No, quel contadino e i suoi ragazzoni sarebbero rimasti alla locanda una notte in più. La piccola Peggy non era forse figlia di un locandiere? I piccoli pellerossa imparavano a cacciare, i piccoli negri imparavano a portare pesi, i figli dei contadini imparavano a prevedere il tempo, e la figlia di un locandiere imparava a capire chi sarebbe rimasto per la notte, prima ancora che la persona in questione se ne rendesse conto.
I cavalli fremevano nel recinto, sbuffando e avvertendosi a vicenda del temporale in arrivo. In ogni gruppo di cavalli, rifletté la piccola Peggy, dev’essercene uno particolarmente stupido, al quale gli altri debbono continuamente spiegare che cosa sta succedendo. Un temporale coi fiocchi, si dicevano. Ci bagneremo fino alle ossa, se il fulmine non c’incenerisce prima. E il cavallo stupido continuava a nitrire dicendo: che cos’è questo rumore, che cos’è questo rumore?
Poi il cielo di colpo si squarciò, cominciando a rovesciare acqua sulla superficie della terra con tale violenza da strappare le foglie dagli alberi. La pioggia cadeva così fitta che per qualche momento la piccola Peggy non riuscì nemmeno più a vedere la fucina, e pensò che forse, era stata trascinata via dal torrente. Il nonno le aveva spiegato che quel torrente andava a finire nel fiume Hatrack, l’Hatrack si riversava nell’Hio, e l’Hio si scaraventava attraverso i boschi fino al Mizzipy, che a sua volta scendeva fino al mare; e il nonno aggiungeva che il mare beveva tanta di quell’acqua da farsi venire l’indigestione, e poi faceva i più immensi rutti che si potessero immaginare, e da quei rutti venivano fuori le nuvole. Rutti dal mare, e adesso la fucina avrebbe navigato fin laggiù, sarebbe stata inghiottita e poi ributtata fuori con un rutto, e un bel giorno lei se ne sarebbe andata a passeggio pensando ai fatti propri e qualche nuvola si sarebbe aperta e, plop!, la fucina sarebbe caduta giù tutt’intera con il vecchio Makepeace Smith intento a martellare sulla sua incudine come se nulla fosse accaduto.
Poi la pioggia diminuì appena, e quando la piccola Peggy tornò a rivolgere lo sguardo verso il basso la fucina era di nuovo al suo posto. Ma non fu questo ciò che vide. No, ciò che vide erano le faville che brillavano laggiù nella foresta, sull’Hatrack, là dove si trovava il guado, solo che oggi con quella pioggia nessuno avrebbe potuto attraversarlo. Faville, tante faville, e la piccola Peggy sapeva che ciascuna era una persona. Ormai non doveva nemmeno più pensarci, le veniva fatto, le bastava vederne la fiamma vitale per avvicinarsi e guardare dentro. Forse il futuro, forse il passato, in quella fiamma coesistevano tutte le visioni.
L’immagine che scorse in quel momento era la stessa in ogni cuore. Un carro in mezzo all’Hatrack con l’acqua che saliva, e su quel carro c’era tutto ciò che essi possedevano al mondo.
La piccola Peggy non era una gran chiacchierona, ma tutti sapevano ch’era una fiaccola, e di conseguenza quando annunciava guai le davano subito ascolto. Specialmente quel genere di guai. Da quelle parti i primi insediamenti risalivano a parecchi anni addietro, molto prima che nascesse la piccola Peggy, ma nessuno di coloro che vi abitavano aveva ancora dimenticato che un carro trascinato via da una piena, a chiunque appartenesse, rappresentava una perdita per tutti.
