Diceva, ‘Ho preso il trono di Illian. Non ti fidare di nessuno fino al mio ritorno. Rand.’ Non direi che è una grande lettera d’amore.»
Lui la baciò di nuovo.
Questa volta, ritrovare il fiato fu un po’ più difficile. Non stava affatto andando come Min aveva immaginato. D’altro canto, non stava andando nemmeno troppo male. «La seconda volta, Jonan Adley mi ha consegnato un foglietto che diceva ‘Tornerò quando qui avrò finito. Non ti fidare di nessuno. Rand.’ Adley è entrato mentre mi facevo il bagno,» aggiunse «e non ha avuto remore a darmi una lunga occhiata.» Rand cercava sempre di fingere che non era geloso — come se esistesse al mondo un uomo che non lo era — ma Min aveva notato come si imbronciava quando gli uomini la guardavano. E, dopo, il suo considerevole ardore era ancora più ardente. Si chiese come sarebbe stato il prossimo bacio. Forse doveva proporgli di ritirarsi con lei in camera da letto? No, non sarebbe stata così diretta, non importava quanto...
Rand la mise giù, il volto improvvisamente inespressivo. «Adley è morto» disse. La corona si staccò dalla sua testa e volò ruotando su sé stessa come se qualcuno l’avesse scagliata via. Quando lei pensò che si sarebbe schiantata contro il Trono del Drago, o forse attraverso, il grosso anello d’oro si fermo e scese lentamente sul seggio.
Min si sentì mozzare il fiato in gola quando guardò Rand. Il sangue riluceva tra gli scuri ricci rossi sopra il suo orecchio sinistro. Lei tirò fuori un fazzoletto col bordo di trine da una manica e si allungò verso la sua tempia, ma Rand le afferrò il polso.
«L’ho ucciso io» le disse in un sussurro.
Min tremò al suono della sua voce. Silenziosa, come una tomba. Forse quella della camera da letto era davvero una buona idea. Non importava se era troppo diretta. Atteggiando il volto a un sorriso — e arrossendo quando vide che le veniva facile, al pensiero di quel letto immenso — Min lo prese per la camicia, preparandosi a strappargli gli abiti di dosso in quello stesso istante.
Qualcuno bussò alla porta.
Le mani di Min scattarono via dalla camicia di Rand. Anche lei scattò via. Si chiese con irritazione chi poteva essere. Le Fanciulle annunciavano i visitatori quando Rand era lì o li lasciavano semplicemente entrare.
«Avanti» disse Rand a voce alta, rivolgendole un mesto sorriso. E di nuovo lei arrossì.
Dobraine aprì e si affacciò oltre la soglia, poi entrò e si chiuse la porta alle spalle quando vide loro due lì in piedi. Il lord cairhienese era basso, poco più alto di Min, con la parte anteriore della testa rasata e il resto dei capelli per lo più grigi lunghi fino alle spalle. Strisce di bianco e blu decoravano fin oltre la vita il davanti della sua giubba quasi nera. Ancor prima di guadagnarsi il favore di Rand era stato uno dei potenti di quella terra.
Adesso era lui a governarla, almeno fin quando Elayne non avesse potuto reclamare il Trono del Sole. «Mio lord Drago» mormorò inchinandosi.
«Mia lady Ta’veren.»
«Uno scherzo» mormorò a sua volta Min quando Rand la guardò inarcando un sopracciglio.
«Forse,» disse Dobraine, scrollando appena le spalle «eppure metà delle nobili in città adesso vestono di colori accesi per imitare lady Min. Brache che lasciano vedere le gambe, e spesso giubbe che non coprono nemmeno i...» Fece un discreto colpo di tosse quando si accorse che la giubba di Min non le copriva nemmeno i fianchi.
Lei pensò di dirgli che aveva delle gambe molto belle, anche se erano decisamente nodose, ma cambiò subito idea. La gelosia di Rand poteva anche essere una fiamma meravigliosa quando erano da soli, ma non voleva che si lanciasse contro Dobraine. E temeva che l’avrebbe fatto. Inoltre, pensava che davvero il Cairhienese avesse solo fatto un errore; lord Dobraine Taborwin non era tipo da fare nemmeno la più lieve delle battute.
«E così anche tu stai cambiando il mondo, Min.» Sogghignando, Rand le batté con un dito sulla punta del naso. La punta del naso! Come se fosse una ragazzina divertente! Peggio ancora, Min sentì che, come una perfetta idiota, stava ricambiando il sorriso. «E meglio di come lo sto facendo io, si direbbe» proseguì lui, e quel sorriso infantile svanì come nebbia.
