Rand si preparò con cura, indossò di nuovo la giubba verde e mandò Min a portare alle Fanciulle i messaggi che dovevano diffondere. Questo, almeno, erano ancora disposte a farlo. Le costole sul lato destro gli facevano male quasi quanto le ferite sul lato sinistro, e gli sembrava che gli avessero bastonato il ventre con un’asse di legno. Aveva fatto una promessa alle Fanciulle. Quando fu da solo nella sua stanza da letto afferrò saidin, non voleva che nemmeno Min lo vedesse vacillare. Poteva tenere almeno lei al sicuro, in qualche modo, ma come avrebbe fatto Min a sentirsi al sicuro se lo avesse visto barcollare? Doveva essere forte, per lei. Doveva essere forte, per il mondo. Il mucchio di emozioni in fondo alla sua mente che rappresentava Alanna gli rammentò qual era il prezzo da pagare quando si era incauti. In quel momento Alanna era imbronciata. Forse aveva esagerato con una Sapiente, perché anche se stava seduta era scomoda.
«Penso ancora che questa sia una follia, Rand al’Thor» disse Min poggiandogli attentamente sul capo la Corona di Spade. Non c’era bisogno che quelle piccole spade lo ferissero di nuovo, adesso. «Mi stai ascoltando?
Be’, se intendi andare fino in fondo, sarò al tuo fianco. Hai ammesso di aver bisogno di me, e se così più che mai in questa occasione!» Pugni sui fianchi, piede che batteva a terra, occhi quasi fuori dalle orbite: gli stava offrendo la scena completa.
«Tu resti qui» le disse Rand con fermezza. Non era ancora sicuro di cosa volesse fare, non del tutto, ma non voleva che lei lo vedesse vacillare. E temeva davvero che avrebbe vacillato. Ma era sicuro che Min si sarebbe opposta a quella sua decisione.
Lei lo guardò torva, e smise di battere col piede. La rabbia che le accendeva il viso diventò preoccupazione che svanì in un batter d’occhi. «Be’, immagino che sei grande abbastanza da attraversare il cortile della stalla senza nessuno che ti tenga per mano, pastore. Inoltre, sto rimanendo indietro con le mie letture.» Lasciandosi cadere in una delle alte poltrone dorate, piegò le gambe sotto di sé e raccolse il libro che stava leggendo al suo arrivo. Dopo qualche istante, parve totalmente assorta dalle pagine che aveva davanti.
Rand annuì. Era quello che voleva; Min lì, al sicuro. Eppure, non c’era bisogno che si dimenticasse di lui a quel modo.
C’erano sei Fanciulle accovacciate nel corridoio fuori dalla porta. Lo fissarono con sguardi inespressivi, senza parlare, Nandera più impassibile delle altre. Anche se Somara e Nesair quasi la eguagliavano. Rand pensò che Nesair era una Shaido; avrebbe dovuto tenerla d’occhio.
Anche gli Asha’man erano in attesa — nella testa di Rand, Lews Therin riprese coi suoi cupi mormorii omicidi — e tutti tranne Narishma avevano sul colletto anche il drago oltre alla spada. Bruscamente, lui ordinò proprio a Narishma di fare la guardia ai suoi appartamenti, e l’uomo eseguì bruscamente il saluto, con una lieve espressione di accusa in quei suoi occhi troppo grandi e troppo perspicaci. Rand non credeva che le Fanciulle potessero sfogare anche su Min il loro malcontento, ma non aveva intenzione di correre rischi. Per la Luce, aveva detto tutto a Narishma sulle trappole che aveva intessuto nella Pietra quando l’aveva mandato a prendere Callandor. Quell’uomo si immaginava le cose. Che io sia folgorato, pensò Rand, quello sì che è stato un rischio folle.
Solo i pazzi non si fidano mai. Lews Therin sembrava divertito. E piuttosto pazzo. Le ferite sul fianco di Rand pulsavano; sembravano risuonare una con l’altra in un distante ritmo di dolore.
«Portatemi da Cadsuane» ordinò. Nandera si mise agilmente in piedi e si avviò senza neppure voltarsi indietro. Lui la seguì, e gli altri si accodarono, Dashiva e Flinn, Morr e Hopwil. Rand impartì loro rapidi ordini mentre camminavano. Flinn, proprio lui tra tutti gli altri, provò a protestare, ma Rand lo zittì; non c’era tempo per nessun ripensamento. Il brizzolato ex soldato della Guardia era l’ultimo dal quale si sarebbe aspettato quelle proteste. Le aveva temute forse da Morr, o da Hopwil. Anche se non erano più esattamente ingenui erano ancora abbastanza giovani da poter tenere spesso da parte il rasoio. Ma Flinn no. I morbidi stivali di Nandera non facevano nessun rumore; i loro passi invece riverberavano fino all’alto soffitto a volta, facendo fuggir via chiunque avesse motivo di temerli. Le ferite pulsavano.
