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— Cosa le fa pensare che verrò? Cosa le fa pensare che prenderò ordini da un uomo che non fa quello che saprei fare io? — Gli occhi di Barker scintillavano di frustrazione. — Che cosa le ha preso?

— Io sono una specie d'uomo. Lei è di un'altra specie.

— E questo cosa vorrebbe dire? — Barker cominciò a battere il palmo della mano sul volante. Era iniziato come un tocco delicato e divenne un martellare meccanico. — Non la capisco!

— Lei è un suicida — disse Hawks. — Io sono un assassino. — Si voltò per andarsene. — Dovrò ucciderla molte, molte volte, in molti modi incredibili. Spero soltanto che lei ci s'impegni con tutto l'amore che crede di poterci mettere. Domattina alle nove in punto, Barker. Al cancello faccia il mio nome. Avvertirò che la lascino passare.

E si avviò.

Barker borbottò: — Già. — Si alzò dal sedile e urlò: — Connie aveva ragione, lo sa? Aveva ragione! Noi due facciamo una grande coppia!

La luce del sole gli danzava sulla faccia, riflessa dalle schegge della bottiglia di whisky caduta sull'orlo della strada. La sua espressione cambiò bruscamente, e invertì la marcia, risalendo il viottolo con la stessa rapidità con cui il camaleonte fa saettare la lingua, e sparì oltre la diramazione.

PARTE SECONDA

Hawks arrivò finalmente all'emporio che sorgeva nel punto in cui la strada di sabbia si congiungeva con l'autostrada. Portava la giacca sul braccio e la camicia, che aveva slacciato alla gola, era umida di sudore e gli aderiva al magro corpo.

Si fermò e diede un'occhiata all'emporio, un piccolo edificio di legno grigiastro, con una falsa facciata squadrata, accanto alla quale si ammucchiavano malconce cassette di bottiglie vuote e sporche di bibite analcoliche.

Si asciugò la faccia con il taglio della mano, si sfilò le scarpe, e si tenne in equilibrio come un airone, mentre a turno le svuotava della sabbia che vi era entrata. Poi si avviò all'ingresso del negozio.

Guardò oltre le pompe scrostate della benzina, in su e in giù per l'autostrada, che scompariva ardente in distanza, e perdeva ogni lieve avvallamento della superficie sotto le pozze frementi dei miraggi. Si vedevano soltanto auto private, che passavano davanti a lui rombando. I miraggi sembravano mozzare le ruote, quando li attraversavano fischiando, e confondevano gli orli dei paraurti.

Hawks si voltò, aprì la malferma porta a zanzariera che ostentava un cartello sudicio con la pubblicità di una marca di pane, ed entrò.

L'emporio era pieno di scaffali e di armadietti che riempivano quasi tutto lo spazio libero, lasciando solo strette corsie. Si guardò intorno, sbattendo le palpebre, e finalmente chiuse completamente gli occhi, e li riaprì dopo un momento con una smorfia d'impazienza. Tornò a guardarsi intorno, questa volta con maggiore fermezza. Nel negozio non c'era nessuno. Una porta molto stretta dava sul retrobottega, dal quale non proveniva alcun suono. Hawks si riabbottonò il colletto e raddrizzò la cravatta.

Aggrottò la fronte e si voltò a guardare la porta da cui era entrato. Vide un campanello, appeso in alto in modo che l'uscio principale, spostandosi, l'avrebbe urtato facendolo suonare; ma la porta a zanzariera l'aveva appena sfiorato. Alzò la mano, e piegò verso il basso il supporto elastico. Il suo gesto preciso non smosse il campanello quanto bastava per farlo squillare: restò a guardarlo, rannuvolandosi in viso. Fece per toccare il campanello, riabbassò la mano, e si girò di nuovo. Parecchie automobili passarono avanti e indietro sull'autostrada, in rapida successione.

Hawks aveva deposto la giacca sul coperchio di un refrigeratore della Coca-Cola, lì accanto. La riprese, e alzò il coperchio, guardando le bottiglie nell'interno. Erano tutte bibite d'una marca locale, arancione acceso e rosso vitreo, immerse fino al collo nell'acqua sudicia, le etichette di carta, macerate, erano risalite lungo i fianchi di alcune di esse. Un pezzo di ghiaccio affusolato, che sembrava una testa di ratto gigantesca, ballonzolava in pi angolo, chiazzata dagli stessi sedimenti che formavamo una specie di schiuma sulle bottiglie. Hawks riabbassò il coperchio, sempre con un gesto automatico, controllato, e ancora una volta non vi fu un suono abbastanza forte da arrivare fino al retrobottega. Si fermò a guardare il refrigeratore, con le graffiature tutte piene di ruggine, e trasse un profondo respiro, poi lanciò un'occhiata verso la porta del retro.