«Va tutto bene a Tear e nell’Illian, mio lord Drago?» chiese Dobraine.
«Sì, a Tear e nell’Illian sì» rispose cupamente Rand. «Cos’hai per me, Dobraine? Siediti, amico. Siediti.» Indicò la fila di poltrone, e ne prese una per sé.
«Ho eseguito gli ordini di tutte le tue lettere,» rispose Dobraine, sedendosi di fronte a Rand «ma ho poco di buono da riportare, temo.»
«Prendo qualcosa da bere» disse Min con voce tesa. Lettere? Non era facile camminare impettita con gli stivali dal tacco alto — ormai ci era abituata, ma quelle maledette calzature la facevano ondeggiare anche quando non voleva — non era facile, ma con la giusta rabbia si poteva fare di tutto.
E così Min andò impettita verso il tavolino dorato sotto uno degli immensi specchi, un tavolino sul quale erano poggiati brocca e calici d’argento. Si tenne occupata versando il vino alle spezie, e schizzandolo furiosamente fuori dai calici. I servitori portavano sempre dei bicchieri in più, in caso ci fossero visite, ma lei raramente versava il vino se non per Sorilea o un gruppo di stupide nobildonne. Il vino era a malapena tiepido, ma per quei due andava più che bene. Lei aveva ricevuto due lettere, ma scommetteva che a Dobraine ne erano arrivate dieci! Venti! Sbattendo calici e brocca, tese l’orecchio. Che avevano tramato quei due alle sue spalle con le loro decine di lettere?
«A quanto pare Toram Riatin è scomparso,» disse Dobraine «anche se in giro si dice che sia ancora vivo, purtroppo. E si dice anche che Daved Hanlon e Jeraal Mordeth — Padan Fain, come lo chiami tu — lo abbiano abbandonato. A ogni modo, ho sistemato la sorella di Toram, lady Ailil, in generosi appartamenti, con servitori... fidati.» A giudicare dal tono, era chiaro che erano fidati per lui. Quella donna non avrebbe nemmeno potuto cambiarsi d’abito senza che Dobraine lo venisse a sapere. «Capisco la necessità di portare qui lei, lord Bertome e gli altri, ma perché anche il Sommo Signore Weiramon o la Somma Signora Anaiyella? Ovviamente, non c’è neanche da dirlo, anche i loro servitori sono fidati.»
«Come fai a sapere quando una donna ti vuole uccidere?» rifletté Rand.
«Quando sa il tuo nome?» Non sembrava che Dobraine l’avesse intesa come una battuta. Rand piegò di lato la testa, pensoso, poi annuì. Annuì!
Min sperò che non fosse perché sentiva ancora quelle voci nella mente.
Rand fece un gesto come per mettere da parte le donne che volevano ucciderlo. Una cosa pericolosa, con Min nei paraggi. Lei di sicuro non voleva ucciderlo, ma non le sarebbe dispiaciuto se Sorilea gli avesse fatto assaggiare quel suo bastone. Le brache non attutivano affatto i colpi.
«Weiramon è un idiota che fa troppi errori» spiegò Rand a Dobraine, che annuì compassato. «Ho sbagliato a pensare di poterlo usare. In ogni caso, sembra abbastanza contento di poter stare vicino al Drago Rinato. Che altro?» Min gli passò un calice, e lui le sorrise nonostante il vino che gli si riversò sul polso. Forse pensava che fosse un incidente involontario.
«Poco altro e troppo altro» disse Dobraine, poi si spinse all’indietro sulla poltrona per evitare gli schizzi di vino quando Min gli porse il secondo calice. Non le era piaciuto il breve periodo di lavoro come cameriera in una taverna. «Grazie, mia lady Min» mormorò con eleganza il nobile, ma la tenne d’occhio mentre prendeva il calice. Lei tornò con calma al tavolino per versare il vino anche per sé. Con calma.
«Temo che lady Caraline e il Sommo Signore Darlin siano nel palazzo di lady Arilyn, qui nella Città,» proseguì il lord cairhienese «sotto la protezione di Cadsuane Sedai. Forse ‘protezione’ non è la parola giusta. Non mi è stato permesso di entrare e vederli, ma ho saputo che hanno provato a lasciare la Città e sono stati riportati indietro come sacchi. In dei sacchi, secondo una versione della storia. E avendo conosciuto Cadsuane, ci posso quasi credere.»