— No. Una pallottola d’argento in testa. Un paletto nel cuore.
— Adesso li chiamo.
— Aspetta. Ti prego, no. Senti, non voglio spaventarti. Sono venuto qui per dirti quanto ti amo. Sono stato all’inferno, Noreen, letteralmente all’inferno, e adesso ne sono uscito, vivrò ancora. E dovevo venire da te. Perché hai paura? Dimmi che mi ami.
— Non ti amo, Nat. Mi disgusti.
Hamlin cominciò a tremare.
— Brava! — gridò. — Brava! Bravissima! — Applaudì. — Che attrice! Che fuoco nella tua lettura! Che acciaio nella voce! — Imitandola: — "Non ti amo, Nat. Mi disgusti." — Applausi frenetici. — Sipario. Fine del secondo atto. Adesso dimmi quello che senti davvero, Noreen. Quanto mi desideri. Hai paura, sì, ti ricordi di me quando ero pazzo, quando facevo tutte quelle cazzate obbrobriose, ma devi ricordarti anche di come ero prima, quello che hai amato, quello che hai sposato, tutte le cose che abbiamo fatto insieme, i posti che abbiamo visto, la gente, e quello che facevamo a letto, ricordi, anche le cose più strane, tu io e Donna nello stesso letto, e poi tu io e Alex, eh Noreen? Amore. Passione. — Allungò una mano verso di lei. — Vieni. Adesso. Dov’è la camera da letto? Oppure qui sul pavimento. Lascia che te ne dia la prova, che ancora mi fai impazzire. Okay? Perché diavolo no? Mi hai aperto la porta cinquecento volte. Ottocento. Una volta in più non ti costerebbe niente.
Stava gridando adesso. La posa di freddo distacco della donna stava cedendo. Sembrava terrorizzata, mentre si ritraeva da lui, inciampando sulle cose. Lui cercò di afferrarla. Riuscì a prenderle il polso, la tirò verso di sé. La dolce fragranza del suo corpo, mescolata con il sudore della paura. Gli occhi velati di terrore. — Noreen — mormorò. — Noreen. Noreen. Noreen. — Le sillabe che perdevano significato e diventavano suoni vuoti. Il cranio in fiamme. Le mascelle indolenzite. Le mani che afferravano i suoi vestiti. Strappavano. I piccoli seni rotondi che spuntavano. Oh Cristo, come sono teneri! Le sue mani sopra. Che stringevano. Lei lo colpì con i pugni, sulla bocca, sul naso, sulle orecchie. Lui aveva un braccio intorno alla sua vita; con l’altro, avendole denudato il petto, puntò verso l’inguine. Per vedere se era bagnata. Per dimostrarle quanto si sbagliava a negarglisi. Ansimava. Come ai vecchi tempi, i brutti vecchi tempi. Hamlin l’animale. Hamlin il minotauro in calore. Una donna fragile che lottava fra le sue braccia. Una nebbia rossa davanti agli occhi. Il sudore lungo i fianchi. Noreen che gridava, scalciava, graffiava.
Ora, pensò Macy, e spinse con tutte le sue forze. Hamlin precipitò dal suo posto di comando. Cadde lamentosamente nell’abisso. Un momento di disorientamento totale, infinitamente lungo. Chi sono? Cosa sono? Dove sono? Lasciò andare la donna che stringeva. Lei si accasciò a terra; lui si tirò indietro e andò a sbattere contro la parete, rimase lì, ansimante, esausto. Il sangue che gli colava dal cranio.
Ma era tutto a posto. Era tornato ai comandi. Era Paul Macy, ed era tornato ai comandi.
13
Andarsene di lì in fretta: quella era la cosa importante, adesso. Ma prima doveva fare la pace. Un gesto per rassicurarla. Noreen Hamlin Krafft giaceva a terra, guardandolo confusa, un filo di sangue che le scendeva dal labbro inferiore tumefatto, capelli in disordine, lividi bluastri sui seni bianchi, dove Hamlin l’aveva stretta. Sarebbero diventati neri, domani. Non si muoveva. Aspettava intontita l’attacco successivo. Rassegnata al suo fato. Macy, la voce che gli usciva confusa e come sfocata. — Va tutto bene adesso. Ho ripreso il controllo. Sono Macy. Non le farò del male.
— Macy.
