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Un’altra fitta di dolore fra le scapole.

Basta, disse Macy. Gesù, perché lo fai?

…Autoconservazione. Come hai detto tu prima, l’autoconservazione deve avere la precedenza sull’altruismo, giusto?

Riesci a sentire tutti i miei pensieri?

… Quanto basta. Quanto basta per sapere quando sono minacciato.

Minacciato?

…Sicuro. Dove stavi andando quando ti ho buttato a terra?

Al Centro Riab, ammise Macy.

…Esatto. E cosa avevi intenzione di fare, lì?

La mia terapia settimanale.

…Col cazzo. Avevi intenzione di dire ai dottori che ero tornato in vita.

E se anche fosse così?

…Non fare l’ingenuo. Volevi farmi cancellare di nuovo, vero? Vero, Macy?

Be’…

…Ammettilo!

Macy, accovacciato sulle piastrelle lucide, cercò di chiamare aiuto. Dalla bocca gli uscì un miagolio flebile. I pendolari continuarono a passargli accanto. Una flottiglia di ventiquattrore e terminali portatili. Per favore. Per favore. Aiutatemi.

Hamlin ancora:

…Ammettilo!

Lasciami stare.

Macy avvertì un’improvvisa esplosione di dolore dietro lo sterno. Come se una mano gli si fosse stretta attorno al cuore, per un attimo, con forza tremenda. Facendo impazzire le valvole, vuotando i ventricoli, bloccando l’aorta.

…Sto imparando a muovermi da queste parti, amico. Oggi so fare un sacco di cose che ieri non mi immaginavo neppure. Per esempio farti solletico al cuore. Non è una sensazione fantastica? E adesso prova a dirmi perché avevi tanta fretta di arrivare al Centro Riab, e sarà meglio che sia la risposta giusta.

Per farti obliterare di nuovo, confessò miseramente Macy.

…Sì. Sì. La sporca verità, alla fine! Meditavi il mio assassinio, vero? Io non ho mai ucciso nessuno in vita mia, sai, mi sono preso solo qualche libertà con il mio uccello, e tuttavia lo stato ha ritenuto opportuno condannarmi a morte…

Alla riabilitazione, disse Macy.

…A morte, replicò brutalmente Hamlin, dandogli uno strattone al tricipite destro per sottolineare il concetto. Mi hanno ammazzato e hanno messo qualcun altro nel mio corpo, solo che io sono tornato in vita, e tu volevi farmi uccidere di nuovo. Non è necessario dibattere molto sul significato della questione. Alzati, Macy.

Macy verificò con cautela le proprie forze, e scoprì che le gambe adesso lo reggevano. Si alzò molto lentamente, sentendosi incredibilmente fragile. Qualche passo barcollante. Le ginocchia che tremavano. La pelle sudata. Un senso di arsura alla gola.

…Adesso amico dobbiamo parlarci chiaro. Oggi non andrai al Centro Riab. Non ci andrai mai più, perché il Centro è un posto pericoloso per me, e perciò per tenertene lontano devo renderlo un posto pericoloso anche per te. Permetti che ti dia un assaggio di quello che ti succederà se ti avvicini di nuovo a meno di cinque chilometri dal Centro Riab. Solo un piccolo assaggio.

Ancora la mano che si stringeva intorno al suo cuore. Una stretta selvaggia. Fece cadere Macy un’altra volta. A poco a poco la stretta interiore si allentò, ma lo lasciò in preda alla nausea e alla debolezza, e un tuono terribile riverberava entro il suo petto. La guancia sulle piastrelle, scalciò in una frenesia di dolore. Questa volta la sua angoscia fu troppo visibile per venire ignorata, e venne afferrato dai passanti e rimesso in piedi.

— Sta bene? Un attacco?

— Per favore… vorrei sedermi…

— Ha bisogno di un dottore?

— Solo uno spasmo al petto… Mi è capitato altre volte…

Lo portarono dentro. Una panca nella sala di attesa. Globi pubblicitari che galleggiavano in aria, lampeggiando il loro messaggio davanti alla sua faccia. Era intontito. Incapace perfino di pensare. Un flusso continuo di persone che gli passava accanto. Treni che arrivavano, partivano. Voci. Colori. Dopo un po’, gli tornarono le forze.

