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Coperti di polvere, i capelli sparati in ogni direzione e le giubbe strappate, sembrava che Rand e Fedwin si fossero rotolati nel corridoio, e forse era successo davvero. Min aveva l’impressione che fossero tutti e tre ad almeno dieci passi da dove si trovavano prima dell’esplosione. Nessuno dei due uomini le rispose.

«Posso fidarmi di te, Morr?» chiese Rand.

Fedwin resse il suo sguardo con franchezza. «Puoi affidarmi anche la tua vita, mio lord Drago» rispose semplicemente.

«Ed è proprio quello che voglio fare» disse Rand. Sfiorò con le dita una guancia di Min, poi si alzò di scatto. «Proteggila al costo della tua vita, Morr.» Dura come l’acciaio, la sua voce. Cupa come la morte. «Se sono ancora nel Palazzo, se ne accorgeranno se cerchi di aprire un passaggio e colpiranno prima che tu possa finire. Non incanalare per niente al mondo, a meno che non sei costretto, ma tieniti pronto. Portala negli alloggi della servitù, e uccidi chiunque o qualsiasi cosa cerchi di arrivare a lei. Senza eccezioni!»

Con un’ultima occhiata a Min — oh, per la Luce, in qualsiasi altra circostanza Min avrebbe pensato che poteva morire felice, dopo aver visto quell’espressione nei suoi occhi — Rand andò via di corsa, lontano da quel disastro. Lontano da lei. Chiunque avesse cercato di ucciderlo, gli avrebbe dato la caccia.

Morr le diede una pacca su un braccio con una mano polverosa e le rivolse quel suo sorriso infantile. «Non ti preoccupare, Min. Mi prenderò cura di te.»

Ma chi si sarebbe preso cura di Rand? ‘Mi posso fidare di te?’, aveva chiesto a quel ragazzo, che era stato uno dei primi ad arrivare con la richiesta di poter imparare. Per la Luce, chi avrebbe tenuto lui al sicuro?

Svoltato un angolo, Rand si fermò con una mano contro una parete per afferrare la Fonte. Una cosa stupida, non volere che Min lo vedesse vacillare quando qualcuno aveva cercato di ucciderlo, ma era così. E non si trattava semplicemente di ‘qualcuno’. Un uomo, Demandred, o forse Asmodean che alla fine era tornato. Magari entrambi; aveva avvertito qualcosa di strano, come se le tessiture arrivassero da direzioni differenti. Ma se ne era accorto troppo tardi per poter fare qualcosa. Sarebbe morto, se si fosse trovato nelle sue stanze. Era pronto a morire. Ma non voleva che morisse anche Min, no, Min no. Era un bene che Elayne fosse lontana, che si fosse rivoltata contro di lui. Oh, per la Luce, contro di lui!

Afferrò la Fonte, e saidin gli si riversò dentro con ghiaccio fuso e calore raggelante, con vita e dolcezza, lordura e morte. Gli si rivoltò lo stomaco, e il corridoio davanti a lui si sdoppiò. Per un attimo, gli parve di scorgere un volto. Non con gli occhi, ma nella mente. Un uomo, lucente e irriconoscibile, che subito sparì. Fluttuava nel Vuoto, pieno di Potere.

Non vincerai, disse a Lews Therin. Se muoio, morirò essendo me stesso!

Avrei dovuto mandar via Ilyena, sussurrò di rimando Lews Therin. Sarebbe sopravvissuta.

Spingendo via quella voce e al contempo spingendosi via dal muro, Rand si aggirò nei corridoio del Palazzo con tutta la furtività possibile, camminando con passi leggeri, tenendosi vicino alle pareti coperte di arazzi, aggirando le ceste lavorate in oro e gli armadietti dorati pieni di statuine d’avorio e di fragili porcellane anch’esse dorate. Si guardava intorno, in cerca di chi lo aveva attaccato. I nemici non sarebbero stati soddisfatti se prima non trovavano il suo cadavere, ma si sarebbero avvicinati con grande cautela alle sue stanze, in caso fosse sopravvissuto per qualche scherzo del suo destino di ta’veren. Avrebbero aspettato, per vedere se si muoveva.

Nel Vuoto, Rand era quasi tutt’uno col Potere, fuso insieme per quanto un uomo poteva farlo senza morire. Nel Vuoto, come quando maneggiava una spada, era tutt’uno con ciò che lo circondava.

