Ho visto l’infinito e l’eterno. Non ho mai dimenticato la visione degli universi adiacenti a questo mondo soleggiato, più prossimi gli uni agli altri delle pagine di un libro, né ho dimenticato lo splendore galattico della storia dell’Ottimità, che credo vivrà per sempre nella mia anima.
Ma nessuna di queste visioni grandiose ha per me la metà dell’importanza che hanno i momenti fugaci di tenerezza, i quali hanno illuminato l’oscurità della mia vita solitaria. Ho beneficiato della lealtà e della pazienza di Nebogipfel, dell’amicizia di Mosè, del calore umano di Hilary Bond. E nessuna delle mie imprese, nessuna delle mie avventure, nessuna visione del tempo o dei paesaggi stellari infiniti, vivrà tanto a lungo nel mio cuore quanto l’attimo in cui, la prima, luminosa mattina dopo il mio ritorno qui, mentre sedevo sulla riva del fiumiciattolo a bagnarle il viso ovale, Weena ha finalmente gonfiato il petto nella respirazione, ha tossito, ha riaperto per la prima volta i begli occhi, facendomi così capire di essere viva, e, nel riconoscermi, ha dischiuso le labbra in un sorriso di gioia.
[Nota dell’Editore: Qui termina il resoconto. Non è stata trovata nessuna appendice.]