«A quanto pare abbiamo superato la crisi» mormorò Elayne. «Forse è meglio andare, prima che scoppi la prossima.» L’unica traccia della rabbia di poco prima era il lieve rossore delle sue guance. E di quelle di Birgitte: le due erano una il riflesso dell’altra da quando avevano stretto il legame.
«Decisamente meglio» concordò Aviendha. Se restavano lì ancora un po’, sarebbe diventata davvero un’abitante delle terre bagnate dal cuore di latte.
Tutte la seguirono con lo sguardo quando lei si incamminò verso il centro del cortile, nel punto che aveva studiato e sentito fino a essere capace di saperlo trovare a occhi chiusi. C’era una gioia nell’usare il Potere, nel lavorare con saidar, che lei non era in grado di esprimere a parole. Contenere saidar, ed essere da saidar contenuta, significava essere più viva che mai.
Un’illusione, così dicevano le Sapienti, falsa e pericolosa come un miraggio di acqua nel Termool, eppure sembrava più reale della pietra sotto i suoi piedi. Aviendha resistette all’istinto di incanalarne ancora di più, ne aveva già attinto quasi il massimo per le sue capacità. Le altre donne si affollarono intorno a lei quando iniziò a intessere i flussi.
Dopo tutto quello che aveva visto, ancora non riusciva a capire perché le Aes Sedai non potessero fare certe cose. Molte donne del Circolo della Maglia erano abbastanza forti, ma solo Sumeko e, con sua sorpresa, Reanne studiarono apertamente il suo lavoro. Sumeko si spinse addirittura a scrollarsi di dosso la mano che Nynaeve le aveva poggiato su una spalla a mo’ di incoraggiamento — cosa che le valse uno sguardo indignato del quale lei neppure si accorse, tanto teneva gli occhi fissi su Aviendha. Tutte le Cercavento avevano la forza sufficiente per quella tessitura, e la studiarono con la stessa bramosia con la quale avevano guardato la Scodella. L’accordo dava loro ogni diritto di farlo.
Aviendha si concentrò e i flussi si intrecciarono, creando un’identità tra quel luogo e quello che lei, Nynaeve ed Elayne avevano scelto da una mappa. Aviendha fece come per aprire i lembi di una tenda. Il gesto non era parte della tessitura che le aveva insegnato Elayne, ma era quasi tutto quello che lei ricordava di ciò che aveva fatto in passato, ben prima che Egwene creasse il suo primo passaggio. I flussi si unirono in un’argentea fenditura verticale che ruotò e divenne un’apertura nell’aria, più alta di un uomo e altrettanto larga. Al di là di quella soglia si stendeva un’ampia radura circondata di alberi alti fino a nove metri, diversi chilometri a nord di quella città, sulla riva opposta del fiume. L’erba marrone alta fino alle ginocchia arrivava fino al varco, mossa da una lieve brezza; il passaggio non aveva roteato davvero, era stato solo un effetto ottico. Alcuni di quegli steli erano tagliati di netto a metà, altri nel senso della lunghezza. I bordi di un passaggio che si apriva facevano sembrare smussata la lama di un rasoio.
Aprire quel varco la riempiva di frustrazione. Elayne riusciva a lavorare la tessitura usando solo una parte della sua forza, mentre ad Aviendha era necessaria quasi tutta. Era sicura che avrebbe potuto crearne uno più grande, almeno quanto quelli che apriva Elayne, se solo fosse riuscita a ricordarsi le tessiture che aveva lavorato senza riflettere quando aveva cercato di sfuggire a Rand al’Thor in un passato che le sembrava ormai remoto, ma per quanto spesso ci avesse provato riusciva a rammentare solo inutili frammenti. Non era invidiosa — anzi, era fiera per i risultati della sua sorella prossima — ma quel fallimento le riempiva il cuore di vergogna. Sorilea e Amys l’avrebbero trattata duramente se avessero saputo che si sentiva così umiliata. L’avrebbero accusata di essere troppo orgogliosa. Amys però avrebbe capito: era stata anche lei una Fanciulla. Ed era davvero umiliante fallire in un compito per il quale si avevano tutti i requisiti. Se non avesse dovuto mantenere intatta la tessitura, sarebbe fuggita per non farsi guardare da nessuno.
