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Tre anni prima, subito dopo la laurea in teologia, Thrower aveva cominciato a capire quali danni il Lord Protettore stesse in realtà arrecando. Lo ricordava come il momento di svolta della sua esistenza; non risaliva a quel periodo anche la prima visita del Messo? Era successo nella sua celletta nel rettorato della chiesa di San Giacomo a Belfast, dove era viceparroco, il suo primo incarico dopo l’ordinazione. Stava studiando un planisfero, quando lo sguardo gli era caduto casualmente sull’America, laddove la Pennsylvania, i cui confini orientali con le colonie olandesi e svedesi erano chiaramente delineati, si estendeva verso occidente finché ogni linea di confine svaniva negli oscuri territori oltre il Mizzipy. In quel momento la carta geografica aveva come preso vita davanti ai suoi occhi, e Thrower aveva visto una fiumana di gente giungere nel Nuovo Mondo. Integerrimi puritani, gente di chiesa e solidi uomini d’affari andavano tutti nella Nuova Inghilterra; papisti, realisti e avventurieri nelle regioni inquiete e schiaviste di Virginia, Carolina e Jacobia, le cosiddette Colonie della Corona. In ambedue i casi si trattava del genere di persona che, una volta trovato il posto adatto, vi resta per sempre.

Ma quelli che andavano in Pennsylvania erano di ben altro stampo: tedeschi, olandesi, svedesi e ugonotti in fuga dai loro paesi d’origine, che avevano trasformato la colonia di Pennsylvania in una sentina piena della più fetente feccia umana del continente. E a peggiorare le cose, non volevano saperne di star calmi. Quegli stupidi zoticoni sbarcavano a Filadelfia, scoprivano che le regioni già colonizzate (Thrower non le avrebbe definite ‘civilizzate’) erano troppo affollate per i loro gusti, e immediatamente si dirigevano a ovest, nei territori dei Rossi, dove disboscavano un pezzo di foresta e si mettevano a coltivare la terra. Questo senza curarsi minimamente del fatto che il Lord Protettore aveva loro espressamente proibito di stabilirvisi. Che rispetto potevano avere per la legge quei pagani? La terra, ecco che cosa volevano, come se il semplice possesso di un pugno di polvere potesse trasformare lo zotico in un signore.

Poi la visione di Thrower da fosca si fece tenebrosa. Col nuovo secolo vide la guerra giungere in America. Vide il re di Francia inviare in Canada quel pestilenziale colonnello corso, quel Bonaparte, e dalla città fortificata francese di Detroit i suoi tirapiedi incitare i Rossi alla ribellione. I Rossi avrebbero assalito i coloni, annientandoli; per quanto marmaglia, in maggioranza si trattava pur sempre di marmaglia inglese, e di fronte alle efferatezze dei Rossi Thrower si sentì invadere dall’orrore.

Eppure, anche se gli inglesi avessero vinto, il risultato finale sarebbe stato lo stesso. L’America a ovest degli Appalachi non sarebbe mai diventata terra cristiana. O se la sarebbero presi quei maledetti papisti dei francesi e degli spagnoli, o se la sarebbero tenuta quei non meno maledetti infedeli dei Rossi, oppure vi avrebbe attecchito e prosperato la più depravata genìa britannica, pronta a prendersi beffe di Cristo come del Lord Protettore. Un altro continente sarebbe stato perduto alla parola del Signore. Era una visione così spaventosa che Thrower si lasciò sfuggire un grido, convinto che nessuno l’avrebbe udito oltre gli angusti confini della cella.

Ma qualcuno lo aveva udito. «Ecco una missione a cui un uomo di Dio può dedicare una vita» disse una voce alle sue spalle. Thrower si voltò di scatto, stupito; ma la voce era calda e affabile, il volto autorevole e benevolo, e lo spavento di Thrower non durò più di un istante, nonostante porta e finestre fossero sbarrate, e quella che era entrata nella cella non potesse essere una creatura in carne e ossa.

Certo che l’uomo fosse parte della visione di cui era appena stato spettatore, Thrower gli si rivolse con reverenza. «Chiunque voi siate, signore, ho appena visto il futuro del Nordamerica, e mi è sembrato di scorgervi la vittoria del demonio».

