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E d’improvviso i suoi pantaloni sono aperti. L’organo spesso e arrossato che esce. (Oh, tu l’hai visto, Macy, lo conosci come il tuo!) Viene presa dal panico. È già stata scopata prima, sì, otto o dieci ragazzi, non è una timida verginella, ma quello è l’autentico cazzo eretto di Nathaniel Hamlin in avvicinamento, che è una cosa molto speciale. Ha ammirato le sue opere per tutta la vita, e non aveva mai sognato che un giorno le avrebbe presentato il suo albero maestro. Non riesce a staccarne gli occhi, finché non affonda nel suo buco.

Dentro e fuori, dentro e fuori. L’autentico aggeggio di Nat Hamlin sa il fatto suo. Una tremenda intensità ribolle dentro di lui, e la esprime mediante il suo uccello. Lei viene un migliaio di volte. Dopo, corrono nudi per tutta la proprietà, nuotano, ridono, si ubriacano. Lui le fa delle olografie per circa un’ora. Tu e io, dice, faremo insieme un capolavoro che il mondo non dimenticherà. Poi si vestono, lui la porta in un ristorante vicino al Sound, di una tale eleganza che le fa girare la testa, e finalmente, a tarda notte, la deposita al suo appartamento: un mucchio di carne adolescente, esausta, attonita, molto scopata.

Poi non ha più notizie per tre mesi. Disperazione. Finalmente una cartolina di scuse dal Marocco. Un’altra, un mese e mezzo più tardi, da Bagdad. A Natale una cartolina con francobolli giapponesi. Poi nel gennaio del ’05 una telefonata. È tornato in città, finalmente. Ci vediamo questa sera alle nove, cancella tutti gli altri impegni.

E da quel momento in poi lei è più o meno la sua amante a tempo pieno, vive a Darien la maggior parte del tempo, naturalmente abbandona la scuola d’arte, perde i contatti con i vecchi amici, che adesso le sembrano ingenui e immaturi. Nuovi amici, interessanti. Diventa perfino amica della moglie di Hamlin, (Una peculiare relazione matrimoniale, concluse Macy.)

Agli inizi del ’06, dopo circa un anno di progetti, Hamlin si mette seriamente al lavoro sull’Antigone 21. Mesi di lavoro per lui e per lei; è un demone quando lavora. Dodici, quindici, diciotto ore al giorno. Finalmente, ha quasi terminato. Ha quasi terminato anche con lei. Ha parlato di matrimonio fin dall’estate del ’05, ma la loro relazione diventa sempre più tesa. Violenza fisica: la prende a schiaffi e a calci, in un paio di occasioni, una volta la scopa di viva forza, quando lei non vuole, alla fine la butta giù dalle scale e le rompe l’osso pelvico. Ospedale. Durante il quale lui soccombe completamente alla disintegrazione della personalità che si è sviluppata, senza che lei lo sapesse, durante la maggior parte dell’anno, e commette Atti Orribili sulle persone di una serie di donne. Viene arrestato e processato. Lei non lo vede più fino a quel bizzarro giorno di maggio del 2011, quando va a finire addosso a Paul Macy lungo una strada di Manhattan Nord.

E il tuo problema con la telepatia? vorrebbe chiedere Macy. Quando è cominciato? Quando si è aggravato? Ma evidentemente lei non vuole parlarne. Quella sera vuole parlargli solo di antichi problemi, la sua storia d’amore con il defunto grande artista. E adesso ha detto tutto quello che si sentiva di dire. Silenzio. Luci spente. Due braci rosse di sigarette nel buio. Fumo pungente che si alza verso il cielo. Questo è il momento adatto a un’apparizione di Hamlin, pensò Macy. Per aggiungere qualche nota integrativa al racconto di Lissa. Ma Hamlin, lasciandosi sfuggire l’imbeccata, non comparve. Macy cominciava a sospettare che ciascun incontro con Hamlin prosciugasse la forza dell’altro quanto la sua, e forse più; fra un colloquio e l’altro Hamlin doveva starsene in disparte, a ricaricarsi. Magari non era così, ma era una possibilità incoraggiante. Stancalo, spossalo, e alla fine buttalo fuori. Una gara di resistenza.