Tutti nel Palazzo del Sole conoscevano ormai di vista il Drago Rinato, e sapevano anche chi erano gli uomini in giubba nera. I servitori in livrea nera facevano profondi inchini e riverenze e poi sparivano rapidamente. I nobili erano quasi altrettanto veloci a mettere una certa distanza tra sé e cinque uomini in grado di incanalare, e se ne andavano tutti via con l’aria di chi ha un impegno da svolgere. Ailil li guardò passare con in viso un’espressione indecifrabile. Anaiyella sorrise ammiccante, come suo solito, ma quando Rand si girò vide che lo guardava con un volto simile a quello di Nandera. Bertome sorrise mentre si inchinava, un sorriso scuro senza gioia né piacere.
Nandera non parlò neppure quando giunsero a destinazione, si limitò a indicare la porta chiusa con una delle sue lance, girò sui talloni e tornò indietro a grandi passi. Il Car’a’carn senza neppure una Fanciulla a fargli la guardia. Pensavano che quattro Asha’man fossero sufficienti a tenerlo al sicuro? O il fatto che Nandera era andata via era un’altra dimostrazione di scontento?
«Fate come vi ho detto» ordinò Rand.
Dashiva trasalì come se fosse appena tornato in sé, poi afferrò la Fonte.
Le ampie porte, incise a linee verticali, si spalancarono con un tonfo, colpite da un flusso di Aria. Gli altri tre Asha’man si avvinsero a saidin e seguirono Dashiva oltre la soglia, cupi in volto.
«Il Drago Rinato,» la voce di Dashiva risuonava forte, leggermente amplificata dal Potere «il re di Illian, il Signore del Mattino, viene in visita alla donna, Cadsuane Melaidhrin.»
Rand entrò, tenendosi ben dritto. Non riconobbe l’altra tessitura creata da Dashiva, ma l’aria sembrava ronzare minacciosa dando la sensazione di qualcosa di inesorabile e imminente, incombente.
«Ti avevo mandata a chiamare, Cadsuane» disse Rand. Non usò saidin, la sua voce era già abbastanza dura e piatta.
La sorella Verde era seduta con in mano un cerchio per il ricamo e accanto a lei c’era un tavolino dal lucido ripiano sul quale poggiava un cesto aperto, con matasse di filo colorato che si riversavano da uno dei tanti scompartimenti. Cadsuane era esattamente come la ricordava. Il volto forte sormontato da una crocchia di capelli grigio ferro decorata con piccoli ninnoli dorati, pesci e uccelli, stelle e lune. Occhi scuri, che sembravano quasi neri al contrasto con il volto chiaro. Occhi freddi e penetranti. Lews Therin gemette e fuggì alla vista di Cadsuane.
«Be’,» fece lei, poggiando il ricamo sul tavolo «devo dire che ho visto di meglio senza pagare. Con tutto quello che ho sentito su di te, ragazzo, mi aspettavo quanto meno rombi di tuono, squilli di trombe e luci abbaglianti nel cielo.» Con calma, osservò i cinque uomini dal volto di pietra e capaci di incanalare, una vista che avrebbe dovuto far trasalire ogni Aes Sedai.
Con calma, osservò il Drago Rinato. «Spero che almeno uno di voi farà dei giochi di prestigio» disse. «O magari sputerà fuoco. Mi è sempre piaciuto guardare i menestrelli che sputano fuoco.»
Flinn abbaiò una risata prima di riuscire a trattenersi, ma dopo si passò comunque una mano tra i pochi capelli faticando a non mostrare il proprio divertimento. Morr e Hopwil si guardarono, perplessi e non poco adirati.
Dashiva fece un sorriso sgradevole e la tessitura che stava mantenendo divenne più forte, finché Rand sentì quasi il bisogno di girarsi dietro per scoprire cosa si stava per abbattere su di lui.
«Ti basti sapere chi sono» disse Rand a Cadsuane. «Dashiva, tu e gli altri mi aspetterete nel corridoio.»
Dashiva aprì bocca come per protestare. Quello non faceva parte degli ordini ricevuti, ma era evidente che non stavano incutendo timore a quella donna. Tuttavia Dashiva obbedì, mormorando tra sé. Hopwil e Morr furono addirittura solerti a uscire, e lanciarono occhiate furtive a Cadsuane.