Elayne lanciò un’occhiata a Birgitte, e scoprì che la stava a sua volta guardando. Non ebbe bisogno di vedere la preoccupazione dipinta sul volto dell’altra donna, perché era riflessa nella sua mente, e non solo in quella piccola parte che era Birgitte. Lei e la sua Custode avvertivano una l’agitazione dell’altra, tanto che a volte era difficile distinguere i diversi sentimenti. Elayne non stava rischiando solo la propria vita. Ma davvero sapeva cosa stava facendo. Quanto meno, lo sapeva meglio di chiunque altro in quella radura. E anche se non fosse arrivato nessuno dei Reietti, loro avevano comunque bisogno di tutti gli angreal che sarebbe riuscita a trovare.
«Che è successo a Martine?» chiese a bassa voce Nynaeve. «Dopo quell’incidente, intendo.» Quando sentiva di qualcuno che si era in qualche modo fatto male, le scattava subito il desiderio di Guarirlo; voleva Guarire qualsiasi infortunio, qualsiasi malattia.
Vandene fece una smorfia. Certo, era stata lei a cominciare a parlare di Martine, ma alle Aes Sedai non piaceva discutere di donne che erano state quietate o che si erano bruciate da sole la capacità di incanalare. «È sparita, non appena si è ripresa abbastanza da poter lasciare la Torre di soppiatto» rispose rapidamente. «Ma è importante ricordare che anche lei aveva cercato di essere accorta. Non l’ho mai conosciuta, ma ho sentito dire che trattava ogni ter’angreal come se fosse la prima volta che lo vedeva, anche quello che serve per fabbricare il tessuto dei mantelli dei Custodi, e nessuno è mai riuscito a fare qualcosa di diverso con questo ter’angreal. Martine era cauta, ma non le è servito a niente.»
Nynaeve poggiò un braccio sul paniere quasi vuoto. «Forse dovresti davvero...» cominciò.
«Nooo!» strillò Merilille.
Elayne ruotò su sé stessa, aprendosi d’istinto all’angreal, consapevole solo vagamente di saidar che fluiva anche in Nynaeve e Vandene. Il bagliore del potere circondò tutte le donne nella radura capaci di abbracciare la Fonte. Merilille si stava ancora agitando in sella al suo cavallo, gli occhi in fuori e una mano protesa verso il passaggio. Elayne si accigliò. Lì c’erano solo Aviendha e gli ultimi quattro Custodi che, sorpresi da quell’urlo, cominciarono a guardarsi intorno a spade snudate, in cerca di una possibile minaccia. Poi Elayne vide cosa stava facendo la giovane aiel, e per lo stupore quasi perse il contatto con saidar.
Il passaggio tremolò quando Aviendha disfece con cautela la tessitura che l’aveva creato. Tremolò e si flette, con i bordi che ondeggiavano.
Sciolti gli ultimi flussi, l’apertura non sparì all’improvviso, ma si fece indistinta, e la vista del cortile dall’altro lato sbiadì fino a svaporare come nebbia al sole.
«Ma è impossibile!» esclamò incredula Renaile. Un attonito mormorio le portò il consenso delle Cercavento. Le donne della Famiglia guardavano Aviendha a occhi sgranati, muovevano la bocca senza emettere suono.
Elayne annuì lentamente, quasi senza rendersene conto. Era chiaramente impossibile, ma una delle prime lezioni apprese da novizia diceva che mai, in nessuna circostanza, bisognava tentare ciò che Aviendha aveva appena fatto. Le era stato insegnato che disfare una tessitura di qualsiasi tipo invece che lasciarla sciogliersi da sé non era possibile, non senza andare incontro a inevitabili disastri. Inevitabili.
«Idiota!» scattò Vandene, il volto torvo come nuvole di temporale. Avanzò impettita verso Aviendha, tirandosi dietro il suo castrone. «Ti rendi conto del rischio che hai corso? Un errore — uno solo — e chissà in cosa si sarebbe trasformata quella tessitura! Chissà che effetti avrebbe causato!
Avresti potuto distruggere ogni cosa nell’arco di cento passi! Di cinquecento passi! Ogni cosa! Avresti potuto bruciare la tua capacità di incanalare e...»
«Era necessario» la interruppe Aviendha. Le Aes Sedai che, sedute in sella, si erano disposte intorno a lei e a Vandene cominciarono a mormorare, ma la Aiel alzò la voce per farsi sentire da tutte. «Conosco i pericoli che ho affrontato, Vandene Namelle, ma era necessario. È un’altra delle cose che voi Aes Sedai non potete fare? Le Sapienti dicono che qualsiasi donna può impararlo, se le viene insegnato, qualsiasi donna che sia capace di disfare un ricamo.» Il suo sorriso non era di derisione. Forse.
