Anche tu, Asra: ti ho riconosciuta!» E poi, con voce altrettanto alta, disse a Reanne: «Quando ci fermiamo stanotte, mi sottoporrò al tuo giudizio. Come mai non vi vedo ancora fare i preparativi?» chiese a tutte le altre.
E la Famiglia si disperse rapidamente, le donne corsero a raccogliere le loro cose, eppure Elayne vide che alcune continuavano a parlare tra di loro a bassa voce. Quando cavalcarono sul ponte che superava il torrente ghiacciato che serpeggiava accanto al villaggio, Nynaeve, incredula per quello che si era perso, si guardava torvamente intorno cercando qualcuno con cui sfogarsi; Sarainya e Asra avevano con sé i bastoni — e anche Alise —, mentre Zarya e Kirstian avevano indossato, sotto i mantelli scuri, abiti bianchi trovati in tutta fretta. Le Cercavento le indicavano e ridevano con grande spasso. Ma molte donne della Famiglia continuavano a parlare in piccoli gruppi, zittendosi ogniqualvolta una sorella o una del Circolo della Maglia le guardava. E quando loro guardavano le Aes Sedai lo facevano con un’ombra scura negli occhi.
Altri otto giorni ad arrancare per le strade innevate quando il cielo era sereno, e a digrignare i denti in una locanda quando invece nevicava. Altri otto giorni a notare le espressioni cupe della Famiglia, gli sguardi duri lanciati alle sorelle, a sopportare l’altezzosità con cui le Cercavento si rivolgevano ugualmente alla Famiglia e alle Aes Sedai. La mattina del nono giorno, Elayne cominciò a sperare che tutte quelle donne saltassero semplicemente una alla gola dell’altra.
Si stava appena chiedendo se sarebbero riusciti a coprire gli ultimi quindici chilometri fino a Caemlyn senza nessun omicidio, quando Kirstian bussò alla porta e sfrecciò dentro senza aspettare una risposta. Il suo semplice abito di lana non era della sfumatura di bianco adatta a una novizia, e lei aveva ritrovato buona parte della sua dignità, come se conoscere il proprio futuro le avesse reso più semplice il presente, ma poi eseguì una frettolosa riverenza, rischiando di inciampare nel suo stesso mantello, gli occhi quasi neri pieni d’ansia. «Nynaeve Sedai, Elayne Sedai, lord Lan dice che dovete venire subito» comunicò col fiato corto. «Mi ha ordinato di non parlare con nessuno, e neanche voi dovete farlo.»
Elayne e Nynaeve scambiarono sguardi con Aviendha e Birgitte. Nynaeve ringhiò qualcosa contro quell’uomo che non sapeva distinguere il privato dal pubblico, ma fu evidente, prima ancora che arrossisse, che non lo pensava davvero. Elayne sentì Birgitte che si concentrava, una freccia scoccata che dava la caccia al suo bersaglio.
Kirstian ignorava cosa volesse Lan, sapeva solo dove doveva condurle.
Il piccolo capanno fuori da Valico di Cullen dove la notte prima Adeleas aveva portato Ispan. Lan era fuori dalla porta, gli occhi freddi come l’aria di quel giorno, e non lasciò passare Kirstian. Quando Elayne entrò ne comprese il motivo.
Adeleas era per terra, su un fianco, accanto a uno sgabello caduto, con una tazza sul ruvido pavimento di legno non lontana dalla sua mano protesa. Gli occhi erano sgranati, e una pozza di sangue congelato si allargava dallo squarcio profondo nella sua gola. Ispan era stesa su un piccolo giaciglio, gli occhi vuoti fissi sul soffitto. Le labbra ritratte e rigide le scoprivano i denti, e gli occhi sporgenti sembravano pieni di terrore. E doveva averne provato tanto, dal momento che un’asta di legno spessa quanto un polso le spuntava tra i seni. Il martello che era stato chiaramente usato per conficcarla giaceva accanto al lettino, sul bordo di una chiazza scura che proseguiva sotto il giaciglio stesso.
Elayne si costrinse a smetterla di pensare a quanto era forte l’impulso di vomitare in quello stesso istante. «Per la Luce» sussurrò. «Per la Luce! Chi può averlo fatto? Com’è possibile che qualcuno abbia potuto farlo?» Aviendha scosse il capo, stupita, e Lan non fece neppure quello. Si limitò a guardare in tutte le direzioni nello stesso tempo, quasi si aspettasse che chiunque o qualsiasi cosa aveva commesso quell’omicidio potesse entrare passando da una delle due piccole finestre, se non direttamente attraverso le pareti. Birgitte estrasse il pugnale che portava alla cintura, e a giudicare dal suo volto era amaramente pentita di non avere con sé l’arco. Quella freccia scoccata era più forte che mai nella mente di Elayne.
