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Gli occhi di Rand parvero persi nel nulla, e dopo un attimo lui scosse il capo. «Perché dovrei dar retta a un pazzo?» mormorò quasi tra sé. Per la Luce, credeva davvero che Lews Therin Telamon parlasse nella sua testa?

«Se lasci sapere a qualcuno che hai bisogno di lui, Min, gli darai potere su di te. Gli darai un guinzaglio, col quale potrà trascinarti dove vuole. Non mi metterò il giogo sul collo per nessuna Aes Sedai. Per nessuno in assoluto!» Lentamente, riaprì i pugni. «È di te che ho bisogno, Min» disse semplicemente. «Non per le tue visioni. Ho bisogno di te.»

Che io sia folgorata!, pensò Min, ma quest’uomo può togliermi il terreno da sotto i piedi con poche parole!

Con un sorriso bramoso come quello di lei, Rand prese il bordo inferiore della camicia e si piegò per cominciare a sfilarsela dalla testa. Min, con le dita intrecciate sul ventre, tornò a poggiarsi al sostegno per guardarlo.

Le tre Fanciulle entrate a passo di marcia non portavano più lo shoufa che, quando erano nel corridoio, copriva i loro corti capelli. Erano a mani vuote, e non avevano più nemmeno quei grossi coltelli alla cintura. Min ebbe tempo di notare solo questo.

Rand aveva ancora la testa e le braccia coperte dalla camicia, e Somara, capelli biondo chiaro e alta anche per una Aiel, afferrò il lino bianco e lo torse, intrappolandolo. Quasi nello stesso istante, gli diede un calcio tra le gambe. Con un ruggito strozzato, Rand si piegò ancora di più, vacillando.

Nesair, capelli di fiamma e bella nonostante le cicatrici bianche su entrambe le guance abbronzate, gli piantò un piede nel fianco destro abbastanza forte da farlo cadere di lato.

Con un urlo, Min si lanciò dal letto. Non sapeva che follia stava succedendo, non riusciva nemmeno a immaginarlo. Dalle maniche estrasse agilmente i pugnali, e si lanciò contro le Fanciulle urlando: «Aiuto! Oh, Rand! Qualcuno mi aiuti!»

O meglio, aveva intenzione di urlare: la terza Fanciulla, Nandera, si girò come un serpente e Min si ritrovò un piede nello stomaco. Il fiato le uscì dai polmoni in un sibilo. I pugnali le volarono dalle mani intorpidite, e il calcio della Fanciulla dai capelli grigi le fece fare una capriola. Atterrò di schianto sulla schiena, e le uscì fuori anche quel poco di aria che le rimaneva nei polmoni. Cercò di muoversi, di respirare — cercò di capire! — ma non riuscì a fare altro che restare lì stesa a guardare.

Le tre donne furono molto brutali. Nesair e Nandera tempestarono Rand di pugni mentre Somara lo teneva piegato in due e intrappolato nella sua stessa camicia. Uno dopo l’altro e poi ancora, i colpi ben mirati si susseguivano sul ventre di Rand, sul suo fianco destro. Se avesse avuto fiato in gola, Min sarebbe esplosa in una risata isterica: stavano cercando di picchiarlo a morte e si premuravano di non colpirlo sul fianco sinistro, dove la vecchia cicatrice non del tutto guarita era attraversata da uno squarcio solo in parte richiuso.

Min conosceva benissimo il corpo di Rand, sapeva quanto era forte, ma nessuno poteva resistere a tutti quei colpi. Lentamente lui piegò le gambe, e quando si inginocchiò sul pavimento di piastrelle Somara lasciò andare la camicia. Rand cadde faccia a terra. Min lo sentì ansimare, sentì che cercava di trattenere i gemiti che però venivano comunque fuori. Inginocchiandosi a sua volta, Somara gli rimise giù la camicia quasi con tenerezza. Lui rimase steso con una guancia schiacciata sul pavimento, gli occhi in fuori, il fiato corto.

Nesair si chinò a prenderlo per i capelli e con uno strattone gli fece alzare la testa. «Noi abbiamo vinto il diritto per fare questo,» ringhiò «ma tutte le Fanciulle desideravano metterti le mani addosso. Io ho lasciato il mio clan per te, Rand al’Thor. Non ti permetto di sputarmi addosso!»

Somara mosse una mano come se volesse spostare i capelli dal viso di Rand, poi la ritirò di scatto. «Questo è il trattamento che riserviamo a un fratello primo se ci disonora, Rand al’Thor» disse con fermezza. «La prima volta. La prossima useremo le cinghie.»

