Min si chiese dove aveva imparato tutte quelle cose. Sembrava un re, un re che sapeva il fatto suo. Forse gliele aveva insegnate Elayne.
«‘Come secondo punto’ significa che ce ne sono altri?» chiese Rand alle due Aes Sedai.
Merana e Rafela si guardarono, si aggiustarono inconsciamente gonna e scialle, poi Merana parlò in tono niente affatto pomposo. In effetti, era fin troppo leggero. «Come terzo punto, il lord Drago accetta di tenere sempre con sé un ambasciatore scelto dagli Atha’an Miere. Harine din Togara si è personalmente proposta. Sarà accompagnata dalla sua Cercavento, il suo Maestro della Spada e la sua scorta.»
«Cosa?» ruggì Rand, alzandosi di scatto.
Rafela intervenne parlando tutto d’un fiato, come temendo che lui potesse interromperla. «E, quarto punto, il lord Drago accetta di rispondere prontamente alla convocazione della Maestra delle Navi, ma non più di due volte ogni tre anni.» Concluse ansimando leggermente, cercando di far apparire quell’ultima aggiunta come un’attenuante.
Lo Scettro del Drago volò dal pavimento accanto a Rand, che lo afferrò a mezz’aria senza guardare. I suoi occhi non erano più di ghiaccio. Erano incendi azzurri. «Un’ambasciatrice del Popolo del Mare appiccicata addosso?» urlò. «Rispondere alle convocazioni?» Agitò la punta di lancia intagliata verso le due donne, con il fiocco verde e bianco che frustava l’aria.
«Lì fuori c’è un popolo che vorrebbe sottometterci tutti, e forse ci riuscirà!
Ci sono i Reietti lì fuori! E il Tenebroso che aspetta! Già che c’eravate potevate accettare anche che io pulissi gli scafi delle loro navi!»
Di solito Min provava a calmarlo quando si adirava a quel modo, ma questa volta rimase seduta e guardò in cagnesco le due Aes Sedai. Era perfettamente d’accordo con lui. Avevano dato via tutta la stalla pur di vendere un cavallo!
Rafela vacillò letteralmente sotto quella foga, ma Merana si raddrizzò, con gli occhi che erano una decente imitazione di un fuoco marrone screziato d’oro. «Stai richiamando noi due?» scattò, con una voce gelida quanto gli occhi erano caldi. Era un’Aes Sedai già quando Min, da ragazzina, l’aveva conosciuta, sovrana tra le regine, potente tra i potenti. «Tu eri presente all’inizio, ta’veren, e li avevi rigirati a tuo piacimento. Avresti potuto farli inginocchiare tutti al tuo cospetto! Ma te ne sei andato! E loro non sono stati contenti di sapere che avevano danzato sulla musica di un ta’veren.
Chissà come, hanno imparato a intessere gli schermi, e prima ancora che tu fossi sceso dalla loro nave io e Rafela ci siamo ritrovate isolate dalla Fonte. Così non potevamo acquisire vantaggi con il Potere, questo ci hanno detto. Più di una volta Harine ci ha minacciato di appenderci al sartiame per le dita dei piedi finché non ci tornava il buon senso, e io personalmente credo che l’avrebbe fatto davvero! Ritieniti fortunato se hai le navi che volevi, Rand al’Thor. Harine te ne voleva dare solo una manciata! Ritieniti fortunato se non ha chiesto anche i tuoi stivali nuovi e quel tuo orrendo trono! Oh, a proposito, ti ha formalmente riconosciuto come il Coramoor, che ti possa venire un crampo allo stomaco!»
Min la guardò a occhi sgranati. Anche Rand e Dobraine la fissavano, il Cairhienese a bocca aperta. Rafela la fissava, muovendo le labbra senza produrre alcun suono. Quanto a ciò, il fuoco si spense negli occhi della stessa Merana, che li sgranò sempre più come se si fosse solo in quel momento accorta di quello che aveva detto.
Lo Scettro del Drago tremava stretto nel pugno di Rand. Min aveva visto la sua furia gonfiarsi e quasi esplodere per molto meno. Pregò per qualcosa che impedisse l’esplosione, ma non gliene veniva in mente nessuna.
«A quanto pare,» disse lui alla fine «le parole che un ta’veren tira fuori alla gente non sono sempre quelle che vorrebbe sentire.» Sembrava... calmo; no, Min non stava per pensare ‘sano di mente’. «Avete fatto un buon lavoro, Merana. Vi ho assegnato un compito difficile, ma tu e Rafela avete fatto un buon lavoro.»
