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Andare a caccia coi falchi era stata un’idea di Alliandre, ma Faile non aveva niente in contrario a una cavalcata in quel rado bosco, dove la neve aveva steso un manto ondulato e si era poggiata pesante e bianca sui rami spogli. Il verde degli alberi che ancora avevano qualche foglia sembrava più nitido. L’aria era frizzante, e sembrava nuova e fresca.

Bain e Chiad avevano insistito per accompagnarla, ma erano accovacciate lì nei paraggi, lo shoufa avvolto intorno alla testa, e la osservavano con malumore. Sulin aveva chiesto di potersi unire al gruppo con tutte le Fanciulle, ma visto che ormai giravano centinaia di storie sulle scorrerie di quel popolo, la vista di un Aiel era sufficiente perché la maggior parte degli abitanti dell’Amadicia fuggissero o impugnassero una spada. Doveva esserci un fondo di verità in quelle storie, altrimenti la gente non sarebbe stata in grado di riconoscere così facilmente gli Aiel, ma solo la Luce sapeva chi erano o da dove erano saltati fuori quelli che depredavano i villaggi; tuttavia, persino Sulin era d’accordo nel sostenere che, chiunque fossero, dovevano aver proseguito verso est, forse verso l’Altara.

In ogni caso, così vicino ad Abila, venti soldati di Alliandre e altrettante Guardie Alate di Mayene fornivano una scorta sufficiente. I fiocchi sulle loro lance, rossi o verdi, sventolavano come festoni quando si alzava la brezza. La presenza di Berelain era l’unica macchia. Anche se guardarla rabbrividire nel suo mantello coi bordi di pelliccia, spesso quanto due trapunte, era di sicuro uno spasso. A Mayene non c’era un vero inverno. E quel giorno era come verso la fine dell’autunno in Saldea, dove il freddo del cuore dell’inverno poteva congelare la carne fino a renderla dura come legno.

Faile prese un lungo respiro. Le veniva da ridere.

Per qualche miracolo, suo marito, il suo lupo adorato, aveva cominciato a comportarsi come doveva. Invece di urlare contro Berelain o fuggire da lei, Perrin adesso tollerava le lusinghe di quella donnaccia, le tollerava palesemente, come avrebbe fatto con una bambina che per gioco messa si fosse a correre sotto le sue gambe. E, cosa migliore di tutte, Faile non aveva più bisogno di sedare la sua rabbia quando voleva scatenarla. Quando lei urlava, Perrin faceva altrettanto. Faile sapeva che suo marito non era un Saldeano, ma era stato davvero difficile all’inizio, quando era convinta in fondo al cuore che la ritenesse troppo debole per tenergli testa. Un paio di notti addietro, a cena, Faile era stata lì lì per fargli notare che Berelain sarebbe scivolata direttamente fuori dal vestito se si sporgeva ancora un po’ sulla tavola. Be’, non poteva davvero spingersi a tanto, non con Berelain; la sgualdrina era ancora convinta di poterlo conquistare. E quella stessa mattina Perrin era stato autoritario, le aveva con calma fatto capire che non avrebbe tollerato nessuna obiezione, era stato il tipo d’uomo con il quale una donna sa di dover essere forte, per esserne degna, per essergli pari.

Ovviamente, Faile gliel’avrebbe fatta pagare. Un uomo autoritario era meraviglioso, purché non cominciasse a credere di poterlo essere sempre. Ridere? Aveva voglia di cantare!

«Maighdin, credo che dopo tutto...» Maighdin fu subito al suo fianco con un sorriso di attesa, ma Faile si interruppe alla vista di tre cavalieri che correvano tra la neve spingendo al massimo i loro animali.

«Almeno ci sono lepri in abbondanza, mia signora,» disse Alliandre, facendo camminare il suo alto castrone bianco accanto a Rondine «ma avevo sperato... Chi sono?» Il falcone si agitò sul grosso guanto, facendo suonare i campanellini sul geto che gli teneva ferme le zampe. «Diamine, sembra siano i tuoi seguaci, mia signora.»

Faile annuì cupa. Li aveva riconosciuti anche lei. Parelean, Arrela e Lacile. Ma che ci facevano lì?

I tre si fermarono davanti a lei, e i cavalli sbuffarono nuvole di vapore.

