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— No. Non possiedo equipaggiamento, uno studio. Non ho neppure avuto occasione di pensare seriamente al lavoro.

— Ma presto?

— Presto, sì. — Macy sentì le labbra di Hamlin curvarsi in un sorriso malizioso. — Ti piacerebbe rappresentarmi quando ricomincio, Gargantua?

— C’è bisogno di chiederlo? Abbiamo un contratto.

— No — disse Hamlin.

— Posso fartelo vedere. Aspetta, lascia che lo richiami. — Le dita grassocce di Gargan si posarono sui bottoni della tastiera. Mentre stava per schiacciare il primo, Hamlin allungò una mano e lo fermò.

— Avevi un contratto con Nat Hamlin — disse. — Hamlin è morto. Non puoi rappresentare il suo fantasma. Il mio nome è Paul Macy, e sto cercando un mercante. Ti interessa?

La faccia di Gargan parve diventare ancora più gonfia. — Lo sai che è così.

— Quindici per cento.

— Il vecchio contratto diceva trenta.

— Il vecchio contratto è stato firmato vent’anni fa. La situazione è cambiata nel frattempo. Quindici.

Prolungato stiracchiamento della pappagorgia. — Non prendo mai meno del trenta.

— Lo farai, se vuoi che torni con te. — Le voci erano molto piatte, adesso. — Tutti i contratti di Hamlin sono stati legalmente annullati quando la sua personalità ha subito la decostruzione. Non sono legato a niente. Inoltre sono senza fondi, e ho bisogno di ricostruire in fretta il mio capitale. Quindici. Prendere o lasciare.

Negli occhi di Gargan c’era un’astuzia contrapposta. — Nat Hamlin era un maestro riconosciuto con una sfilza di credenziali di musei più lunga del mio uccello. Paul… cos’è? Macy?… Paul Macy non è nessuno. Io avevo una lista di attesa per qualsiasi cosa producesse Hamlin. Perché la gente dovrebbe comprare le tue opere?

— Perché sono bravo come Hamlin.

— Come faccio a saperlo?

— Perché te lo dico io. All’inizio non ci sarà molta richiesta, finché non si sparge la voce, ma quando il pubblico si renderà conto che Macy è bravo quanto Hamlin, meglio ancora di Hamlin, perché è stato in un inferno extra e sa come sfruttarlo, la gente ti comprerà tutto. Ti rifarai abbondantemente dell’investimento iniziale. Facciamo questo affare al quindici o no?

— Vorrei vedere qualche opera di Paul Macy — disse lentamente Gargan — prima di offrire un contratto.

— Prima il contratto, o non vedi niente.

Un suono di rimprovero uscì dalle strette labbra. — Gli artisti non dovrebbero essere avidi. È per questo che hanno bisogno dei mercanti, perché facciano i figli di puttana al posto loro.

— Posso fare il figlio di puttana da solo — disse Hamlin. — Senti, Gargantua, smettiamola con questi giochini. Tu sai chi sono e sai cosa sono capace di fare. Ho avuto dei momenti difficili e mi servono soldi, e comunque a questo punto della mia carriera è assurdo che dia il 30 per cento al mio mercante. Fammi un contratto e dammi diecimila di anticipo, perché possa approntare uno studio e smettiamola con queste stronzate.

— E se non lo facessi?

— Ci sono due dozzine di mercanti, entro un raggio di cinque isolati.

— I quali non vedono l’ora di trattare opere del famoso Paul Macy, immagino.

— Capirebbero chi sono veramente.

— Davvero? Il processo Riab è ritenuto a prova di errore. E se fosse tutta un’abile truffa? Supponiamo che tu sia davvero Paul Macy, e che qualcuno ti abbia insegnato a comportarti come Nat Hamlin, e che tu stia solo cercando di spillarmi un po’ di soldi?

— Mettimi alla prova. Chiedimi qualsiasi cosa sulla vita di Hamlin. — Macy avvertiva l’angoscia di Hamlin, adesso. Il flusso di adrenalina. I pori che si aprivano. I genitali contratti.

— Non gioco a indovinelli — disse Gargan. Pigramente schiacciò un bottone. La stanza si inclinò nella direzione opposta. L’intestino di Hamlin ebbe un sussulto. Il mercante disse: — Non hai appigli, amico. Nessun mercante che ci tiene alla reputazione si fiderebbe di un ricostruito Riab che afferma di possedere ancora l’abilità del suo vecchio io. Perciò il prendere-o-lasciare funziona per me. Ti faccio un contratto, Paul, perché sono un sentimentale e ti voglio bene, ti volevo bene ai vecchi tempi, almeno, e ti darò un po’ di soldi per ricominciare. Ma non intendo farmi ricattare. Venticinque per cento e non un soldo di meno.