Macy si accostò doverosamente a Lissa, non perché sentisse in particolare il bisogno di lei, ma perché gli sembrò che dovessero commemorare il suo trasferimento da lui con qualche celebrazione passionale; la sua mano scivolò su uno dei suoi seni, ma lei non ebbe alcuna reazione, rimanendo sdraiata lì immobile, come in trance, e un pensiero poco allegro lo colpì: Quando fa all’amore con me, non cerca in realtà di catturare quei momenti di passione con lui? Io sono il corpo ben dotato di Nat Hamlin, meno la natura violenta di Nat Hamlin; non è questo tutto ciò che cerca da me?

Il pensiero di poter essere per lei soltanto il pene rianimato di un morto non lo divertiva affatto. Naturalmente gli aveva detto che lui le piaceva per quello che era, ma cosa era lui in effetti? Avendo amato un genio, poteva amare altrettanto una nullità? Oppure no? Una giovane studentessa d’arte sarebbe stata naturalmente attratta da un magnete come Nat Hamlin, ma Paul Macy non disponeva di altrettanto fascino. Chi sono, cosa sono, dov’è la mia profondità, la mia consistenza? Io non sono nulla. Io sono irreale. L’ombra succeduta ad Hamlin. Il suo relitto. Macy cercò di controllare quell’attacco di pessimismo, dicendosi che era senza dubbio Hamlin a causarlo, emettendo un flusso di veleno dalla sua tana cerebrale. Ma in quel momento non riuscì a incrementare la stima in se stesso. Penetrandola pompò meccanicamente per tre o quattro minuti, sentendosi completamente staccato da lei eccetto che nel punto di entrata, e dal momento che lei non dava alcun segno di essere con lui, venne e ricadde nel solito sonno inquieto, infestato da incubi e ricordi.

Il giorno dopo, all’ufficio, ricevette molte occhiate comprensive. Tutti quanti passavano in punta di piedi intorno a lui, parlavano a voce bassa, sorridevano un sacco, evitavano qualsiasi situazione di potenziale stress o conflitto. Evidentemente avevano paura che potesse dare i numeri al primo stimolo troppo brusco. Era una regressione alla maniera in cui lo avevano trattato qualche settimana prima, quando era appena arrivato, quando pensavano che un Riab dovesse essere trattato come una scatola di uova. Si chiese perché. Forse per il fatto che il giorno prima si era dato malato, e adesso pensavano che avesse sofferto di qualche particolare disturbo dei Riab, di qualche caduta della personalità che richiedeva cautele particolari? La loro eccessiva gentilezza, implicando che lui era più vulnerabile di loro, lo irritava. Dopo due ore e mezzo, bloccò Loftus, l’assistente di Stilton Fredericks, e le disse: — Voglio che sappiate che la ragione per cui sono stato a casa ieri è stato semplicemente un problema di stomaco. Diarrea e vomito, okay?

Lei lo guardò senza espressione. — Non mi pare di averlo chiesto.

— Lo so che non hai chiesto. Ma tutti quanti qui sembrano convinti che abbia avuto una specie di esaurimento nervoso. Almeno è così che mi hanno trattato oggi. Sono così schifosamente gentili che non ne posso più. Perciò ho pensato di farti spargere la voce che sto benissimo. Solo una piccola indisposizione interna.

— Non ti fa piacere che la gente sia gentile con te, Macy?

— Non ho detto questo. Solo non voglio che i miei colleghi di lavoro facciano delle ipotesi sbagliate sullo stato del mio cervello.

— D’accordo, non hai avuto un esaurimento nervoso. Allora perché hai un’aria così strana?

— Strana?

— Strana — disse Loftus.

— In che senso?

— Guardati allo specchio. — Poi un momento di tenerezza che affiorò attraverso l’acciaio. — Se c’è qualcosa che possiamo fare per te…

— No. No. Davvero, era solo mal di stomaco.

— D’accordo. Se qualcuno lo chiede, glielo dico. Nessuno ti mormorerà alle spalle.

La ringraziò e raggiunse in fretta il bagno dei dirigenti. Fra tutti gli arnesi elettronici, i rasoi ultrasonici, gli orinatoi a forma di bottiglia di Klein, trovò uno specchio, modello standard, con il retro argentato, come ai vecchi tempi. Una faccia feroce, iniettata di sangue lo guardò. Fronte aggrottata. Narici allargate. Labbra compresse, la bocca piegata da una parte. Gesù! Non c’era da meravigliarsi! Era il signor Hyde e il dottor Jekyll contemporaneamente, i lineamenti tutti contorti, che riflettevano i peggiori tormenti interiori.