Da ogni direzione si levavano rumori e urla frenetiche, qualcuno gridava per sapere cosa era successo, altri strillavano che il Drago Rinato era impazzito. Il grumo di frustrazione nella sua mente che era Alanna gli fornì una lieve consolazione. L’Aes Sedai era fuori dal Palazzo, sin dal mattino, forse persino fuori dalle mura cittadine. Rand avrebbe voluto che lo fosse anche Min. Di tanto in tanto vedeva uomini e donne nei vari corridoi, per lo più servitori in livrea nera che correvano, cadevano, si rialzavano e ricominciavano a correre. Loro non vedevano lui. Pieno di Potere, Rand riusciva a sentire ogni sussurro. Anche il rumore di piedi infilati in morbidi stivali che correvano con passo leggero.

Poggiando la schiena contro una parete accanto a un lungo tavolo coperto di porcellane, Rand intessé rapidamente Aria e Fuoco intorno a sé e rimase immobile, avvolto in Luce Ritorta.

Arrivarono le Fanciulle, un torrente di donne velate che corsero via senza vederlo. Verso i suoi appartamenti. Non poteva permettere che lo accompagnassero; aveva promesso, ma di lasciarle combattere, non di guidarle al massacro. Quando lui avesse trovato Demandred e Asmodean, le Fanciulle non avrebbero potuto fare altro che morire, e c’erano già altri cinque nomi da imparare e aggiungere all’elenco. Tra i quali quello di Somara dei Daryne Cima Piegata. Una promessa che era stato costretto a fare, e che doveva mantenere. Già solo per quella promessa meritava di morire!

Aquile e donne possono essere tenute al sicuro solo in una gabbia, disse Lews Therin come citando un proverbio, poi scoppiò a piangere quando sparì l’ultima delle Fanciulle.

Rand proseguì, perlustrando il palazzo in lenti archi che si allontanavano gradualmente dalle sue stanze. Luce Ritorta richiedeva poco Potere — così poco che nessun uomo si sarebbe accorto dell’uso di saidin a meno di; non arrivargli addosso — e Rand se ne serviva ogni volta che qualcuno pareva accorgersi di lui. Quelli che l’avevano attaccato non avevano colpito i suoi appartamenti per caso. Avevano occhi e orecchie nel Palazzo. Forse era stato il suo influsso di ta’veren a farlo uscire da quelle stanze, posto che un ta’veren potesse operare su sé stesso, o forse era stata solo una coincidenza, ma Rand sperava che la sua capacità di dare strattoni al Disegno potesse portargli i nemici a tiro mentre loro lo credevano morto o ferito. Lews Therin rise soddisfatto per quell’idea. Rand poté quasi sentirlo mentre si strofinava le mani per l’attesa.

Altre tre volte dovette nascondersi col Potere mentre le Fanciulle lo superavano di corsa, e in corridoio vide Cadsuane che avanzava con non meno di sei Aes Sedai alle calcagna, tutte a lui sconosciute. Sembravano a caccia. Rand non aveva paura della sorella dai capelli grigi, non precisamente. No, certo che non ne aveva paura! Ma aspettò che lei e le sue amiche fossero sparite prima di lasciar andare la sua tessitura. Lews Therin non ridacchiò per Cadsuane. Osservò un silenzio mortale finché non fu andata via.

Rand si allontanò dalla parete, una porta si aprì accanto a lui, e Ailil si affacciò nel corridoio. Non si era reso conto di essere vicino alle stanze della nobile. Dietro di lei c’era una donna scura con spessi cerchi d’oro alle orecchie e una catenina piena di medaglioni che le attraversava la guancia sinistra fino all’anello infilato nel naso. Shalon, Cercavento di Harine din Togara, l’ambasciatrice degli Atha’an Miere che si era trasferita a palazzo con il suo seguito subito dopo che Merana gli aveva parlato dell’accordo.

Ed era insieme a una donna che forse lo voleva morto. Sgranarono entrambe gli occhi quando lo videro.

Rand fu quanto più possibile delicato, ma doveva agire in fretta. Pochi istanti dopo stava infilando una piuttosto malconcia Ailil sotto il letto accanto a Shalon. Forse non c’entravano nulla con quello che stava succedendo. Forse. Ma sicuro era meglio che dispiaciuto. Guardandolo torve, con in bocca le sciarpe di Ailil ripiegate, le due donne si agitarono contro i lembi di lenzuola arrotolati che lui aveva usato per bloccarle ai polsi e alle caviglie. Lo schermo che aveva legato su Shalon avrebbe resistito per un giorno o due prima di sciogliersi, ma qualcuno le avrebbe trovate e avrebbe tagliato quegli altri legacci molto prima.