Выбрать главу

— Non so cosa mi sia successo — mormorò. — Guardando quella scultura nell’angolo…

— Quell’Hamlin laggiù? — chiese Griswold. — Uno dei miei preferiti. Me l’ha regalato la mia prima moglie, dieci anni fa, quando Hamlin era ancora uno sconosciuto…

— Se non vi dispiace… dell’acqua fresca…

Due sorsi. Un’altra tazza. Tre sorsi. Evitando accuratamente di guardare la figura della vecchia. L’Hamlin laggiù. I funzionali bene educati che lo scrutavano con la fronte aggrottata, poi cancellavano le rughe non appena lui se ne accorgeva. Tutti così solleciti. — Perdonatemi — disse. — Sapete, è il mio primo giorno fuori. La fatica, la tensione…

— Naturalmente. La tensione. — Griswold.

— La fatica. Comprendiamo. — Fredericks.

Si costrinse a guardare la psicoscultura. L’Hamlin laggiù. Un’opera eccellente. Intensa. Commovente. Il tragico senso della vecchiaia, l’eroismo di sconfiggere il tempo. Un sommesso ronzio che giungeva dai risuonatori dava una sottile colorazione alle sensazioni che doveva stimolare. L’Hamlin laggiù. Macy disse: — È un’opera di Nathaniel Hamlin?

— Esatto — disse Griswold. — Sa Dio quanto vale adesso. A causa della tragica fine di Hamlin. Non che io intenda lontanamente venderla, ma naturalmente quando un artista muore giovane le sue opere acquistano un valore incredibile.

Non lo sapeva, dunque. Non era possibile che fingesse. E non poteva essere così stupido. O Bercovici non glielo aveva detto, oppure gli era stato detto e non se ne ricordava più. Interessante. Macy era scosso per l’intensità della sua reazione alla vista inattesa della scultura. Al Centro Riab non l’avevano avvertito che potevano capitargli cose del genere. Annotò mentalmente di chiederlo, quando fosse tornato la settimana successiva per la prima sessione di post-terapia. E si annotò anche di restare lontano il più possibile dall’ufficio di Griswold.

La scultura stava ancora esercitando un effetto su di lui. Sentiva una specie di risacca, un oceano subcerebrale che lo risucchiava. Cupo rumoreggiare di onde dal basso. Un martellare alla soglia della coscienza. L’Hamlin laggiù. È un’opera di Nathaniel Hamlin? A causa della sua tragica fine. Gesù. Gesù. Un brutto attacco di ginocchia flosce. Fronte sudata. Parossismo di confusione. Sto per cadere, per avere un attacco isterico, per vomitare sul peloso tappeto elettronico di Griswold. Controllati. In fretta. Si voltò con aria di scusa verso Stilton Fredericks e disse con voce impastata: — È più sconvolgente di quanto pensassi. Fammi uscire da qui.

Fredericks lo prese per un braccio. Con fermezza. A Griswold: — Ti spiegherò dopo. — Lo spinse urgentemente verso la porta. Incespicando. La testa che gli dondolava. Gesù. Fuori dall’ufficio, finalmente.

Il momento di intollerabile angst che si allontanava.

— Mi sento molto meglio adesso — mormorò Macy.

— Hai bisogno di una pillola?

— No, no. Niente.

— Sei sicuro di star bene?

— Sicuro.

— Non hai una bella cera.

— Passerà. Mi ha scosso più di quanto mi aspettassi. Ascolta Fredericks… Stilton… non voglio che tu pensi che io sia fragile, o qualcosa del genere, ma sai che sono stato appena dimesso dal Centro Riab, e per i primi giorni…

— È del tutto naturale — disse Fredericks. Una pacca cameratesca sulle spalle. — Comprendiamo il problema. Possiamo venirti incontro. È stata colpa mia, comunque. Avrei dovuto controllare, prima di portarti qui. Ha tante di quelle opere d’arte nel suo ufficio…

— Certo. Come potevi immaginarlo?

— Avrei dovuto controllare lo stesso. Adesso che ho visto il problema, controllerò l’intero edificio. Non immaginavo che ti avrebbe sconvolto fino a questo punto trovarti di fronte a una delle tue sculture.