La partenza era stata pianificata accuratamente, e tutte nel cortile si misero in moto non appena il passaggio fu completo. Due donne del Circolo della Maglia tirarono in piedi la Serva dell’Ombra incappucciata, e le Cercavento si misero in fila dietro Renaile din Calon. I servitori cominciarono a portare i cavalli fuori dalle stalle. Lan, Birgitte e uno dei Custodi di Careane, un uomo allampanato dal nome di Cieryl Arjuna, varcarono subito il passaggio, uno dietro l’altro. Come le Far Dareis Mai, i Custodi reclamavano sempre il diritto di andare in avanscoperta. Aviendha si sentì prudere i piedi per la voglia di imitarli, ma non aveva senso. A differenza di Elayne, lei non era in grado di fare più di cinque o sei passi senza indebolire la tessitura, ed era lo stesso anche se provava a legare i flussi. Era davvero frustrante.
Questa volta non c’era una reale probabilità di andare incontro a dei pericoli, così le Aes Sedai seguirono subito i tre Custodi, insieme a Elayne e Nynaeve. Numerose fattorie punteggiavano quella zona alberata, e poteva essere necessario allontanare un pastore o una coppia che si era appartata per un po’ di intimità, ma nessuna Anima dell’Ombra poteva sapere di quella radura: solo lei, Elayne e Nynaeve la conoscevano, e non avevano parlato di quella scelta per paura che qualcuno potesse origliare. Ferma in quello spiazzo, Elayne rivolse ad Aviendha uno sguardo interrogativo, ma lei le fece cenno di andare avanti. Bisognava agire secondo i piani, a meno che non ci fossero dei buoni motivi per cambiarli.
Le Cercavento cominciarono a sfilare una dopo l’altra verso la radura, tutte all’improvviso meno risolute al cospetto del passaggio, una cosa che non avrebbero mai neppure immaginato e che affrontavano prendendo un lungo respiro. E, all’improvviso, Aviendha sentì tornare quel formicolio tra le scapole.
Alzò lo sguardo alle finestre che davano sul cortile. Chiunque poteva nascondersi dietro gli schermi bianchi del ferro battuto e delle traforature.
Tylin aveva ordinato ai servitori di stare lontani da quelle finestre, ma chi poteva impedire a Teslyn, Joline o... Qualcosa la spinse a guardare più in alto, verso le cupole e le torri. Stretti camminamenti correvano intorno ad alcune di quelle guglie slanciate, e su una di queste, molto in alto, c’era una sagoma nera con un duro alone di luce proiettato dal sole alle sue spalle.
Era un uomo.
Aviendha trattenne il respiro. La posizione di quell’individuo, che teneva le mani sulla ringhiera di pietra, non era affatto minacciosa, eppure lei sapeva che era quella la causa della sensazione strisciante che avvertiva tra le scapole. Un’Anima dell’Ombra non sarebbe rimasta lì semplicemente a guardare, ma quella creatura, quel gholam... Aviendha si sentì raggelare il ventre. Quello poteva essere semplicemente un servitore del palazzo. Poteva esserlo, ma lei non lo credeva. Non c’era vergogna nel conoscere la paura.
Guardò con ansia le donne che ancora varcavano il passaggio con agonizzante lentezza. Metà delle donne del Popolo del Mare erano passate, e quelle del Circolo della Maglia aspettavano il loro turno insieme alla Serva dell’Ombra che tenevano sotto stretta sorveglianza, e l’evidente disagio che provavano nei confronti di quella soglia era in lotta con il risentimento per la precedenza concessa alle Cercavento. Se lei avesse dato voce ai propri sospetti, le donne della Famiglia sarebbero di sicuro fuggite — la sola menzione delle Anime dell’Ombra seccava loro la bocca e trasformava le viscere in acqua — mentre c’era il rischio che le Cercavento reclamassero subito il possesso della Scodella. Per loro, quell’oggetto era la cosa più importante. Ma solo un idiota completo sarebbe rimasto a girarsi i pollici mentre un leone stava per balzare sul gregge che doveva custodire. Aviendha prese una delle Atha’an Miere per una manica di seta rossa.
«Di’ a Elayne...» Un liscio volto di pietra nera si girò verso di lei: quella donna riusciva a far sembrare sottili le sue labbra carnose, e gli occhi erano pietruzze nere, piatte e dure. Quale messaggio poteva assegnarle senza scatenare tutti i problemi che ci si poteva aspettare dal Popolo del Mare? «Di’ a Elayne e a Nynaeve di stare attente. Di’ loro che i nemici arrivano sempre nei momenti peggiori. Devi dirglielo, assolutamente.» La Cercavento annuì con malcelata impazienza ma, cosa sorprendente, aspettò che Aviendha le lasciasse il braccio prima di superare esitante il passaggio.