Nandera si mise davanti a Rand con le mani piantate sui fianchi e il volto di pietra. «Tu porti l’onore delle Far Dareis Mai, figlio di una Fanciulla» disse cupa. «Hai promesso di chiamarci a danzare le lance per te, poi sei andato in battaglia e ci hai lasciate qui. Non lo farai mai più.»

Lo scavalcò per uscire a grandi passi dalla stanza, e le altre due la seguirono. Solo Somara si girò a guardare, e nonostante la sfumatura di compassione nei suoi occhi azzurri, la sua voce era ferma quando disse «Non obbligarci a farlo di nuovo, figlio di una Fanciulla.»

Rand si era già messo carponi quando Min riuscì a strisciare verso di lui.

«Devono essere pazze» gracchiò lei. Per la Luce, quanto le faceva male il ventre! «Rhuarc farà...» Non sapeva cosa avrebbe fatto Rhuarc. Ma non sarebbe mai stato abbastanza. «Sorilea.» Sorilea le avrebbe impalate sotto il sole! Per cominciare! «Quando glielo diremo...»

«Non lo diremo a nessuno» dichiarò Rand. Sembrava quasi aver ritrovato il fiato, anche se gli occhi erano ancora un po’ sporgenti. Come aveva fatto? «Avevano diritto. Se lo sono guadagnato. »

Min conosceva fin troppo bene quel tono. Quando un uomo decideva di essere testardo era capace di sedersi nudo su un cespuglio di ortiche e dire che non gli pungeva il fondoschiena! Fu quasi contenta di sentirlo gemere quando lo aiutò a mettersi in piedi. Be’, quando si aiutarono a vicenda. Se aveva intenzione di comportarsi da stupido, si meritava qualche livido!

Rand si adagiò sul letto, poggiandosi ai cuscini, e lei gli si rannicchiò accanto. Non quello che aveva sperato, ma era sicura che non sarebbero andati oltre.

«Non è così che avevo sperato di usare questo letto» mormorò lui. Min non sapeva se quella frase era rivolta a lei o se Rand aveva solo pensato a voce alta.

Rise. «I tuoi abbracci mi piacciono quanto... il resto.» Stranamente lui le sorrise, quasi sapesse che era una bugia. Zia Miren le aveva detto che quella era una delle tre bugie alle quali un uomo avrebbe sempre creduto.

«Se interrompo qualcosa,» disse una fredda voce di donna dalla soglia «immagino di poter tornare in un momento più opportuno.»

Min si allontanò di scatto da Rand come se scottasse, ma quando lui la tirò di nuovo a sé tornò a rannicchiarsi contro il suo corpo. Aveva riconosciuto l’Aes Sedai in piedi sulla soglia, una piccola e paffuta Cairhienese con quattro sottili strisce di colore sul grosso seno e striature bianche sulle gonne scure. Daigian Moseneillin era una delle sorelle arrivate con Cadsuane. E, secondo Min, era prepotente quasi quanto la stessa Cadsuane.

«Chissà come ti comporti quando sei a casa tua» disse pigramente Rand.

«Non ti hanno insegnato a bussare?» Min però si rese conto che il braccio che la teneva era duro come una roccia.

La pietra di luna che penzolava sulla fronte di Daigian attaccata a una sottile catenina d’argento oscillò quando la donna scosse il capo. Chiaramente, non era contenta. «Cadsuane Sedai ha ricevuto la tua richiesta,» disse con voce ancor più fredda di prima «e mi ha chiesto di comunicarti il suo rammarico. È molto impegnata a finire il ricamo al quale sta lavorando. Forse potrà vederti un altro giorno. Se riesce a trovare il tempo.»

«È questo che ha detto?» chiese Rand minaccioso.

Daigian tirò su con il naso in segno di spregio. «Vi lascerò a... quello che stavate facendo.» Min si chiese se poteva passarla liscia dopo aver dato uno schiaffo a un’Aes Sedai. Daigian la guardò con occhi di ghiaccio, quasi avesse sentito il suo pensiero, poi si girò per andare via.

Rand si drizzò a sedere con un’imprecazione soffocata. «Di’ a Cadsuane che se ne può anche andare al Pozzo del Destino!» urlò dietro alla sorella.

«Dille che può anche marcire!»

«Non va bene così, Rand» sospirò Min. Sarebbe stato più difficile di quanto aveva pensato. «Tu hai bisogno di Cadsuane. Non è lei ad aver bisogno di te.»

«Ah, no?» disse lui piano, e Min rabbrividì. Prima le era parso minaccioso, ma adesso...