«Questo non è un ricamo, ragazza!» La voce di Merilille era ghiaccio d’inverno. «Quale che sia il cosiddetto addestramento che ricevete tra la tua gente, di sicuro non vi rendete neanche conto con cosa state giocando!
Adesso mi prometterai — me lo giurerai! — di non fare mai più una cosa del genere.»
«Il suo nome dovrebbe essere nel registro delle novizie» disse con fermezza Sareitha, lo sguardo torvo e la Scodella ancora stretta al petto. «L’ho sempre detto. Dovrebbe essere nel registro.» Careane annuì, e i suoi occhi severi parvero prendere le misure di Aviendha per un abito da novizia.
«Forse per il momento non è necessario,» disse Adeleas ad Aviendha, sporgendosi in avanti dalla sella «ma devi lasciarti guidare da noi.» Il tono della sorella Marrone era molto più pacato di quello delle altre, ma in ogni caso la sua non era una proposta.
Un mese addietro, Aviendha avrebbe cominciato a sentirsi a disagio per la disapprovazione delle Aes Sedai, ma adesso la situazione era cambiata.
In tutta fretta, Elayne si fece spazio tra i cavalli prima che la sua amica decidesse di estrarre il pugnale che stava accarezzando. O di fare qualcosa di ancor più sconsiderato. «Forse dovremmo chiederle perché ha creduto che fosse necessario disfare la tessitura» disse, passando un braccio intorno alle spalle di Aviendha, tanto per darle sostegno quanto per costringerla a tenere le braccia lungo i fianchi.
Aviendha parve quasi includere anche lei nello sguardo esasperato che rivolse alle altre sorelle. «Quello che ho fatto non lascia residui» disse con pazienza. Con troppa pazienza. «E i residui di una tessitura così grande sarebbero stati visibili per almeno un paio di giorni.»
Merilille sbuffò, un suono sorprendentemente forte per un corpo così esile. «Il tuo è un raro Talento, ragazza. Nemmeno Teslyn o Joline ce l’hanno. O si tratta di una cosa che imparate tutte voi selvatiche aiel?»
«Poche sono in grado di disfare una tessitura» ammise con calma Aviendha. «E io sono tra queste.» Adesso tutte, compresa Elayne, la guardavano con espressioni molto diverse: quello era davvero un Talento assai raro. E lei non pareva rendersene conto. «Mi state dicendo che nessuna Anima dell’Ombra ne è capace?» proseguì. Le spalle che Elayne aveva cinto con un braccio erano tese: la Aiel non era così fredda e serena come dava a vedere. «Siete davvero così stupide da lasciare delle tracce che il nemico può usare per seguirvi? Chiunque riuscisse a vedere i residui della tessitura di un passaggio potrebbe crearne uno nello stesso, identico posto.»
La cosa avrebbe richiesto una grande abilità, molto grande, ma l’ipotesi fu sufficiente a far sgranare gli occhi di Merilille. Adeleas aprì la bocca, ma la richiuse senza parlare, e Vandene si accigliò, pensosa. Sareitha sembrava semplicemente preoccupata. Chi poteva sapere quali Talenti avessero i Reietti, quali capacità?
Stranamente, in Aviendha parve spegnersi ogni combattività. Chinò il capo, le si afflosciarono le spalle. «Forse non avrei dovuto correre il rischio» mormorò. «Ma con quell’uomo che mi guardava, non riuscivo a pensare con chiarezza, e quando è sparito...» Le tornò un po’ di animosità, ma fu ben poca cosa. «Non credo che un uomo possa vedere le mie tessiture,» disse a Elayne «ma se quello era un’Anima dell’Ombra, o magari uno di questi gholam... Le Anime dell’Ombra ne sanno più di tutti noi. Se ho sbagliato, allora ho un grande toh. Ma non penso di aver commesso un errore. Non penso.»
«Quale uomo?» chiese Nynaeve. Si era fatta strada tra i cavalli e il cappello le era finito di sghimbescio; questo, insieme al torvo cipiglio col quale guardava tutti intorno a sé, la faceva sembrare pronta per una rissa. E forse lo era. Il castrone di Careane la urtò con un fianco e lei diede al cavallo uno schiaffo sul muso.