La piccola Peggy quasi volò per la discesa erbosa, saltando le buche degli scoiattoli terricoli e lasciandosi scivolare giù per i tratti più ripidi, così che non erano passati più di venti secondi dal momento in cui aveva visto quelle lontane fiamme vitali, quando la piccola Peggy parlò con voce chiara e forte nel bel mezzo della bottega del fabbro. Sulle prime il contadino di West Fork avrebbe voluto farle aspettare che lui avesse finito di raccontare di certi temporali in mezzo ai quali gli era capitato di trovarsi, a sentir lui ben peggiori di quello. Ma Makepeace, che conosceva bene la piccola Peggy, le prestò immediatamente ascolto, e poi ordinò ai ragazzi di sellare quei cavalli, ferri o non ferri, c’era gente in mezzo al guado dell’Hatrack e non era il momento di perdersi in sciocchezze. La piccola Peggy non ebbe neanche il tempo di vederli partire: Makepeace l’aveva già spedita alla casa grande a chiamare suo padre, la servitù, gli uomini di fatica, tutti insomma. C’era forse uno solo di loro che una volta nella vita non avesse caricato su un carro tutto ciò che possedeva e non si fosse avventurato per quelle piste di montagna fino ad arrivare alla foresta? C’era forse uno solo di loro che non avesse sentito il carro tremare sotto l’impeto dell’acqua di un fiume che cercava di portarglielo via? Nessuno di loro perse un istante. Ecco come andavano le cose a quei tempi. Quando qualcuno si trovava nei guai, tutti si comportavano esattamente come se in quei guai ci fossero stati loro.
IV
IL FIUME HATRACK
Vigor e gli altri ragazzi si misero dietro il carro a spingere, mentre Eleanor a cassetta incitava i cavalli. Alvin Miller, intanto, era impegnato nel tentativo di portare le bambine una alla volta al sicuro sull’altra sponda. La corrente era un diavolo che lo artigliava mormorando: mi prenderò le tue bambine, me le prenderò tutte, ma Alvin disse di no con ogni muscolo del suo corpo mentre avanzava faticosamente verso la riva, disse di no a quel mormorio, finché le bambine non furono sulla sponda, inzuppate da capo a piedi, con la pioggia che rigava loro il viso come le lacrime di tutto il dolore del mondo.
Avrebbe portato sulla riva anche Faith, col pancione e tutto, ma lei non volle sentir ragioni. Seduta dentro il carro, si aggrappava ai bauli e ai mobili mentre il fragile veicolo tremava e beccheggiava. Un fulmine cadde con un fragore assordante, spezzando alcuni rami; uno di questi cadendo strappò il telone del carro, e l’acqua cominciò a riversarsi all’interno, ma Faith, con le nocche sbiancate e gli occhi sbarrati, non volle saperne di mollare la presa. Da quel suo sguardo Alvin capì che non avrebbe potuto convincerla in nessun modo a lasciar perdere. C’era un solo modo per far uscire Faith e il nascituro da quel fiume, e cioè tirare il carro fuori di lì.
«I cavalli non riescono a trovare un punto d’appoggio, papà» urlò Vigor. «Non fanno che inciampare, e prima o poi uno di loro si romperà una gamba».
«Be’, non possiamo venirne fuori senza i cavalli!»
«I cavalli sono pur sempre qualcosa, papà. Se continuiamo a tenerli attaccati, perdiamo loro e il carro!»
«Tua madre non vuole scendere».
Negli occhi di Vigor, Alvin Miller scorse un lampo di comprensione. Non valeva la pena di rischiare la vita per le cose che il carro trasportava. Ma per la mamma, sì.
«Però dalla riva i cavalli potrebbero fare forza» disse Vigor. «Qui in acqua non servono a niente».
«Di’ ai ragazzi che li stacchino. Ma prima lega una corda a un albero per trattenere il carro!»
Nel giro di due minuti i gemelli Wastenot e Wantnot (Nonspreco e Nonvoglio) erano sulla sponda e assicuravano la fune a un grosso albero. David e Measure legavano un’altra corda all’attacco dei cavalli, mentre Calm tagliava i finimenti che li univano al carro. Bravi ragazzi, che facevano esattamente quel che veniva loro richiesto. Adesso era Vigor che urlava gli ordini, mentre Alvin poteva solo guardale, impotente, dal retro del carro, volgendo lo sguardo ora verso Faith che cercava di non partorire, ora verso il fiume Hatrack che cercava di spedirli tutti quanti all’inferno.