«Il demonio coglie le sue vittorie» ribatté l’altro, «ogni volta che gli uomini di Dio si scoraggiano abbandonandogli il campo».

Poi l’uomo scomparve.

In quell’istante Thrower aveva capito quale sarebbe stata la missione della sua vita. Recarsi nelle selvagge terre americane, edificare una chiesa, e battersi col demonio nella sua stessa terra. Per raccogliere i fondi necessari gli ci erano voluti tre anni e il permesso dei suoi superiori della Chiesa Scozzese, ma adesso era lì, le travi e i montanti della sua chiesa s’innalzavano verso il cielo, e quel legno bianco e spoglio era come un luminoso rimprovero all’oscura foresta della barbarie nella quale la scure lo aveva abbattuto.

Naturalmente il diavolo non poteva non accorgersi che era in corso un’opera di tale magnificenza. Ed era evidente che il miglior discepolo di Satana nella cittadina di Vigor era proprio Alvin Miller. Anche se tutti i suoi figli erano presenti e davano il loro contributo alla costruzione della chiesa, Thrower sapeva che era stata Faith a mandarveli. Quella donna aveva perfino ammesso che, pur essendo nata nel Massachusetts, in cuor suo si sentiva vicina al rito scozzese; la sua adesione avrebbe significato che Thrower poteva riporre fondate speranze in una congregazione numerosa… ammesso che si potesse impedire ad Alvin Miller di mandare tutto a monte.

E certamente quelle erano le sue intenzioni. Un conto sarebbe stato se Alvin fosse stato offeso da qualcosa che Thrower aveva fatto o detto involontariamente. Ma se pomo della discordia era fin dall’inizio la credenza nella stregoneria… be’, era un conflitto dal quale non c’era modo di evadere. La divisione delle forze in campo era ormai evidente. Thrower combatteva dalla parte della scienza e del cristianesimo; dall’altra, erano schierate le potenze delle tenebre e della superstizione in stretta alleanza con la natura bestiale, carnale dell’uomo, e Alvin Miller era il loro campione. Sono solo all’inizio del mio torneo per il Signore, pensò Thrower. Se non riesco a sconfiggere il primo avversario, non giungerò mai alla vittoria.

«Reverendo Thrower!» urlò David, il maggiore dei figli di Alvin. «Siamo pronti a tirar su la trave di colmo!»

Thrower partì verso di loro al piccolo trotto, poi si ricordò della propria dignità e il resto della distanza lo percorse a passo lento e misurato. Nei Vangeli niente poteva far pensare che il Signore si fosse mai messo a correre… solo camminare, come si addiceva alla sua posizione. Sì, certo, san Paolo aveva detto qualcosa a proposito di una corsa, ma era soltanto un’allegoria. Un ministro del culto doveva essere come l’ombra di Gesù Cristo, seguendo da vicino i Suoi passi e rappresentandone l’immagine agli occhi dei fedeli. Per loro, vedere la sua persona era quanto di più vicino potesse esistere alla contemplazione della maestà divina. Era dunque dovere del reverendo Thrower reprimere la vitalità della sua giovinezza e procedere col passo lento di un vecchio anche se aveva solo ventiquattro anni.

«Volevate benedire la trave, no?» chiese uno dei contadini. Era Ole, uno svedese originario della valle del Delaware, e quindi luterano fino al midollo; nonostante questo, aveva voluto dare anche lui una mano a costruire una chiesa presbiteriana qui nella valle del Wobbish, visto che altrimenti la chiesa più vicina sarebbe stata la cattedrale papista di Detroit.

«Certo» disse Thrower. Posò la mano sulla pesante trave segnata dai colpi d’ascia.

«Reverendo Thrower!» Era una voce di bambino alle sue spalle, forte e acuta come può essere solo una voce infantile. «Benedire un pezzo di legno non è una specie d’incantesimo?»

Thrower si voltò e vide che Faith Miller gli aveva già chiuso la bocca con la mano. Alvin Junior aveva solo sei anni, ma evidentemente si stava già avviando a diventare un piantagrane come suo padre. Forse ancora peggio… Alvin Senior aveva per lo meno avuto la buona grazia di starsene lontano dal luogo dove veniva edificata la chiesa.