Sbirciò in camera da letto. Lissa giaceva a faccia in giù, un braccio che penzolava sul pavimento. Russava lievemente. Be’, aveva avuto una notte faticosa. Programmò la colazione per sé.
Macy si chiese se il dottor Gomez sarebbe stato al Centro quel giorno. Gli sarebbe piaciuto vedere l’espressione sulla faccia del piccolo messicano quando l’identità che secondo lui doveva essere stata obliterata sarebbe riemersa nel suo cervello. Gli pareva di sentire ancora il vanitoso sproloquiare del dottore. "Se le dico che Hamlin è stato sradicato, è perché lo so." Sicuro. "Non perché sia un bastardo dalla testa dura." No, naturalmente no. "Nat Hamlin non esiste più." Se lo dici tu. "Hamlin esiste solo come concetto astratto." Come vuoi, tesoro mio. Come glieli avrebbe spiegati Gomez gli avvenimenti della notte appena trascorsa? Spero che Hamlin gli sputi in faccia. Con la mia bocca.
Pensava di sapere cosa era stato a riportare Hamlin in vita. Chi, cioè. Lissa. Queste sue facoltà telepatiche erano riuscite in qualche maniera a espellere il suo io dal limbo e a fornirgli un appiglio almeno parziale sul suo ex corpo. Ripensando ai i suoi rapporti con Lissa, Macy vide chiaramente cosa era successo. Quel primo giorno, esattamente due settimane prima, quando gli era venuta addosso per la strada, quel primo riconoscimento: Lissa che si rifiutava di vedere il distintivo Riab e lo chiamava con il nome di Nat Hamlin; proprio in quel momento, fin dall’inizio, aveva sentito un dolore lancinante, come se fosse stato Hamlin mentre il suo passato veniva sradicato, al Centro. E pochi minuti dopo la stessa esperienza, quando Lissa gli aveva afferrato il polso: quella sensazione di calore nel cervello, di una intrusione. Evidentemente erano le sue facoltà ESP che rimescolavano qualcosa dentro di lui. Provocando un momento di confusione, di doppia identità, in cui non era sicuro se era Hamlin o Macy. Probabilmente quello era stato il momento in cui il ritorno alla coscienza di Hamlin era stato stimolato. Quando ho avuto quella visione di me stesso nello studio di Hamlin, con Lissa in posa per me. E ho creduto di avere un attacco di cuore per la strada.
E poi? Quello stesso giorno, più tardi, quando per poco non sono svenuto davanti alla scultura nello studio di Harold Griswold: quello doveva essere Hamlin che lanciava un grido e faceva i salti dentro di me alla vista di qualcosa di familiare. Quella notte aveva avuto il primo dei suoi sogni di inseguimento. Hamlin libero nella sua mente, che gli dava la caccia. Poi? Quando Lissa aveva mandato la lettera in cui minacciava il suicidio, e in seguito l’aveva incontrata all’angolo della strada. Buon Dio, era successo solo il giorno prima? Lui le si era avvicinato, e c’era stata di nuovo quella sensazione di duplicità, la nausea, la confusione. Senza dubbio lei aveva dato ad Hamlin un altro colpetto. Più tardi, quando aveva cercato di andarsene, al ristorante, e lei gli aveva gridato di restare. Il voltaggio mentale di quel grido doveva essere stata la molla che aveva provocato il risveglio definitivo di Hamlin, fornendogli l’occasione per balzare al livello cosciente. Era rimasto così sconvolto dal grido telepatico di Lissa che Hamlin era stato in grado di impadronirsi di alcuni dei centri cerebrali, e aveva cominciato a parlargli. Era riuscito perfino ad assumere il comando dei muscoli facciali del lato destro, per un certo tempo. Non ha un controllo pieno e duraturo di niente: dopo un po’ scivola via, ma c’è. Colpa di Lissa. Naturalmente non ne aveva l’intenzione. Un assurdo incidente telepatico, ecco tutto. O forse non è del tutto casuale. Era Hamlin che lei amava; io sono solo un estraneo nel suo corpo. E se questo fosse il suo sistema per liberarsi di me e aiutarlo a tornare?
No.
Non voleva crederlo. Lei non aveva voluto riportare Hamlin alla coscienza. Ma era pur sempre responsabile. Adesso Macy doveva rimuovere nuovamente Hamlin. Dolore e tormento, presumibilmente. Dopo di che avrebbe fatto meglio a non avere più rapporti di alcun genere con Lissa. L’autoconservazione deve avere la precedenza sull’altruismo, giusto? Basta con Lissa.