All'esterno ci fu uno scricchiolio sommesso di ghiaia, quando una macchina si avvicinò alle pompe della benzina. Hawks sbirciò fuori oltre la porta a zanzariera. Una ragazza, al volante di un vecchio coupé, lo guardò dal finestrino, abbassando il vetro.

Hawks si girò di nuovo verso il retro. Silenzio. Mosse un passo in quella direzione, aprì la bocca e la richiuse.

La portiera della macchina si aprì e si richiuse, mentre la ragazza scendeva, si avvicinava alla porta a zanzariera e sbirciava nell'interno. Era piccola, bruna, pallida, con la bocca grande, un po' contratta in un'espressione indecisa. Si schermò gli occhi con la mano. Guardò Hawks, ed egli scrollò le spalle.

La ragazza aprì la porta, e il campanello tintinnò. Lei entrò e disse a Hawks: — Vorrei un po' di benzina.

Vi fu un rumore d'improvviso movimento nel retrobottega… un pesante cigolio delle molle d'un letto, e uno strascicar di passi. Hawks indicò vagamente con un gesto da quella parte.

— Oh — fece la ragazza. Guardò gli abiti di Hawks e sorrise con aria di scusa. — Mi perdoni. Pensavo che lavorasse qui.

Hawks scosse il capo.

Un uomo grasso e quasi calvo, in canottiera e calzoni color kaki, i piedi gonfi infilati nei sandali e le ciocche di capelli umidi e grigi premuti a virgola contro la testa, uscì dal retrobottega. Si massaggiò le grinze lasciategli dal cuscino e disse con voce rauca: — Stavo facendo un sonnellino. — Il suo sguardo sfrecciò dalle loro mani al banco, notò che non c'era niente. Borbottò: — Magari potrebbero derubarmi — disse a tutti e due.

— Ecco, questo signore è arrivato prima di me — disse la ragazza.

L'uomo guardò Hawks. — Stava aspettando? Non ho sentito chiamare. — Lanciò un'occhiata acuta alla giacca che Hawks teneva ripiegata sul braccio, poi agli scaffali. — Era qui da molto?

— Voglio solo sapere se passa di qui un autobus per la città.

— E aveva pensato di stare qui ad aspettare che comparissi io? E se l'autobus fosse passato mentre lei era qui? Sarebbe stata una sciocchezza, no?

Hawks sospirò. — C'è qualche autobus che passa di qui?

— Una quantità di autobus, amico. Ma nessuno si ferma per far salire i viaggiatori locali. Se viene dalla città, la fanno scendere dove vuole; ma non la fanno salire, se non è una fermata ufficiale. Questione di regolamenti. Lei non ha la macchina?

— No, non ce l'ho. Dov'è la fermata d'autobus più vicina?

— Due chilometri e mezzo più in giù, da quella parte. — L'uomo agitò la mano. — Al distributore. «Henry's Friedly Service».

Hawks si asciugò di nuovo la faccia. — Dia la benzina alla signorina, mentre ci penso sopra. — Sorrise, per un attimo. — Quando rientra, potrà anche perquisirmi.

L'uomo arrossì. I suoi occhi sfrecciarono da Hawks alla porta. — Ha fatto il fess… ha pasticciato con il campanello? Perdoni il mio linguaggio, signorina.

— Sì, l'ho aggiustato. In modo che nessun altro potesse entrare a sua insaputa.

L'uomo borbottò: — Nel retrobottega tengo un fucile a canne mozze che potrebbe farla volare fuori dalla facciata dell'emporio. — Dopo un'occhiataccia a Hawks, si rivolse alla ragazza. — Voleva della benzina? — E sorrise. — La servo in un attimo. — Passò davanti a Hawks e tenne aperta la porta, goffamente, con il braccio bianco e molle. Poi, dalla soglia, disse a Hawks: — Sarà meglio che decida cosa vuol fare, amico… andare a piedi, chiedere un passaggio, comprare qualcosa. Non posso stare mica qui tutto il giorno. — Sogghignò di nuovo, all'indirizzo della ragazza. — Devo servire la signorina.