— Venti.

— Venticinque. — Uno sbadiglio pantagruelico. — Stai cominciando ad annoiarmi, Paul.

— Non darti tante arie con me. Ricordati con chi stai parlando, che genere di talento è seduto vicino a te. Fra un anno ti pentirai di avermi trattato male. Venti per cento, Gargantua.

— Venticinque.

Adesso Hamlin era chiaramente sconvolto. L’aria spavalda era scomparsa; le ghiandole endocrine lavoravano a pieno ritmo. Macy, che nel frattempo non aveva cessato di esplorare le connessioni neurali, pensò di averne trovata una interessante, e che quello poteva essere il momento adatto per cercare di ricatturare il corpo. Si gettò con tutte le sue forze, gli artigli tesi, all’attacco del quadro di comando cerebrale. Ma niente da fare. Hamlin lo spazzò via come se fosse stato una zanzara e disse ad alta voce. — Dividiamoci la differenza. Ventidue e mezzo, e sono tuo.

Un’ora di viaggio su una macchina presa a nolo portò Hamlin alla sua vecchia villa nel Connecticut. La macchina fece del suo meglio per compensare la sorprendente goffaggine di Hamlin come guidatore. Maneggiava la leva di guida rozzamente, spingendola troppo, spesso cercando di scavalcare la mente giroscopica della macchina, interferendo con la delicata omeostasi che teneva il veicolo nella sua giusta corsia. Macy, dal suo punto di vista privilegiato, osservava le operazioni di Hamlin con sentimenti contrastanti. Evidentemente Hamlin, dopo quattro o cinque anni che non guidava più, aveva perso qualsiasi abilità un tempo avesse posseduto, e questo lo stava preoccupando, perché gli era venuto in mente che durante la sua assenza aveva potuto perdere anche altre capacità. Perciò si stava costringendo a una frenetica concentrazione, stringendo la leva con mani sudate e cercando di sottomettere la macchina ai suoi voleri. Macy sapeva che poteva sfruttare la paura di Hamlin, accentuando la sua angoscia. Credi di essere tornato in vita, Nat, ma non è tornato proprio niente, soltanto il tuo ego e le tue parolacce. Hai perso le tue capacità manuali. Non saresti capace di tagliare pupazzetti di carta, figuriamoci pezzi da museo. E così via. Minando la fiducia in se stesso di Hamlin, attaccando la sua giustificazione principale per aver espulso Macy. Indebolendo la sua presa sul sistema nervoso centrale, predisponendolo a essere rovesciato. Credi di essere ancora un grande artista? Gesù, non sei neanche capace di guidare! Il Centro Riab ti ha fatto a pezzi, Nat, e non tornerai mai più intero. E poi, dopo aver gettato Hamlin nel panico, poteva fare un tentativo di conquista.

Il processo era già bene avviato. I fumi della tensione filtravano fino alla cittadella interiore di Macy. L’odore oleoso della paura e del dubbio. Forza, dagli una spinta, è vulnerabile adesso. Ma era inutile, Macy lo sapeva. Non aveva ancora trovato i punti di appoggio mediante i quali scaraventare Hamlin giù dalla sua posizione dominante. E anche se così fosse stato, non avrebbe osato farlo a centottanta chilometri all’ora; per quanto buona fosse l’omeostasi di quella macchina, non era programmata per l’autoguida, e mentre lui e Hamlin lottavano per il controllo, la macchina poteva andare fuori strada, finire contro un muro o contro il traffico proveniente dalla direzione opposta, in un’orgia di feedback positivo.

Così Macy rimase passivo mentre Hamlin percorreva faticosamente l’autostrada, e con più abilità guidava la macchina lungo le stradine alberate e piene di curve che conducevano alla casa dove un tempo aveva vissuto. Posteggiò la macchina a qualche centinaio di metri di distanza. Abbandonò la strada e camminò cautamente nel bosco. Il paesaggio estivo gli spezzava il cuore, lì. Le foglie così verdi, appena spuntate. Fiori gialli e bianchi. Chipmunk e scoiattoli. Cespugli di felci frondose. Avevano arginato la marea urbana lì, l’inondazione di cemento e inquinamento, l’assalto dell’estinzione. Un avamposto di vita naturale conservato per i più ricchi.