Il Centro Riab era a Greenwich, appena dopo il confine col Connecticut. Dieci minuti di tubo a gravità da Manhattan Nord. Macy prese l’autobus fino alla fermata più vicina del tubo. Era una mattina grigia e nebbiosa, più da tardo autunno che da tarda primavera. Pendolari dalle facce tirate che correvano da una parte all’altra. La maggior parte che andavano nella direzione opposta, grazie a Dio. Continuavano a finirgli addosso, dandogli delle strane occhiate, poi proseguivano. Per più di una settimana si era sentito libero dall’ossessione che la gente lo guardasse sempre, ma questa mattina era tornata. Il distintivo Riab sembrava un faro che attirava l’attenzione di tutti. Annunciando: questo è un ex peccatore. Colpevole di azioni orrende. Dietro questa maschera normale si nasconde il cervello purificato di un famoso criminale. Lo riconoscete? Ricordate le notizie? Venite, dategli un’occhiata, ampliate la vostra esperienza di vita grazie a un momento di vicinanza con qualcuno che è stato sulla bocca di tutti. Garantito non pericoloso. Garantito rigenerato e redento dal peccato. Cammina, parla, soffre come un normale essere umano! Guardate l’ex mostro. Guardate! Guardate! Guardate!
— Greenwich — disse Macy con voce roca allo scanner, e batté il suo numero di conto. Dalla fessura uscì un biglietto di plastica con sottili filamenti d’oro. Stringendolo con forza, Macy raggiunse il marciapiede. Le porte della vettura erano aperte. Un sacco di posti vuoti. Ne trovò uno vicino alla parete. Non c’erano finestrini. La gente continuava a salire. Rimase seduto immobile, pensando il meno possibile. Galleggiando. Come il treno stesso, dentro il suo tubo, galleggiava in un tubo più grande su un cuscino di acqua di sessanta centimetri.
— Tutti in vettura — annuncia una voce computerizzata. Le porte a tenuta stagna si chiudono. Siamo sigillati. Scivoliamo, attraverso la camera pressurizzata. La valvola si apre. Davanti al treno, il vuoto quasi totale, dietro pressione completa. Il convoglio schizza nel tubo. Un sistema molto intelligente. Scarsa sensazione di moto, a causa del sistema di galleggiamento dinamico e delle ruote su cuscinetti. Il treno scivola silenziosamente verso est, spinto da astute forze pneumatiche, l’aria dietro al treno che diventa man mano più rarefatta, l’aria di fronte che viene compressa. Alla fine l’aria di fronte diventerà il nostro cuscino per la decelerazione. Nel frattempo anche la gravità ci spinge, lungo il tunnel leggermente in discesa. Fino a metà del tragitto, quando cominceremo ad alzarci e a rallentare. Come sono astuti questi ingegneri. Se solo potessi andare tutto il giorno nel tubo, avanti e indietro, a cinquecento chilometri all’ora. L’estasi della caduta libera. O quasi libera.
Macy sedeva con gli occhi chiusi. Nessun segno di vita da parte di Hamlin. Resta nascosto, bastardo criminale. Resta nascosto.
Non capiva come fosse possibile che Hamlin fosse tornato. Al Centro si era fatto un’idea abbastanza chiara del processo di riabilitazione, e da quello che ne sapeva non vedeva alcuna possibilità per una resurrezione spontanea o provocata di un’identità obliterata. Cos’è l’identità, dopo tutto, se non la somma di tutte le programmazioni che abbiamo ricevuto, a partire dalla pacca ostetrica che prendiamo sulla schiena? Ci forniscono un nome, un insieme di parenti, una visione strutturale della società, e una serie di esperienze di vita. E dopo un po’ dei meccanismi di feedback cominciano a funzionare, cosicché ciò che siamo già diventati dirige le nostre scelte formative, rinforzando i contorni dell’io esistente, creando gli atteggiamenti e le reazioni che noi e altri consideriamo "tipiche" dell’io. Bene. E questo accumulo di eventi e atteggiamenti è iscritto nel cervello, prima sotto forma di impulsi e schemi elettrici, mentre i ricordi a breve termine vengono accettati per l’immagazzinamento a lungo termine, sotto forma di catene di molecole complesse, registrate nella struttura chimica delle cellule cerebrali.