Parelean aveva gli occhi sgranati come quelli del suo chiazzato. Lacile, il viso chiaro quasi nascosto dal cappuccio del mantello, stava deglutendo nervosamente, e il viso scuro di Arrela sembrava grigio. «Mia signora,» disse Parelean con trasporto «pessime notizie! Il Profeta Masema si incontra con i Seanchan!»

«I Seanchan!» esclamò Alliandre. «Di sicuro non può credere che loro si voteranno al lord Drago!»

«Forse la questione è più semplice» disse Berelain, spronando la sua giumenta bianca troppo appariscente per portarsi dall’altro lato di Alliandre. Senza Perrin in giro da dover impressionare, portava un abito blu dal taglio piuttosto sobrio, col colletto chiuso fino al mento. Ma tremava comunque. «Masema disprezza le Aes Sedai, e i Seanchan tengono prigioniere le donne capaci di incanalare.»

Faile fece schioccare la lingua per l’irritazione. Pessime notizie sul serio, se era tutto vero. E poteva solo sperare che Parelean e le altre due avessero abbastanza cervello da fare almeno finta che avevano semplicemente sentito per caso quelle storie. Ciò nonostante, lei doveva essere sicura, e alla svelta. Forse Perrin era già da Masema. «Quali prove hai, Parelean?»

«Abbiamo parlato con tre contadini che hanno visto atterrare una grande creatura volante quattro giorni fa, mia signora. Portava una donna che è stata condotta da Masema ed è rimasta con lui per tre ore.»

«Siamo riusciti a seguire le tracce del suo passaggio fino alla casa ad Abila dove risiede Masema» aggiunse Lacile.

«Quei tre uomini erano convinti che la creatura fosse una progenie dell’Ombra,» intervenne Arrela «ma per il resto sembravano abbastanza affidabili.» Detto da lei, se un uomo che non apparteneva alla Cha Faile era abbastanza affidabile significava che era degno di ogni fiducia.

«Credo che sia necessario andare ad Abila» disse Faile impugnando le redini di Rondine. «Alliandre, porta Maighdin e Berelain con te.» In qualsiasi altro momento, le labbra tese di Berelain sarebbero state divertenti.

«Parelean, Arrela e Lacile mi accompagneranno...» Un uomo gridò, e tutti si girarono di scatto.

A cinquanta passi da loro, uno dei soldati di Alliandre in giubba verde cadde dalla sella, e un attimo dopo una Guardia Alata crollò con una freccia conficcata in gola. Tra gli alberi comparvero gli Aiel, che correvano velati e con gli archi pronti. Caddero altri soldati. Bain e Chiad scattarono in piedi, i veli scuri che nascondevano il loro volto fino agli occhi; avevano infilato le lance nelle cinghie che reggevano la custodia dell’arco dietro la schiena e scoccavano frecce con gran rapidità, ma lanciavano anche occhiate verso Faile. C’erano Aiel tutto intorno, sembravano centinaia, un grande cappio che cominciava a stringersi. I soldati a cavallo abbassarono le lance, arretrarono in cerchio attorno a Faile e le altre, ma nella formazione si aprirono subito dei varchi quando le frecce degli Aiel cominciarono ad andare a bersaglio.

«Qualcuno deve portare queste notizie a lord Perrin» disse Faile a Parelean e alle due donne con lui. «Uno di voi lo deve raggiungere! Cavalcate veloci come il vento!» Il suo sguardo incluse Alliandre e Maighdin. E Berelain. «Tutti quanti, veloci come il vento, o morirete qui!» Senza neanche aspettare i loro cenni di assenso, mise in pratica le sue stesse parole e affondò i talloni nei fianchi di Rondine, lanciandosi attraverso l’inutile anello di soldati. «Via!» urlò. Qualcuno doveva portare le notizie a Perrin. «Via!»

Bassa sul collo di Rondine, spronò forte la sua nera giumenta. Gli zoccoli schizzavano neve mentre Rondine correva, leggera come l’uccello che le dava il nome. Per un centinaio di falcate, Faile pensò che sarebbe riuscita a fuggire. Poi Rondine nitrì e incespicò, piegandosi in avanti con il secco schiocco di una zampa spezzata. Faile volò in aria e ricadde pesantemente, quasi incapace di respirare per quel tuffo nella neve. Boccheggiando, si rialzò ed estrasse il pugnale che portava alla cintura. Rondine aveva nitrito prima di cadere, prima di quel terribile schiocco.