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Mucchio che continuò a crescere, ma lo stesso fece anche l’altro, sebbene più lentamente, con oggetti che non avevano nulla in comune se non quel debole calore e il modo in cui echeggiavano il Potere. Una piccola scatola che sembrava d’avorio, coperta di strisce tremolanti rosse e verdi: Elayne la poggiò con cura, senza aprire il coperchio. Non si poteva mai sapere cosa avrebbe attivato un ter’angreal. Un bastone nero non più spesso del suo mignolo, lungo all’incirca un metro, duro eppure tanto flessibile da poterlo piegare fino a fargli assumere una forma circolare. Una fialetta che poteva essere di cristallo, chiusa da un turacciolo e con un liquido rosso scuro all’interno. La statua di un uomo grosso e barbuto con un sorriso allegro che reggeva un libro; era alta una sessantina di centimetri, sembrava fatta di bronzo scurito dagli anni, ed Elayne dovette usare tutte e due le braccia per spostarla. C’erano anche altri oggetti, ma per lo più quel cesto era pieno di spazzatura. E in ogni caso non aveva trovato quello che cercava davvero. Non ancora.

«Devi farlo proprio adesso?» chiese Nynaeve. Si raddrizzò in tutta fretta dal piccolo gruppo di ter’angreal, strofinandosi le mani sulla gonna. «Quel bastone sa di... sofferenza» mormorò. La donna dal volto duro che teneva ferma la testa del cavallo da soma guardò il bastone battendo le palpebre, poi si spostò.

Anche Elayne lanciò un’occhiata — le impressioni che Nynaeve aveva di tanto in tanto toccando un oggetto potevano essere utili — ma non la smise di catalogare il contenuto del cesto. Di sicuro c’era già stata troppa sofferenza per desiderarne altra. Anche se non era detto che le percezioni di Nynaeve andassero prese sempre alla lettera. Forse quel bastone si era trovato in un posto in cui qualcuno aveva provato una grande sofferenza, ma non ne era necessariamente stato la causa. Il paniere era quasi vuoto; parte di ciò che il cavallo trasportava dall’altro lato avrebbe dovuto essere spostato per equilibrare il carico. «Se c’è un angreal da qualche parte, Nynaeve, vorrei trovarlo prima che Moghedien ci arrivi alle spalle.»

Nynaeve fece un grugnito amaro, ma scrutò anche lei nel cesto di vimini.

Lasciando cadere un’altra gamba di tavolo — e con quella erano tre, tutte diverse — Elayne lanciò un’occhiata alla radura. Tutti i cavalli da soma erano passati, adesso stavano arrivando quelli per il viaggio, e nello spazio tra gli alberi si accese una confusa animazione. Merilille e le altre Aes Sedai erano già montate in sella e celavano in malo modo la loro impazienza di partire, mentre Pol si dava da fare in tutta fretta con le bisacce da sella della sua signora, ma le Cercavento...

Aggraziate quando erano a piedi, aggraziate sulle loro navi, non erano abituate ai cavalli. Renaile stava cercando di salire dal lato sbagliato e la docile giumenta scelta per lei si muoveva in cerchio intorno all’uomo in livrea che teneva le briglie con una mano e con l’altra si tirava i capelli per la frustrazione, mente cercava invano di correggere la Cercavento. Due stallieri stavano provando a issare in sella Dorile, che serviva la Maestra delle Onde del clan Somarin, mentre una terza teneva ferma la testa del grigio con l’espressione tesa di chi si sforza per non ridere. Rainyn era in groppa a un castrone bruno dalle zampe lunghe, ma teneva i piedi fuori dalle staffe e le redini lontane dalle mani, e in qualche modo non sembrava capace di porre rimedio alla situazione. E queste tre se la cavavano meglio delle altre. I cavalli nitrivano, scalpitavano e ruotavano gli occhi, mentre le Cercavento imprecavano con urla che si sarebbero sentite in una bufera.

Una di loro atterrò un servitore a suon di pugni, e tre stallieri erano impegnati a rincorrere dei cavalli che erano fuggiti.

Poi Elayne vide quello che si era aspettata di vedere da quando Nynaeve aveva smesso di fare la guardia agli alberi. Lan era in sella al suo cavallo da guerra, Mandarti, e divideva la sua attenzione tra la boscaglia, il passaggio e Nynaeve. Birgitte uscì dagli alberi scuotendo il capo e, un istante dopo, Cieryl arrivò trotterellando, ma con espressione tranquilla. Non c’erano pericoli o difficoltà nei paraggi.