…Se cerchi di ritornare per farti ricondizionare, Macy, questo è quello che ti farò, e non soltanto una piccola stretta. Se sarà necessario ti bloccherò completamente il cuore. Posso farlo. So dove sono le connessioni nervose, adesso.

Ma in questo caso morirai anche tu, disse Macy.

…È vero. Se sarà necessario che io interrompa i processi vitali di questo corpo che condividiamo, moriremo entrambi. E allora? Non mi aspetto che tu ti suicidi per liberarti di me. Ma io sono perfettamente disposto a suicidarmi per impedire a te di liberarti di me, perché non ho altra scelta. Sono comunque un uomo morto, se metti piede dentro il Centro Riab. Perciò la mia è una minaccia definitiva. Stai lontano o peggio per te. Non sarebbe una cosa intelligente da parte tua vedere il mio bluff. Per amore di entrambi, non farlo.

Però mi aspettano per la terapia settimanale.

…Non andarci.

Fa parte della sentenza. Se non mi faccio vedere, ci sarà un mandato di cattura.

…Ce ne preoccuperemo quando verrà il momento. Nel frattempo, lascia perdere le sessioni terapeutiche.

Ma non possiamo condividere lo stesso corpo, protestò Macy. È folle. Non c’è posto per tutti e due.

…Non preoccuparti di questo. Troveremo una soluzione. Per il momento lo condividiamo, e sarà meglio che accetti l’idea. E adesso salta sul primo treno diretto in città. Portami lontano da quel fottuto Centro.

6

Di nuovo a casa, a metà mattina. La testa dolorante. Non il più piccolo segno di Hamlin lungo la via del ritorno. L’appartamento sembrava avesse subito una strana trasformazione durante le due ore di assenza: in precedenza era un luogo neutro, del tutto privo di connotazioni emotive; adesso una cella aliena e sinistra, stretta e repellente.

Il nuovo carattere oscuro dell’appartamento lo lasciò stupefatto. Le sue misteriose risonanze autunnali. Le ombre, dove prima non c’erano state ombre. Niente era veramente cambiato in esso. Lissa non aveva spostato i mobili né pitturato le pareti di un colore diverso. E tuttavia. Tuttavia, come appariva spaventoso adesso! Quanto si sentiva fuori posto in esso. La camera da letto a forma di L, il soffitto basso, il letto stretto contro una parete sottile; i lampadari antiquati appesi al soffitto, la tinta di un verde bilioso, stampe a buon mercato di Picasso, macchiate, una finestra stretta che mostrava macchie di luce solare e due striminziti alberi dall’altra parte della strada… che spettacolo tetro, squallido, deprimente! Davvero della gente viveva in posti come quello? Un bagno minuscolo con piastrelle rosa. Neanche una doccia ultrasonica, solo vasca lavandino e water arcaici. Una microscopica cucina-sala da pranzo, con tavolo, frigorifero, schermo telefonico, unità di smaltimento, forno, tutto incastrato. Almeno c’era un piccolo pulitore a ultrasuoni per i piatti sporchi. Un salottino, con un divano in plastica rossa, qualche libro, cassette, una video unità.

Una prigione per l’anima. Il nostro secolo impoverito: questo è quanto di meglio possiamo permetterci per gli esseri umani, dopo tante orge di spreco e distruzione. Durante le ultime due settimane quell’appartamento era stato il suo rifugio, il suo porto, il suo eremitaggio; se pensava a esso (cosa di cui dubitava), lo faceva con un certo affetto. Perché adesso lo disgustava? Dopo un momento, credette di capire. La sensibilità di Hamlin adesso si sovrapponeva alla sua. Le sofisticate percezioni dello scultore che filtravano al livello di Macy, nella mente divisa fra i due. Il disprezzo di Hamlin dell’appartamento condizionava la visione di Macy. Per Hamlin le proporzioni erano sbagliate, l’ambientazione squallida, la tessitura psicologica ripugnante, i colori orrendi. Macy ebbe un brivido. Visualizzò Hamlin come una specie di ascesso nel suo cervello, una pustola, inaccessibile e distruttiva.