuna, Barker.
Hawks s'inerpicò sulle rocce, fino a quando cominciò ad ansimare. Poi si fermò, immobile. Levò il volto verso l'alto, e sul vetro scintillarono le stelle. Trasse un respiro poco profondo dopo l'altro, sempre più rapidamente. Gli occhi gli si riempirono di lacrime. Poi sbatté le palpebre seccamente, rabbiosamente, più volte. — No — disse. — No, non ci casco. — Sbatté di nuovo gli occhi. — Non ho paura di voi — disse. — Un giorno io, o un altro uomo, vi terrà in pugno.
6
Hawks si sfilò dalla testa la maglia arancione, e rimase in piedi accanto al tavolo della vestizione, indossando soltanto la parte inferiore della tuta, e si scosse il talco dalla faccia e dai capelli. Le costole spiccavano sotto la pelle.
— Dovrebbe uscire a prendere un po' di sole, Hawks — disse Barker, sedendosi sul bordo del tavolo e scrutandolo.
— Sì — fece distrattamente Hawks, pensando che non aveva modo di sapere se c'era stata davvero una coperta scozzese sul suo letto, alla fattoria, o se era stata invece una trapunta. — Beh, potrei andarci. Dovrei essere in grado di trovare un po' più di tempo, adesso che la situazione diventerà più normale. Forse andrò a fare il bagno con una ragazza che conosco, o qualcosa del genere. Non so.
C'era un foglietto nella sua mano sinistra, accartocciato e madido di sudore, dove l'aveva stretto prima che lo chiudessero nall'armatura, la prima volta. Lo prese, meticolosamente, cercando di aprirlo senza lacerarlo nei punti in cui era piegato.
Barker chiese: — Ricorda qualcosa di ciò che ci è successo sulla Luna, dopo che siamo usciti dalla formazione?
Hawks scosse il capo. — No, ho perso contatto con Hawks L poco dopo. E la prego, cerchi di ricordare che noi non siamo mai stati sulla Luna.
Barker rise. — D'accordo. Ma che differenza c'è, tra l'esserci stati e il ricordare di esserci stati?
Hawks mormorò, mentre cercava di aprire il foglietto: — Non Io so. Forse la Marina ci manderà un rapporto su quello che hanno fatto, dopo, Hawks L e Barker L. Questo potrebbe dirci qualcosa. Penso che ce lo dirà.
Barker rise ancora. — Lei è un tipo strano, Hawks.
Hawks lo guardò di sottecchi. — E questo mi definisce, vero? Bene, io non sono Hawks. Ricordo di essere Hawks, ma sono stato creato nel ricevitore circa venticinque minuti fa, e lei e io non c'eravamo mai incontrati, prima.
— D'accordo, Hawks — ridacchiò Barker. — Si rilassi!
Hawks non gli badava più. Aprì finalmente il foglietto, e lesse il messaggio confuso con poca difficoltà, poiché era nella sua grafia e, comunque, sapeva cosa diceva. C'era scritto:
Ricordami a lei.