Le due Aes Sedai vacillarono, e per un attimo Min pensò che potessero sciogliersi in pozze sul pavimento per il mero sollievo.
«Almeno siamo riuscite a non far arrivare tutti i dettagli a Cadsuane» disse Rafela, lisciandosi le gonne con mani tremanti. «Non c’era modo di impedire che tutti sapessero che avevamo raggiunto un qualche tipo di accordo, ma almeno le abbiamo nascosto il resto.»
«Sì» disse Merana col fiato corto. «Ci ha persino teso un’imboscata sulla via del ritorno. È difficile nasconderle qualcosa, ma ci siamo riuscite. Pensavamo che tu non volessi...» La voce le si smorzò per l’espressione dura come roccia che aveva assunto Rand.
«Di nuovo Cadsuane» disse lui con voce piatta. Guardò accigliato la lancia spezzata che stringeva in pugno, poi la gettò su una poltrona quasi temesse quello che poteva fare se l’avesse tenuta in mano. «È nel Palazzo del Sole, vero? Min, di’ alle Fanciulle qui fuori di portare un messaggio a Cadsuane. Deve presentarsi dal Drago Rinato in tutta fretta.»
«Rand, non credo» cominciò Min a disagio, ma lui la interruppe. Non duramente, ma con fermezza.
«Fallo, Min, per favore. Questa donna è come un lupo che osserva l’ovile. Ho intenzione di scoprire cosa vuole.»
Min ci mise tempo ad alzarsi, e strascicò i piedi fino alle doppie porte.
Non era l’unica a credere che quella fosse una pessima idea. O almeno a voler essere altrove quando il Drago Rinato si fosse trovato faccia a faccia con Cadsuane Melaidhrin. Dobraine la superò diretto anche lui all’uscita, fermandosi appena per rivolgerle un frettoloso inchino, e persino Merana e Rafela uscirono prima di lei, anche se non mostrarono alcuna fretta. Almeno finché rimasero all’interno della stanza. Quando Min si affacciò nel corridoio, le due sorelle avevano già raggiunto Dobraine e stavano quasi correndo.
Cosa strana, le cinque o sei Fanciulle che si trovavano fuori dalla porta quando era arrivata Min adesso erano cresciute di numero, allineate lungo le pareti in entrambe le direzioni fin dove il suo sguardo poteva arrivare, donne alte dal viso duro vestite col grigio e il marrone del cadin’sor, lo shoufa avvolto intorno alla testa con il lungo velo nero che penzolava.
Molte di loro imbracciavano le lance e lo scudo in pelle di toro come se si aspettassero una battaglia. Alcune facevano quel gioco chiamato ‘sasso, carta, coltello’, e le altre guardavano con attenzione.
Non abbastanza da non vedere lei, però. Quando riferì il messaggio di Rand, il linguaggio dei gesti guizzò lungo le file, poi due allampanate Fanciulle andarono via al trotto. Le altre tornarono prontamente al gioco, quelle che lo giocavano e quelle che osservavano.
Grattandosi la testa per la perplessità, Min tornò nella stanza. Le Fanciulle la rendevano spesso nervosa, eppure avevano sempre una parola per lei, a volte rispettosa, come se si rivolgessero a una Sapiente, a volte scherzosa, anche se il loro umorismo era quanto meno strano. Ma non l’avevano mai ignorata a quel modo.
Rand era in camera da letto. Questo bastò a farle galoppare il cuore. Si era tolto la giubba, e la camicia bianca come la neve era sbottonata al collo e sfilata dai pantaloni. Sedendosi a piedi del letto, Min poggiò la schiena contro uno dei pesanti sostegni del baldacchino di palissandro e tirò su le gambe, incrociando le caviglie. Non aveva mai avuto modo di guardare Rand mentre si spogliava, e voleva godersi la scena.
Invece di continuare, però, lui rimase lì a guardarla. «Cosa mai potrebbe insegnarmi Cadsuane?» chiese all’improvviso.
«A te e a tutti gli Asha’man» rispose Min. Era stata una sua visione.
«Non lo so cosa, Rand. So solo che dovete impararlo. Tutti voi.» Non pareva intenzionato ad andare oltre la camicia penzolante. Sospirando, Min proseguì «Hai bisogno di lei, Rand. Non ti puoi permettere di farla adirare.
Non ti puoi permettere di cacciarla via.» In realtà, pensava che neppure cinquanta Myrddraal e mille Trolloc potessero cacciare via Cadsuane, ma il punto non era questo.