Nynaeve stava guardando Elayne con le sopracciglia inarcate.

«Non ho detto niente» le disse lei. Le sue mani si chiusero su un piccolo oggetto, avvolto in un panno marcio che forse un tempo era bianco. O marrone. E lei seppe subito cosa c’era all’interno.

«Buon per te» ringhiò Nynaeve, a voce non abbastanza bassa. «Non sopporto le donne che ficcano il naso negli affari altrui.» Elayne gliela lasciò passare senza neanche una smorfia, e fu fiera di non doversi neppure mordere la lingua per non rispondere.

Quando staccò quel vecchio tessuto, scoprì una piccola spilla d’ambra a forma di tartaruga. Almeno sembrava d’ambra, e forse un tempo lo era davvero, ma quando Elayne si aprì alla Fonte attraverso quell’oggetto, saidar la inondò con un torrente che lei da sola non avrebbe mai potuto gestire con sicurezza. Era un angreal, non molto forte, ma di sicuro meglio di niente. Con quella spilla, poteva manovrare il doppio del Potere di Nynaeve, che a sua volta avrebbe potuto raggiungere un risultato ancora migliore. Rilasciando quel flusso aggiunto di saidar, Elayne ripose l’angreal nel borsello che portava alla cintura e tornò a rovistare nel paniere con un sorriso deliziato in volto. Dove ce n’era uno, potevano essercene altri. E ora che ne aveva uno sul quale studiare, forse avrebbe scoperto come creare un angreal. Una cosa che desiderava da tempo. Dovette sforzarsi molto per non riprendere la spilla del borsello e cominciare a sondarla da subito.

Vandene, che stava osservando Nynaeve già da un po’, spronò il suo castrone dai fianchi magri, raggiunse lei ed Elayne e smontò di sella. Lo stalliere che stava vicino al cavallo da soma le fece un inchino goffo ma di sicuro più profondo di quello che aveva rivolto a Nynaeve ed Elayne. «Stai facendo molta attenzione,» disse Vandene a quest’ultima «ed è un bene.

Ma sarebbe meglio ancora lasciar perdere quegli oggetti finché non arriveranno alla Torre.»

Elayne serrò le labbra. Alla Torre? In realtà la donna intendeva dire ‘finché non potranno essere esaminati da qualcun’altra’. Qualcuna più grande di lei, e magari più esperta. «So benissimo quello che sto facendo, Vandene. Dopo tutto, ho creato dei ter’angreal. Nessun’altra Aes Sedai vivente ci è mai riuscita.» Aveva insegnato le basi di quel procedimento ad alcune sorelle, ma nessuna di loro era capace di applicarle, o almeno questa era la situazione quando lei era partita per Ebou Dar.

La Verde, più anziana di Elayne, annuì, battendosi oziosamente le redini contro il palmo di una mano infilata nei guanti da cavallerizza. «Anche Martine Janata sapeva il fatto suo, o così mi hanno raccontato» disse con disinvoltura. «È stata l’ultima sorella a occuparsi costantemente dello studio dei ter’angreal. Andò avanti per quarant’anni, cominciando subito dopo aver ottenuto lo scialle. E anche lei era molto cauta, così mi è stato detto.

Poi, un giorno, la sua cameriera la trovò priva di sensi sul pavimento del salotto. Non era più capace di incanalare, si era bruciata.» Anche pronunciate in tono così casuale, quelle parole erano un duro colpo. La voce di Vandene non vacillò, tuttavia. «Il suo Custode era morto per il contraccolpo. Succede spesso, in situazioni del genere. Quando Martine rinvenne, tre giorni dopo, non ricordava più a cosa stava lavorando. Aveva completamente dimenticato tutta la settimana precedente. È successo più di venticinque anni fa, e da allora nessuna ha più avuto il coraggio di toccare i ter’angreal che erano nelle sue stanze. Nei suoi appunti erano descritti uno per uno, e tutto quello che lei aveva scoperto era innocente e innocuo, persino frivolo, ma...» Vandene si strinse nelle spalle. «Alla fine deve aver trovato qualcosa che non si aspettava di trovare.»