— Paul Macy. La ricostruzione Riab. Hanno fatto un pessimo lavoro di decostruzione con Hamlin, ed è libero nel mio cervello. Si è impadronito dei centri motori e del linguaggio, ieri notte. — Ieri notte? O una settimana, o un mese prima? Da quanto tempo Hamlin aveva il controllo del suo corpo? — Ma adesso l’ho messo al suo posto, dove non può fare danni. Mentre lottava con lei, sono riuscito a prendere il sopravvento. — L’aiutò a rimettersi in piedi. Si chiese se fosse sotto shock. Non faceva alcun tentativo di coprirsi. Si leccava il taglio del labbro con la punta della lingua. Macy disse: — Mi dispiace per quello che è successo. Si è fatta molto male?
— No. No. — Fissandolo. Cercando di darsi ragione della sua improvvisa trasformazione. Dottor Jekyll, mister Hyde. — Solo un po’ scossa. — Con dita tremanti si coprì il seno, si sistemò i capelli. Fissandolo. La sua faccia era diversa ora? Lo sguardo folle di Hamlin era sparito dai suoi occhi? Sapeva che non era facile per lei comprendere quello che era successo. Questi cambiamenti di identità: lui era giunto ad accettarli come parte della condizione umana, ma agli occhi di lei dovevano essere alieni, incredibili, bizzarri. Forse pensava che lui fosse stato Macy per tutto il tempo, che le avesse giocato uno scherzo folle. Oppure che fosse ancora Hamlin.
Macy disse: — Sarebbe meglio che non dicesse a nessuno quello che è successo. La polizia, suo marito, chiunque. Sto cercando di sradicare completamente Hamlin prima che possa fare qualche guaio serio, ma ci sono dei problemi, e farci entrare la polizia renderebbe le cose ancora peggiori per me. Vede, io sono sotto costante minaccia da parte sua, e se andassi dalle autorità, potrebbe forzare la distruzione di questo corpo, perciò… — Si fermò. Lei sembrava non capire. — Non dica nulla, va bene? Se sarà in mio potere, farò di tutto perché non le capiti più una scena del genere. Mi segue?
Lei fece un cenno vago di assenso. Passeggiando su e giù, cercando di superare la paura. Era tempo che Macy se ne andasse. Giunto alla porta si voltò e disse: — Ancora una cosa: potrebbe dirmi che giorno è oggi?
— Che giorno è oggi? — Lo ripeté con tono piatto, vuoto. Come se le avesse chiesto su quale pianeta si trovavano in quel momento.
— Sì, per favore. La data. È importante.
Lei alzò le spalle. — Il quattro giugno, credo.
— Venerdì?
— Sì, venerdì.
Lui la ringraziò gravemente e uscì. Aveva il corpo rigido, e si diresse con passo sgraziato verso la macchina, le braccia che si agitavano come se fosse spastico, le spalle protese in avanti. Lui e Hamlin evidentemente avevano idee diverse circa la coordinazione fisica, e i suoi muscoli, avendo ricevuto ordini da un’altra mente per diciotto ore circa, erano riluttanti a tornare al tipo di movimenti che Macy preferiva. Non c’era da sorprendersi: il modo di fare di Hamlin era naturale per quel corpo, mentre il suo era qualcosa di imposto dall’esterno. Si concentrò per imporlo. Era una gran fortuna che Hamlin dirigesse lo spettacolo soltanto dalla sera prima, dalla lotta con il rapinatore nel corridoio della casa di Lissa. Macy temeva di poter essere stato incosciente per una settimana o più, prima di riemergere quella mattina. Nel qual caso avrebbe avuto una sequela infinita di fatti e misfatti perpetrati da Hamlin da rintracciare.
Invece no. A quanto pareva era stato sveglio per la maggior parte del periodo di dominazione di Hamlin, perdendosi solo le prime otto ore circa. La cosa era confortante. Dov’era stato Hamlin durante quelle otto ore? Probabilmente a casa mia, a riposarsi. E la lotta col rapinatore? Non doveva essere stata una faccenda molto seria. Macy si toccò la tasca. Il portafoglio non c’era. Doveva essere caduto a terra al momento della conquista, il rapinatore l’aveva ripulito, poi Hamlin si era ripreso e se n’era andato sano e salvo. Il portafoglio non era una grossa perdita. Documenti di identità, carte di credito… tutto sostituibile, tutto inutile per il suo assalitore. Macy non ne aveva neppure bisogno, finché aveva un pollice con l’impronta digitale.
Hamlin era riuscito perfino a noleggiare quella macchina usando soltanto l’impronta del pollice, del mio pollice. O il nostro, forse. Ma la spesa verrà addebitata a me. Macy si sentì vagamente dispiaciuto per il rapinatore, che viveva la squallida vita delle classi inferiori, a un livello sociale dove il denaro liquido ancora dominava. Bel bottino era stato per lui il portafoglio di un dirigente, il portafoglio di chi usa il pollice per pagare, con dentro quattro o cinque dollari al massimo.