Sulle prime, Nynaeve rimase semplicemente immobile, studiando l’interno della casupola. C’era poco da vedere, a parte l’ovvio. Un secondo sgabello a tre zampe, un tavolo rudimentale con sopra una lampada tremolante, una teiera verde con un’altra tazza, un rozzo camino di pietra con ceneri fredde nel focolare. Tutto qua. Il capanno era così piccolo che con un solo passo Nynaeve raggiunse il tavolo. Dopo aver intinto un dito nella teiera, lo sfiorò con la punta della lingua, poi sputò e svuotò tutta la teiera sul tavolo in un’onda di tè e foglie di tè. Elayne sbatté le palpebre, perplessa.
«Cos’è successo?» chiese freddamente Vandene dalla porta. Lan fece per sbarrarle la strada, ma lei lo fermò con un gesto appena accennato. Elayne provò a cingerla con un braccio, e fu anche lei respinta da una mano alzata.
Gli occhi di Vandene erano fissi su sua sorella, occhi calmi in un viso che era il ritratto della serenità da Aes Sedai. La donna morta sul giaciglio era come se non esistesse, per lei. «Quando vi ho visti venire tutti da questa parte, ho pensato... Sapevamo che non ci restavano molti anni, però...»
Anche la sua voce era la personificazione della serenità, ma nessuno si sarebbe stupito sapendo che era tutta una maschera. «Che hai scoperto, Nynaeve?»
La compassione sembrava strana sul volto di Nynaeve. Schiarendosi la voce, indicò le foglie di tè senza toccarle. «Questa è radice di spinarossa» disse, cercando di sembrare pratica e distaccata ma senza riuscirci. «È dolce, quindi chi non la conosce potrebbe non accorgersi che è nel tè, soprattutto se lo prende con molto miele.»
Vandene annuì, senza mai distogliere lo sguardo da sua sorella. «Adeleas aveva sviluppato una passione per il tè dolce a Ebou Dar.»
«In piccole quantità elimina il dolore» disse Nynaeve. «Così tanto... Così tanto elimina chi lo beve, ma lentamente. E bastano pochi sorsi.» Dopo aver preso un lungo respiro, aggiunse: «Potrebbero essere rimaste coscienti per ore. Incapaci di muoversi, ma coscienti. Chiunque abbia fatto ciò non voleva correre il rischio che qualcuno arrivasse troppo presto con un antidoto — non che io ne conosca uno, per una dose così forte — oppure voleva che una delle due vittime sapesse chi la stava uccidendo.» Elayne trasalì per quella brutalità, ma Vandene si limitò ad annuire.
«Ispan, credo, visto che a quanto pare si sono presi molto più tempo con lei.» Sembrava che la Verde dai capelli bianchi stesse pensando a voce alta, cercando di risolvere un rompicapo. Tagliare la gola a una persona era molto più rapido che conficcarle un paletto nel cuore. La calma di quella donna fece accapponare la pelle di Elayne. «Adeleas non avrebbe mai accettato di bere qualcosa portata da uno sconosciuto, soprattutto non qui con Ispan. Questo ci dice chi è stato a ucciderla, in un certo senso. Un’Amica delle Tenebre, una del nostro gruppo. Una di noi.» Elayne avvertì due brividi, il suo e quello di Birgitte.
«Una di noi» concordò Nynaeve. Aviendha cominciò a provare la lama del suo pugnale su un pollice, e per una volta Elayne non ebbe nulla da obiettare.
Vandene chiese di restare da sola con sua sorella per un po’, e si sedette sul pavimento a cullare Adeleas tra le braccia prima che fossero tutti usciti.
Jaem, il vecchio e nodoso Custode di Vandene, aspettava all’esterno con una tremante Kirstian.
All’improvviso, nella capanna, esplose un lamento, l’urlo a squarciagola di una donna che piangeva la perdita di ogni cosa. E Nynaeve, tra tutti gli altri, si girò per tornare indietro, ma Lan le mise una mano su un braccio e Jaem si piazzò davanti alla porta con occhi non molto più caldi di quelli di Lan. Non c’era niente da fare se non lasciarli da soli, Vandene a urlare il suo dolore, Jaem a farle la guardia. E a condividerlo, comprese Elayne, sentendo il nodo di emozioni nella sua mente che le ricordava Birgitte.