— Non è mia — disse Macy scuotendo con forza la testa. — Non è mia.

2

Durante le ore diurne non era così brutto. Si era costruito una confortevole routine e viveva dentro di essa, proprio come gli avevano consigliato al Centro. Quelli della Riab gli avevano trovato un piccolo appartamento vicino alla punta superiore della Manhattan Vecchia, a cinque minuti di tubo dagli uffici della compagnia, quaranta minuti camminando a piedi; non aveva voluto esporsi troppo presto all’ambiente caotico dei tubi nelle ore di punta, così all’inizio si recava al lavoro a piedi. L’esercizio fisico gli faceva bene, e comunque non aveva niente di meglio da fare del suo tempo. Ma dal quarto giorno in poi prese il tubo. I sobbalzi e lo stridore delle ruote non lo disturbarono quanto aveva temuto, e schiacciato come una sardina nelle vetture, non doveva preoccuparsi che la gente guardasse lui o il suo distintivo Riab.

Sul lavoro si inserì facilmente e piacevolmente nel meccanismo di trasmissione delle notizie. Aveva avuto sei mesi di addestramento al Centro, e così arrivava alla sua nuova carriera già esperto in fatto di proiezione vocale, dinamica della sincerità, tecniche di trucco e cose del genere; aveva solo bisogno di imparare i dettagli delle operazioni di tutti i giorni, i livelli di autorità, gli schemi di flusso eccetera. Tutti erano gentili con lui, anche se dopo i primi giorni la maggior parte lasciò perdere quella esagerata e irritante cortesia che lo faceva sentire un handicappato. Gli spiegavano cosa fare, lo aiutavano se sbagliava, rispondevano con pazienza e cortesia alle sue domande.

All’inizio Fredericks non gli lasciò fare nessuna vera trasmissione, soltanto sequenze che non andavano in onda, in condizioni simulate. Venne invece messo a leggere dei copioni ad alta voce, per abituarsi ai tempi, e a controllare l’inserimento degli altri annunciatori. Ma se la cavò così bene nelle sequenze simulate che il quinto giorno lo misero alle notizie serali, in annunci della durata di novanta secondi, in quella che chiamavano la sezione-mosaico, dove una serie di annunciatori forniva in rapida successione le notizie del giorno. Fredericks gli disse che nel giro di qualche altra settimana gli sarebbero stati assegnati servizi completi, compresa la scelta dell’occhio volante. Perciò tutto andava bene, professionalmente.

Le notti erano un’altra cosa.

Solitarie, tanto per cominciare. È opportuno evitare legami sessuali, almeno all’inizio, gli aveva suggerito lo psicologo del Centro. Potrebbero essere un elemento di disturbo durante le prime due o tre settimane di adattamento. E così aveva fatto. Aveva evitato di portarsi a casa qualcuna delle ragazze della compagnia, anche se molte di loro avevano dato chiari segni di essere disponibili. Basta chiedere, tesoro. Di sera sedeva da solo, nel suo modesto appartamento. Guardando un sacco di olovisione. Facendo finta che era importante per la sua carriera studiare come le varie reti presentavano le notizie. In verità, desiderava solo la compagnia dello schermo illuminato e dell’audio ad alto volume; la lasciava accesa anche quando non guardava.

Di sera non usciva. Per risparmiare, si diceva. Presumibilmente era stato un uomo ricco nella sua vita precedente, o almeno alquanto benestante. Un artista di successo, le cui opere erano molto richieste, i prezzi che salivano ogni anno nelle gallerie, e cose del genere. Ma tutto il suo patrimonio era stato confiscato dallo stato. La maggior parte del denaro se n’era andato per la terapia e per pagare il divorzio. Quel poco che era rimasto era servito per l’affitto e l’arredamento della casa. Era sostanzialmente povero, fino a quando non fossero cominciati ad arrivare gli assegni del suo nuovo lavoro. Ma sapeva che la vera ragione per cui stava a casa era la paura. Non era ancora pronto per cominciare l’esplorazione del mondo notturno di quella città formidabile. Non poteva uscire mentre il suo nuovo io era ancora fresco e cedevole.